di Paolo Faraoni
L’area del Monte Nerone è stata sempre avara di buone terre adatte alla
coltivazione. Questo breve racconto sulle attività produttive esistenti a
Secchiano tra la fine dell’ottocento e la metà del novecento ci mostra come era
possibile “creare” un reddito anche da attività che sembrano lontane anni luce
dal mondo di oggi. Oltre
all’agricoltura molto scarsa e povera visto i terreni poco fertili, il bestiame
da fattoria, galline, pecore, capre conigli e qualche mucca, provvedeva in
parte soddisfare i bisogni delle
famiglie di Secchiano nel secolo scorso. Di questa “economia” si occupavano
prevalentemente le donne mentre i mariti intraprendevano l’attività di
cavallaro o mulattiere e si occupavano
prevalentemente del trasporto di legna e
carbone. A queste classiche attività, il territorio offriva poche altre magre
possibilità di reddito tra cui quelle che andremo a raccontare.
Mio nonno Paolo e il mio bisnonno Giuseppe
durante i primi anni del novecento gestivano alcune attività legate ai boschi e al
legname e occupavano in queste lavorazioni
tanti lavoratori del paese. Acquistavano i boschi, li facevano tagliare e
vendevano poi o le fascine o il carbone. I boschi non crescevano imponenti come
oggi, ed era molto raro trovarne vecchi oltre i venti anni. Ogni sette otto
anni si procedeva al taglio, per utilizzare i piccoli fusti come carbonella e
come fascine utilizzate nelle fornaci nella produzione della calce, molto
richiesta allora perché da sempre sostituta del moderno cemento.
Anche le donne
venivano impiegate in questi lavori pesanti, magari perché rimaste
vedove o senza altri redditi. Avere la possibilità di “legare” le fascine era
già una fonte di reddito in una società priva di qualsiasi forma di aiuto da
parte dello stato. La vecchiaia, quando raramente arrivava, era un problema per
chi non aveva una famiglia alle spalle, ma da racconti sentiti, un piatto di
minestra o di polenta non veniva mai rifiutato a nessuno. Esisteva una rete di
solidarietà paesana, che è durata fino a pochi decenni fa, quando ancora era
usanza di assistere ai malati ricoverati in ospedale, con turni assolti da
tutte le donne del paese. Insomma non si era mai da soli, e si facevano “le
notti” di assistenza all’ospedale con
grande solidarietà e quando uno tornava dall’ospedale era usanza portare a casa
alimenti nutrienti quali, bottiglie di marsala o altri alimenti energetici quali
lo zucchero, in grado di fare “superare” senza inconvenienti il periodo di
convalescenza al malato.
La
produzione della calce
La calce era un materiale molto richiesto, e al Mulino di Secchiano c’era una fornace utilizzata a questo scopo. Il materiale principale veniva estratto dalla Montarella dei Torri dove si vede ancora parte della cava, e trasportato fino al mulino con una apposita funivia di cui sono rimasti dei tralicci in ferro lungo il percorso. Il processo produttivo della calce iniziava con l’estrazione del materiale che veniva poi inviato tramite teleferica al Mulino dove erano presenti due fornaci con capacità di circa 10 tonnellate ciascuna. Riempite le due fornaci a forma di cilindro, veniva acceso un grande fuoco alla base, alimentato per diversi giorni da fascine, ed era necessaria la massima attenzione a non fare diminuire la temperatura di questi due grandi forni che periodicamente dovevano poi essere sgomberati da carboni e cenere, e che quindi necessitavano di personale esperto e preparato. A temperature di almeno 800 gradi la pietra calcarea si trasforma, dando luogo alla cosiddetta calce. Il prodotto così ottenuto veniva raffreddato e macinato dando luogo alla calce che veniva usata in edilizia per preparare malte, miscelata con sabbia ed acqua, oppure molto diluita veniva utilizzata come pittura. Questa fiorente e redditizia attività, diventò poi obsoleta con l’avvento del più strutturato cemento e con la nascita dei cementifici a Gubbio.
Nella foto possiamo vedere il percorso del materiale
che estratto sui Torri e precisamente alla base della Montarella veniva
caricato su dei vagoncini e trasportato al Mulino con l’ausilio di una
teleferica. Quaggiù c’era un edificio
adibito a fornace dove subiva i vari processi chimici per diventare calce.

Le pietre
da macina e da costruzione
Lungo la vallata del Fiume Bosso, si possono ancora vedere, sui fianchi del Monte Petrano e Nerone numerose cave, situate lungo gli affioramenti di Corniola. Questa è una pietra calcarea di origine sedimentaria, molto dura utilizzata oltre che per opere di costruzione anche per la realizzazione di macine per mulini. Infatti alcuni filari di questa pietra, avevano alla sommità un strato di almeno quindici centimetri di selce, molto dura e resistente e adatta alla costruzione di macine da mulino.
