di PAOLO FARAONI
![]() |
Processione della Festa di Fosto dei primi anni sessanta. |
La
storia raccontata è ripresa da un articolo apparso sulla rivista Il
Popolo Cagliese del 1 Settembre 1912 e narra di un singolare episodio
accaduto a Fosto, piccolo paese che si trova alle pendici del Monte Nerone, nel
comune di Cagli. Fosto attualmente conta una manciata di residenti ma in
passato erano numerose le famiglie che vi abitavano nonostante le scarse
risorse a disposizione che erano date dai pochi campi coltivabili, dai pascoli
e dai boschi. La particolarità di questa comunità e che hanno tutti un solo
cognome Bruscia e che sono molto legati alla loro chiesa dedicata a S. Angelo
presente nei vari registri ecclesiastici fin dai primi anni dell’anno mille.
Dopo il fatto che raccontiamo, prese vigore anche la venerazione del Sacro
Cuore di Gesù che viene festeggiato la penultima domenica di agosto con una
“festa di Fosto” e una processione che parte dalla chiesetta, e attraversa il
paese.
La guerra e il dolore di una madre
Nel 1900, Bruscia Vitale di Fosto, “bersagliere”, venne mandato in Cina con un gruppo di forze internazionali per contrastare la rivolta dei Boxers.(La ribellione dei Boxer, fu un sollevamento avvenuto in Cina nel 1899, rivolto contro l'influenza colonialista straniera. Fu messo in atto da un grande numero di organizzazioni popolari cinesi, riunite sotto il nome di Yihetuan).
Il 5 gennaio 1900 Sir Claude MacDonald, il
ministro britannico a Pechino, scrisse al Foreign Office su un
movimento chiamato "Boxer"
che aveva attaccato proprietà cristiane e convertiti cinesi nello Shandong e nella provincia meridionale di Zhili. I
Boxer si batterono da principio, oltre che per la salvaguardia delle tradizioni
nazionali contro l'«inquinamento» straniero, anche in difesa dei contadini
contro le soperchierie dell'amministrazione imperiale e dei grandi signori
cinesi, Il 1º giugno cominciarono ad arrivare i distaccamenti di una spedizione
internazionale guidata da un sodalizio chiamato "alleanza
delle otto nazioni": le navi europee, giapponesi
e americane al largo dei Forti Taku fecero
arrivare un contingente di 436 marinai (75 russi, 75 inglesi, 75 francesi, 60
statunitensi, 50 tedeschi, 41 italiani,
30 giapponesi e 30 austriaci). Altre truppe
furono inviate in Cina per sedare la
rivolta e il Il 4 agosto una forza di soccorso, chiamata Alleanza delle otto nazioni,
marciò da Tientsin verso
Pechino. Era composta da circa 18.000 uomini (4.300 fanti russi - cosacchi e artiglieria-, 8.000 fanti giapponesi,
3.000 britannici, per lo più fanteria, cavalleria e artiglieria di stanza
in India, soldati e marine con artiglieria e una
brigata francese di 800 uomini, provenienti dall'Indocina con
artiglieria). Gli italiani annoveravano
470 uomini su tre compagnie, due di bersaglieri e una di marinai.- Da
Wikipedia.
![]() |
Nella foto: il bersagliere Bruscia Vitale classe 1878 morto nel 1967. Sopra a Fosto con i nipoti Giuseppe e Riccardo e Angelo nei primi anni sessanta.
A casa lasciava la madre che non sapeva darsi
pace della partenza del figlio e giorno e notte piangeva e pregava tutti i
santi del Paradiso perché glielo rimandassero sano e salvo.
Lontano trecento metri dal piccolo paese di
Fosto, su una collinetta fra i campi, c’era una piccola chiesetta con il
campanile rovesciato sull’erba del prato e la porta sconnessa. Era di proprietà
dei Conti Castracani e fu forse costruita per sciogliere un qualche voto o come
ricordo di una qualche triste avventura consumata tra le gole tetre delle balze
del Nerone, La povera madre si rinchiudeva dentro la piccola chiesa solitaria e
disadorna, accendeva un cero ad una vecchia immagine di Gesù appesa al muro e
con la fede avvalorata dal dolore, raccomandava a quella immagine colorata ed
inquadrata la salvezza della vita del figlio.
