di
Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti e Giuseppe Dromedari
Con i moderni
mezzi di spostamento, auto, treni, aerei, ci appare del tutto logico e normale
pensare di raggiungere, in brevissimo tempo, luoghi distanti anche diverse
centinaia di chilometri per soddisfare le nostre esigenze più svariate. Se,
però, ci riferiamo ad epoche molto più remote, automaticamente ci viene
naturale pensare che gli spostamenti fossero pochi e limitati ad alcune
categorie di persone. In realtà non è così e quella di muoversi, di fare viaggi,
anche molto lunghi, è una caratteristica da sempre associata al genere umano e
il racconto di alcune vicende legate alla nascita della Fiera di Santa Croce a
Cagli nel 1280, in piena età comunale, lo dimostra in modo inequivocabile.
Il primo atto
noto che ci parla di questa fiera è un “bannimentum”,
ovvero un bando, un avviso pubblico, del 27 agosto 1280, che fu proclamato di
fronte al palazzo comunale di Gubbio e che recita[1]: “Venutolos M(er)cati, ba(n)nitor pu(bli)cus
comunis Eug(ubii), in platea an(te) palatiu(m) dicti comunis Eugubii, ad
alta voce, dopo aver suonato la tuba,
ba(n)nuit et dixit che qualunque cittadino eugubino volesse recarsi ad nu(n)dinas della città di Cagli, che
iniziano a metà settembre perdurando fino alla fine del mese, vada in tutta
sicurezza e dimori nella città, nelle cose e nella persona, per 15 giorni prima
dell’inizio della fiera e 15 giorni dopo il suo termine, ad eccezione dei falsarii et predones et homines di male
fame, ai quali la suddetta autorizzazione viene negata”.
Questo “bannimentum”, conservato fra gli atti
del Comune di Cagli insieme con molti altri, non è che la conferma, la
“ricevuta” del Comune di Gubbio che, come richiesto, la fiera e le esenzioni ad
essa associate, erano state annunciate a tutti coloro che ne fossero
interessati.
Non ci meraviglia
che questa prima fiera di Cagli venisse annunciata, pubblicizzata come diremmo
oggi, nel vicino comune di Gubbio, ma se continuiamo a scorrere i documenti
conservati nell’archivio storico comunale, scopriamo che la fiera è stata
annunciata in ben 24 città! Vediamo l’elenco di queste città: Gubbio, Pesaro,
Fano, Sansepolcro, Mercatello, Perugia, Assisi, Senigallia, Ancona, Spello,
Foligno, Osimo, Recanati, Atri (Te), Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Camerino,
Cingoli, Matelica, Jesi, San Severino Marche, Rocca Contrada (Arcevia),
Sassoferrato, Fabriano.
Mappa delle città nelle quali fu indetta la fiera del 1280 a Cagli |
Il processo di “annuncio” era abbastanza simile in tutte le città, infatti il banditore (chiamato anche precones) dopo aver suonato la tuba, un “trombetto”, un corno o strumenti simili per richiamare l’attenzione dei presenti, leggeva ad alta voce (“con voce preconia”) il contenuto del bando. Tale “rito” in genere avveniva nello spazio antistante il palazzo comunale, dalle finestre o da un balcone dello stesso palazzo, ma l’annuncio veniva poi ripetuto più volte, nella piazza principale della città o in altri punti strategici, per avere la certezza che il contenuto del bando avesse la maggiore pubblicità possibile. I banditori dovevano essere innazitutto capaci di suonare il proprio strumento, tipicamente la “tuba longa”, una tromba lunga circa un metro e mezzo che i cristiani avevano adottato dal vicino oriente più o meno al tempo delle Crociate, e poi dovevano saper leggere, perché dovevano annunciare esattamente quello che era scritto nel bando, conservato poi negli archivi del comune. La voce preconia dei banditori e il suono delle tube erano un “rumore” di sottofondo tipico delle città medievali e queste figure godevano di ampia considerazione e prestigio sociale, tanto che il loro stipendio risultava in molti casi essere inferiore soltanto a quello del Podestà[2].
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Banditore medievale con la "tuba longa" |
Se consideriamo che all’epoca ci si muoveva principalmente a piedi, trasportando le mercanzie a dorso di mulo o con piccoli carri, partire da città distanti anche oltre 80 Km (Ancona, Spello, Foligno, Osimo, Recanati), o addirittura 200 km come Atri, in provincia di Teramo, per partecipare alla fiera di Cagli non era cosa di poco conto! Se osserviamo l’immagine con il diagramma delle città nelle quali la fiera era stata bandita, ci rendiamo conto di quanto sbagliata sia la nostra idea della mobilità esistente nel Medioevo, caratterizzato da una fitta rete di relazioni tra le città. I mercanti, e non solo loro, erano persone intraprendenti, che si aggregavano in carovane per meglio difendersi dalle molte insidie del viaggio e che affrontavano lunghi viaggi per sfruttare al meglio le opportunità per compiere affari vantaggiosi. Di certo non sarà sfuggito al lettore attento, che nell’elenco sopra riportato non figurano città molto vicine a Cagli, quali ad esempio Fossombrone, Urbino e Città di Castello. Per quale motivo le autorità comunali di Cagli decisero di pubblicizzare la fiera di nuova istituzione per esempio ad Osimo e non a Fossombrone o a Urbino?
