Fossili messiniani (foglie e pesci) dal territorio del Monte Catria (Serra Sant'Abbondio) - Risultati preliminari-


di Paolo Faraoni e Dante Giorgetti


Il Mare Mediterraneo come era nel massimo periodo di essiccazione del Messiniano tra i  6 e i 5,3 milioni di anni fa. (da Wikipedia)


Per la prima volta vengono documentati resti di pesci e foglie fossili di età Messiniana (tra 6 e 5,3 milioni di anni) rinvenuti nel comprensorio dei monti Catria-Nerone e Petrano.
Questi fossili sono ben documentati nelle sezioni degli affioramenti Tortoniani e Messiniani di  Monte Castellaro, ai piedi della falesia del Colle San Bartolo tra Gabicce e Pesaro, dove i molti ritrovamenti di pesci, piante, e insetti si sono rilevati di notevole importanza per la ricostruzione dei cambiamenti climatici e paleogeografici del Mediterraneo centrale nel Miocene superiore, durante la cosiddetta “crisi di salinità Messiniana”.

Durante questo drammatico processo, il Mediterraneo perse gran parte del suo volume di acqua, lasciando spazi a una serie di bacini salati.
La prima evidenza consistente dell'antico disseccamento del Mediterraneo venne nell'estate del 1970, quando i geologi a bordo della Glomar Challenger recuperarono dai sondaggi condotti sul fondale "carote" contenenti ghiaie e silt rosso-verdi di origine fluviale, oltre che gessi, anidrite, salgemma e varie altre rocce di origine evaporitica (derivate cioè dalla precipitazione di sali da acque marine soprasature).
In alcuni campioni erano presenti minerali di cloruro di potassio, un sale estremamente solubile che precipita solamente con l'evaporazione delle ultime acque prima del disseccamento.
L'area mediterranea fu quindi sottoposta a fasi cicliche di disseccamento ed inondazione per circa 700.000 anni.
Poi, circa 5,4 milioni di anni fa, all'inizio del Pliocene, la soglia corrispondente all'attuale Stretto di Gibilterra si aprì di nuovo permanentemente, portando al riempimento del bacino del Mediterraneo.


I fossili vegetali.

Negli interstrati marnosi i resti fossili di piante sono relativamente diffusi, soprattutto sotto forma di filliti (cioè foglie fossili, letteralmente “foglie di pietra”). Il loro studio, unitamente a quello dei pollini fossili (paleopalinologia) offre un importante mezzo per ricostruire il tipo di copertura vegetale e, di conseguenza, anche il tipo di ambiente e il clima presenti in epoche geologiche passate. Le filliti  recuperate sono rappresentate principalmente da impronte.

Foglia fossile di faggio messiniano Fagus gussonii e livelli fossiliferi delle marne Messiniane.
  
A sinistra: una interessante coppia di foglie di Zelkova zelkovifolia, un’Ulmacea ad affinità asiatica. E altre due foglie fossili in fase di determinazione.


Le ittiofaune-

Negli strati marnosi  della sezione esaminata, fino ad ora gli organismi animali sono rappresentati dai pesci.
I pesci fossili, noti anche come ittioliti (letteralmente “pesci di pietra”), sono qui in genere ottimamente preservati: il motivo di tutto ciò è da ricercare negli antichi fondali scarsamente ossigenati.


Il confronto con gli ittioliti rinvenuti nelle altre sequenze Messiniane Italiane  permette di documentare anche per il nostro sito la tipica associazione che ben rappresenta le ittiofaune del Messiniano evaporitico del Mediterraneo, caratteristicamente oligotipica (cioè con diversità specifica molto bassa) e dominata da un’unica forma, Aphanius crassicaudus (Agassiz, 1839).
 Questa specie era un piccolo pesce eurialino (ben adattabile alle variazioni di salinità delle acque) simile al “nono” diffuso nelle valli di Comacchio e nelle odierne lagune costiere di Mediterraneo, Mar Rosso e coste asiatiche del Mar Arabico.

Pesci della specie Aphanius crassicaudus (Agassiz, 1839)

Conclusioni

Questa breve nota preliminare è stata redatta per evidenziare questi nuovi livelli fossiliferi mai documentati nel territorio del Catria-Nerone Petrano.
Nelle marne Messiniane affioranti alle pendici del Catria di età tra i 6 e i 5,3 milioni di anni, sono stati rinvenuti fossili vegetali e resti di pesci, che aggiungono nuovi dati biostratigrafici e paleontologici alle nostre zone ricchissime di resti fossili i più antichi dei quali hanno più di 200 milioni di anni. Già alla metà dell’800 uno dei più grandi paleontologi mondiali il tedesco  Karl Alfred Ritter von Zittel, percorrendo i sentieri del Catria, accompagnato dal monaco Camandolese Raffaele Piccinini e dal parroco di Secchiano Don Mariano Mariotti definì il Monte Catria un Atlante Geologico perfetto, dove affiorano le più belle sezioni Giurassiche del mondo.
Nel tempo poi sono stati aggiunte altre importanti scoperte relative al Cretacico e ora anche al Neogene. Questi affioramenti che ci invidiano tutti, attendono di essere compiutamente valorizzati sia a fini di salvaguardia e tutela sia a fini turistici. E’ in essere il progetto di un Geoparco Unesco che ha già avuto il via liberà dalla Unione Montana del Catria e Nerone e che potrebbe essere sicuramente una risposta valida e capace di coinvolgere in modo positivo tutte le cittadine situate ai margini di queste montagne,  e che hanno già con i loro importanti musei geologici-paleontologici, iniziato da tempo a custodire e proteggere i tesori nascosti del nostro territorio.

I riscontri paleontologici sono stati fatti utilizzando pubblicazioni di Edoardo Martinetto per i resti botanici e Giorgio Carnevale per l’ittiofauna.

© Paolo Faraoni e Dante Giorgetti - Maggio 2019

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