La chiesetta di S. Angelo di Fosto
Le lacrime del S. Cuore di Gesù.
Mentre se ne stava inginocchiata a implorare la
grazia, guardando fissamente il quadro rischiarato dal cero, essa vide scendere
proprio dagli occhi di Gesù, delle goccioline luccicanti che le sembrarono
lacrime. Il volto del figlio di Dio si contrasse stranamente come in
un’espressione di dolore e la povera donna uscì sbigottita dalla chiesuola, e
accorse in paese gridando: Il S. Cuore di Gesù piange, il S. Cuore di
Gesù lacrima! Tutti accorsero
e meravigliati constatarono che veramente scendevano per il quadro delle
goccioline a forma di lacrime e che quindi Gesù di Fosto piangeva. Perché? I
buoni contadini pensarono che fosse morto Bruscia alla guerra nella lontana
Cina…ma Bruscia poi tornò e l’enigma delle lacrime essi non l’hanno ancora
spiegato.
![]() |
Altare della chiesetta con il quadro del Sacro Cuore |
Il miracolo!
Si trovava ammalato a Fosto da alcuni anni
Bruscia Pasquale, chiamato e conosciuto sotto il nome di Pasqualino. Siccome i
medici non avevano saputo indovinare la sua malattia, per lui era ormai persa
ogni speranza di guarigione, e saputo lo strano fatto delle lacrime di Gesù, si
fece trascinare il giorno dopo sopra una treggia alla chiesa, per implorare la
grazia della salute. Fu lasciato lì per quasi un’intera giornata, dovendo
quelli della famiglia ultimare alcuni lavori nei campi. Verso sera quelli del
paese lo videro ritornare dalla chiesa, senza essere accompagnato e sorretto,
con il solo aiuto del bastone. Essi lo sapevano ammalato, e siccome mai
l’avevano visto uscire da solo, cominciarono a gridare al miracolo. La voce
corse nei paesi vicini e lontani e tutti quelli che avevano una malattia
accorsero a Fosto per farsi risanare.
Pasqualino acquista un mulo per
raccogliere i doni.
Pasqualino comprese tutta la portata del
miracolo, e tutta l’importanza e il valore del S. Cuore di Gesù. Egli si fece
amministratore, rappresentante, mediatore fra Gesù e quelli che volevano le sue
grazie. Bisognava rivolgersi a lui, confidare a lui quello che
si voleva domandare a Dio ed egli sbrigava tutto, faceva ottenere tutto, perché
oramai le vie del cielo lui le sapeva. I parroci vicini, quello di S. Vitale e
quello di Rocca Leonella, volevano intervenire per prendere essi l’amministrazione
di tutto, per raccogliere la cera, i doni, le messe ecc. ecc. ma Pasqualino
minacciò uno scandalo, sotterrò ai piedi dell’altare due cassette per
raccogliere le offerte messe li dal prete di S. Vitale, pregò Gesù di dare una
lezione a questi trafficanti, come lui li chiamava, e, come lui stesso
asseriva, poco tempo dopo Don Ottaviani cadde da una scala e si ruppe la testa,
appunto perché egli aveva ciò chiesto al S. Cuore di Gesù. Ma non basta,
allargò la cerchia dei suoi interessi, cioè quelli della chiesuola e si portava
con un mulo a raccogliere, come un frate cercatore, i doni di qualunque natura
che venivano fatti al miracoloso S. Cuore di Fosto. Ogni anno, l’ultima
domenica di agosto, ricorre la festa del S. Cuore con intervento di una gran
quantità di popolo e di preti, ai quali viene imbandito un suntuosissimo
pranzo. La storia del miracolo è conosciuta da tutti così come sopra si è
detto.
Perché il S. Cuore di Gesù lacrimava?
La piccola chiesa è in cima a una collina,
esposta a tutte le intemperie che infuriano d’inverno alle pendici del Nerone.