Con un lavoro molto duro e pericoloso, e con l’aiuto
di muli e di tregge il materiale veniva trasportato, alla strada principale e
da lì a Cantiano dove già da inizio secolo esisteva la ditta Baldeschi e
Sandreani specializzata in produzione di macine e di progettazione di mulini.
Il mulino Virgili
Il
mulino Virgili è il più recente costruito nella vallata. Dal libro di Virgili
Giuseppe ”La
strada per Pietralunga” si possono
estrapolare notizie importanti riguardo al mulino. Giuseppe ci racconta che
venne costruito dal suo bisnonno Pietro, subito dopo l’unità d’Italia, (1861)
avvalendosi di artigiani toscani.
Al
bisnonno Pietro subentrò il figlio Biagio padre di una numerosa famiglia che
con i maschi Platone, e Desiderio continuò l’attività del mulino, mentre Petronio si laureò in giurisprudenza a
Ferrara nel 1912 ed esercitò la professione di avvocato.

Famiglia
di Biagio Virgili foto dei prima anni del 900. A sinistra con il cappello il
fratello Pasquale; Biagio è seduto
vicino alla moglie Giuseppa Sciamanna, che tiene in braccio il maschietto più
piccolo Spartaco morto da ragazzo. A
destra del padre, Platone ancora
bambino, e dietro Petronio, che stava
studiando in seminario, mentre il ragazzo più alto è Desiderio; poi tutte le
figlie che a partire da sinistra della foto sono: Caterina, Attilia, Isotta la
maggiore, Clelia Elettra e Rachele.
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Quadro ad olio di Biagio Virgili |
Altre
notizie sul mulino Virgili, che per diversi anni ha fornito energia elettrica a
servizio delle frazioni di Cagli (20 KW) oltre a utilizzare l’elettrificazione
per la fase della macinatura, durante i
primi decenni del 900, qui sotto una richiesta di rinnovo della concessione:
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
Ufficio del Genio civile di Pesaro. Con decreto Ministeriale 26 giugno 1936-XIV
Caterina, Attilia e Clelia di derivare dal torrente « Bosso » in comune di
Cagli, la portata di mod. 5, per produrre col salto di In- 3.20 la potenza
nominale di HP 21-33 nel solo periodo da novembre a luglio di ogni anno, per
azionare un molino di sua proprietà e ciò a rinnovazione della concessione
assentita, salvi i diritti di terzi, alla ditta Virgili, n. 4218, è concesso
Desiderio, Platone, Petronio, Isotta, Rachele, alla ditta sua dante causa
Virgili Biagio e Pasquale e Sciamanno Giuseppe con decreto Prefettizio 22 marzo
Igo5 n. 1318, scaduta il 31 dicembre 1934· La concessione è accordata per anni
3o successivi e continui decorrenti dal 16 gennaio 1935, data immediatamente
successiva a quella di scadenza della concessione originaria subordinatamente
all'osservanza delle condizioni contenute nel disciplinare 16 marzo 1936 e
verso il pagamento del canone annuo di L. 191,97. DISCIPLINARE (Omissis). Art.
7. -Garanzie da osservarsi. Saranno a carico della ditta concessionaria
eseguite e mantenute tutte le opere necessarie, sia per attraversamenti di
strade, canali, scoli e simili, sia per le difese della proprietà e del buon
regime del torrente Bosso in dipendenza della concessa derivazione. Pesaro, 3o
giugno 1936 - Anno XIV 592 (A pagamento). L'ingegnere capo: C. Braussi.
Questo breve racconto a dimostrazione di come erano sviluppate le sinergie tra quello che si poteva trovare sul territorio e le attività umane necessarie poi al mantenimento delle allora numerose famiglie presenti. Gli elementi principali quali, acqua, pietra, e bosco partecipavano attivamente e generosamente al ciclo vitale ed avevano un ruolo fondamentale al sostentamento famigliare.
Altri
tempi che sembrano lontanissimi, ma nulla è per sempre e nulla è sicuro come dimostra
la terribile pandemia a cui assistiamo impotenti. Conviene non perdere la
memoria di quello che è stato, potrebbe anche tornarci utile in futuro.
Paolo
Faraoni Aprile – 2021- (tratto dal libro Secchiano nel cuore).
Ringrazio
Desiderio Virgili per l’aiuto nella ricerca della documentazione storica.
E importante mantenere la memoria.Grazie per le vostre ricerche
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