Per capire meglio
i retroscena di queste scelte, volute o subite, dobbiamo fare un passo indietro
per analizzare le circostanze che portarono all’indizione della fiera.
In quegli anni,
come racconta in modo piuttosto dettagliato l’annalista cagliese del ‘600
Francesco Gucci[3]
il comune di Cagli stava attraversando un periodo piuttosto complicato su più
fronti: interno, esterno e finanziario. Sul fronte interno il comune era ancora
impegnato a vincere le residue resistenze di alcuni signori locali che
contrastavano la giurisdizione comunale sui territori di loro pertinenza, primo
fra tutti l’Abbate dell’Abbazia di San Pietro di Massa. E’ del 1278, infatti,
l’assalto delle milizie comunali al castello di Rocca Bianca nei pressi di
Pieia e poi anche all’abbazia, con conseguente condanna del comune da parte del
Rettore della Marca ad un oneroso risarcimento dei monaci di Massa. Sul fronte
esterno Cagli era impegnata in un’aspra contesa con il comune di Città di
Castello, che solo nel 1279 trovò una composizione siglata presso la Pieve di
Apecchio. Sul piano finanziario, infine, oltre al risarcimento per i monaci di
Massa, il Comune in quegli anni si vide costretto a provvedere alle vettovaglie
e alle altre cose necessarie per il sostentamento dell’esercito pontificio che
si trovava nei paraggi per la guerra che stava conducendo contro Fossombrone,
città che si era ribellata alla Chiesa.
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Papa Niccolò III |
In questo contesto, di certo non facile da gestire, intervenne un ulteriore elemento di destabilizzazione, infatti morì il Papa Niccolò III e, subito, le città più ostili alla Chiesa, pensarono di approfittare della situazione di incertezza conseguente alla sede vacante, per affrancarsi dal controllo pontificio. Ecco che Pesaro, Fano, Fossombrone, Fabriano, Sassoferrato e altre città cercarono di approfittare della situazione e si ribellarono, mentre Cagli e Gubbio restarono fedeli alla Chiesa. Le città ribelli non gradirono l’atteggiamento di Cagli e di Gubbio e, per rappresaglia, proibirono il commercio dei mercanti cagliesi nelle loro città. Diremmo oggi che Cagli subì le “sanzioni” da parte delle altre città e che i suoi prodotti furono sottoposti ad “embargo”! In questa delicatissima situazione solo Gubbio restò al fianco di Cagli, condividendone la sorte e anzi, il Podestà Petruccio d’Armanno, eugubino, si adoperò molto in aiuto della città e fu molto abile nell’ottenere la sospensione delle sanzioni prima dell’elezione del nuovo Papa[4].
Cagli, però,
affiancata ed aiutata da Gubbio, ebbe la forza e il coraggio di reagire a tale
situazione indicendo la Fiera di Santa Croce e chiedendo a tutte le città sopra
elencate di annunciarla nei modi in uso, che seguivano un rituale ben preciso
ad opera dei pubblici banditori.
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Fiera medievale |
Le fiere nel medioevo erano un evento di grande importanza e il loro successo poteva determinare la prosperità economica di una città e del suo territorio. Le fiere, come abbiamo visto, richiamavano mercanti da città anche molto distanti e quindi diventavano un evento molto attrattivo per tutti, dalle persone più ricche fino a quelle più povere, che si limitavano a guardare i prodotti esposti o ne approfittavano per chiedere un po’ di elemosina. Organizzare una fiera però non era una cosa così semplice. Innanzitutto bisognava avere l’autorità politica per bandirla, visto che in correlazione con la fiera si ponevano tutta una serie di problematiche connesse all’esenzione delle gabelle, alla sicurezza dei mercanti durante il viaggio e poi durante la fiera, garanzie che dovevano essere assolutamente assicurate.
Le fiere in
genere duravano diversi giorni e, come avviene ancora nei mercati e nelle fiere
attuali, la distribuzione dei venditori era effettuata in base ai prodotti
venduti: mercanti di generi alimentari, utensili da lavoro, stoffe e drappi in
tessuti vari, articoli in cuoio e pellami vari e pellicce, venditori di
pergamene e attrezzi per scrittura destinati principalmente a chierici, etc.