I suoi muri sono saturi s’acqua e quando viene la primavera e con questa
vengono gli eccessivi calori, come ci spiegano le più elementari leggi fisiche.
Verificandosi fra l’esterno della chiesa e l’interno una grande differenza di
temperatura, ne avviene che i muri stessi trasudano, lasciano cioè scorrere per
le pareti interne una grande quantità di goccioline di acqua. Lo stesso
fenomeno tante volte si sarà osservato in quelle case esposte a tramontana nel
mese di marzo o di aprile. Ora il fatto è più che spiegato, essendo il quadro
del S. Cuore di Gesù attaccato al muro, e risalendo l’avvenimento al principio
dell’estate del 1900. Anche Pasqualino asseriva, quando aveva bevuto molto
vino, che lo stesso fatto l’aveva osservato altre volte. Se la buona gente di
Fosto avesse guardato anche il muro della chiesuola, invece di badare ad
osservare solamente il quadro, si sarebbe accorto che lacrimava non solo il S. Cuore
di Gesù, ma lacrimava tutta la parete della chiesa.
Pasqualino spiega la sua guarigione
miracolosa.
Difficilmente si riusciva a far parlare
Pasqualino sul miracolo da lui ottenuto, ed era necessario annaffiarlo
abbondantemente di vino e allora senza tanti misteri, diceva più di quello che
volevate conoscere. Egli raccontava che nella sua tarda gioventù si era
pazzamente innamorato di una giovane del suo paese. Cercò ogni via per ottenere
di sposarla ma tutto risultò vano perché suo fratello già ammogliato non lo
favoriva anzi convinceva la donna a non
ascoltarlo, inducendola poi a sposare un altro. Questo suo fratello faceva ciò
per impedire che Pasqualino si sposasse e che poi cercasse di dividere quelle
poche terre di proprietà che godevano in comune. Quando egli scoprì la guerra che segretamente
gli aveva fatto il fratello un po' per il dolore dell’amore perduto un po' per
vendicarsi di lui, si finse ammalato e si mise a letto. Non avete voluto che mi
sposassi, diceva tra sè Pasqualino, ebbene adesso mantenetemi che non voglio
lavorare per i vostri figli. Cocciuto e testardo come sono quelli della sua
razza, perdurò nel suo proposito per diversi mesi.
I medici che lo visitarono non riuscirono a
scoprire malattia di sorta e lo invitavano a uscire per prendere aria così
certamente sarebbe guarito. Ma egli tenne duro per molto tempo ancora. Quando
finalmente volle lasciare di fingere un male che non aveva e provò al alzarsi
dal letto, si sentì così debole da non reggersi in piedi, per cui terminò col
darsi veramente ammalato. Venne
finalmente la primavera del 1900 e udì parlare del quadro miracoloso. Lo
portarono entro la chiesa e lo lasciarono solo. Egli, raccontava, si sentiva
fisicamente bene ma le gambe non volevano sostenerlo per essere restato per
tanto tempo coricato nel letto. Provò ad alzarsi, a fare alcuni passi, all’inizio
non vi riuscì. Pian piano trascinandosi a stento uscì fuori dalla chiesa dove
si sentiva male, dove non aveva pregato, né chiesto grazia alcuna. Era una
giornata splendida piena di sole e di aria vivificatrice. Respirò a pieni
polmoni quell’aria e un benessere strano gli pervase le membra; si sentì come
rinascere, si sentì rinsanire. Agitò nell’aria le braccia scarne e indolenzite;
si mosse prima barcollando, poi con maggiore sicurezza per il prato che
circonda la chiesa, provò e riprovò la ginnastica delle gambe per tanto tempo
dimenticata e l’aria e la luce della primavera fecero il miracolo e riuscì a
tornare a casa con il solo aiuto di un bastone. Tutti vollero che fosse un
miracolo, ed egli trovò l’utile suo nel non contraddirlo e durante il tempo che
visse intercedette grazie per gli infermi. Trovò il modo di vivere e di
raggranellare qualche soldo alla barba di chi ancora crede nei miracoli dei
Santi e nelle lacrime di Dio.
PAOLO FARAONI 2023
Nessun commento:
Posta un commento