Si creava così
una specie di percorso delle meraviglie, in mezzo a effluvi di odori e miasmi
di ogni tipo, al quale tutti potevano accedere, nella maggior parte dei casi
solo per guardare, essendo riservati gli affari soltanto a coloro che potevano
beneficiare di rendite elevate o a coloro che avevano qualcosa da scambiare. In
effetti quella dello scambio era la principale modalità di pagamento
utilizzata, visto che i pagamenti avvenivano alla fine della fiera quando si
procedeva, fra i mercanti, ad una sorta di compensazione, regolando in contanti
soltanto l’eventuale differenza di valore fra le merci scambiate. Questo
procedimento, pur avendo degli effetti pratici in quanto consentiva ai mercanti
di viaggiare con meno denaro contante al seguito, comportava il mantenimento
durante la fiera di una contabilità degli scambi effettuati sempre aggiornata. Per
la parte regolata in contanti, considerato che venivano utilizzate monete di
tutti i tipi e valori, emesse dalle zecche delle autorità giurisdizionali nelle
quali i territori erano suddivisi, era richiesta un’attività molto intensa dei
cambiavalute e non tutte le zecche avevano lo stesso grado di attendibilità
circa la qualità dei metalli utilizzati e quindi erano preferiti i pagamenti
effettuati con monete coniate da quelle zecche ritenute più affidabili (Lucca e
Ravenna in primis).
Naturalmente poi
tutta la folla che ruotava intorno alla fiera aveva bisogno di essere sfamata,
dissetata e alloggiata e questo si traduceva in affari d’oro per le taverne e
per gli ambulanti che offrivano cibo e bevande in mezzo ai banchi dei mercanti.
Nei giorni della fiera, insomma, si creava un clima di festa che, oltre a
portare affari a mercanti ed artigiani, consentiva a tutti, ance alle classi
più umili, di distrarsi dalle angustie di tutti i giorni e quindi erano eventi
attesi con ansia ed apprezzatissimi da tutti.
Come accennato il
primo problema da affrontare e risolvere era quello di riuscire ad offrire
adeguata protezione a coloro che partecipavano con i loro prodotti, talvolta
anche molto pregiati, alle fiere, concedendo un salvacondotto, poi si doveva
garantire la sicurezza durante i giorni della fiera e, infine si doveva
garantire una adeguata ricettività per i mercanti e per le loro merci.
Tutto questo, in
particolare la garanzia della sicurezza del viaggio, non era per nulla
scontato, come dimostra quanto avvenne nel 1282 ad opera degli urbinati che,
servendosi di tale Guidaccio da Frontino,
organizzarono numerosi agguati a carico dei mercanti che si recavano a Cagli
per la fiera, creando grave pregiudizio alla città di Cagli. A tale proposito
riportiamo le parole del Gucci: “avvenne
che gli Urbinati si sforzassero a più potere per impedirla (la fiera di Cagli),
al quale effetto havendo destinate genti ai passai in più luoghi, queste non
solo prendevono quanti Cagliesi vi s'incontravono a passare, ma toglievono anco
a forastieri le mercantie loro e facevono altri mali di grandissimo
pregiuditio. Capo di tal gente era un certo Guidaccio da Frontino che, come
seguace et ardito, non sparagnava a fatica e pericolo alcuno per compiacere
agli Urbinati. Ma non potendo i Cagliesi soffrire una tanta ingiuria, presero
l'armi e se n'andarono dove costui soleva fare il male, né passò molto che
venne loro fatta di prenderlo con suoi compagni e di condurli prigioni a Cagli
per darli il condegno castigo”[5]. La
vicenda ebbe poi ulteriori strascichi “giudiziari” perché Guidaccio da Frontino
fu sottratto, per ordini superiori, al giudizio dei cagliesi, con grave
disappunto di questi. Infine si giunse ad uno scambio fra Guidaccio da Frontino
e i cittadini cagliesi che erano stati fatti prigionieri dagli urbinati,
mettendo così fine al grave contrasto che era sorto fra le due città.
Alla fine di
questa breve disamina siamo molto più consapevoli non solo dell’importanza che
una fiera poteva avere in epoca medievale e delle sue implicazioni economiche
ed organizzative, ma abbiamo un’immagine della mobilità del tempo che, ne siamo
certi, si discosta molto da quella comunemente conosciuta.
© Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti,
Giuseppe Dromedari - Dicembre 2022
[1] Trascriviamo
letteralmente l’atto n.368 tratto da La
Città Antica (1115-1287)-Documenti del Comune di Cagli, a cura di Ettore
Baldetti, Urbania 2006.
[2]
Giovanni Melappioni, post FB al seguente link: https://www.facebook.com/groups/613754526117904/posts/1322111585282191/?mibextid=HsNCOg
[3] Francesco
Gucci, Annali della Città di Cagli,
volume primo
[4] Carlo Arseni, Immagine
di Cagli, Cortona 1989
[5] Francesco
Gucci, op.cit., trascrizione di Ermes
Maidani
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