di G. Presciutti, M. Presciutti e G. Dromedari
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Vista frontale della chiesa della Madonna delle Grazie a Castelfranco |
A
volte, percorrendo vie ormai dimenticate sui crinali dell’Appennino, abbiamo la
fortuna di imbatterci in veri e propri gioielli di arte e storia, che meriterebbero
ben altre attenzioni da parte delle istituzioni e dei turisti. E’ questo il
caso della Chiesa della Madonna delle Grazie situata a Castelfranco, nel comune
di Pietralunga (Pg) a ridosso del confine con la Provincia di Pesaro, a cavallo
fra Umbria e Marche.
La
chiesa sorge a poca distanza dal Passo di Castelfranco, a un’altezza di mt.769
s.l.m., lungo la via che anticamente era utilizzata per valicare l’Appennino e
passare dal versante adriatico (bacino del fiume Bosso) a quello tirrenico che
conduce alla pianura tiberina e viceversa. La via attraverso il Passo di
Castelfranco era molto importante, poiché usata in passato, oltreché per gli
spostamenti degli eserciti, anche per la transumanza delle greggi, dalle
pianure tiberine e dall’alto Lazio verso i pascoli montani del Nerone, tanto
che Bonifacio di Canossa, padre della
più famosa Matilde, inserì nella zona
una famiglia di baroni tedeschi, i Maravisch,
ben presto italianizzati in Marabischi,
proprio con il compito di tenere sotto controllo i passi appenninici di Bocca
Serriola e, appunto, di Castelfranco. La presenza di questa famiglia ha
lasciato tracce toponomastiche tuttora leggibili nel podere di Chi Marabissi, situato proprio a ridosso
del valico sul versante di Pietralunga[1].
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L'immagine "miracolosa" della Madonna delle Grazie |
La
chiesa fu costruita dove sorgeva un’edicola con un’immagine ritenuta
miracolosa, esattamente nel punto in cui si incrociavano quattro antiche vie
che conducevano, rispettivamente, in direzione di Apecchio (e poi Urbania e
Sant’Angelo in Vado), Pietralunga (e poi Gubbio e Umbertide), Città di
Castello, e, infine, Cagli.
Oltre
a ciò un’altra caratteristica rende particolarmente singolare il luogo nel
quale fu edificato il complesso sacro, infatti, ci troviamo esattamente lungo
lo spartiacque appenninico, di conseguenza la pioggia che cade sulla falda est
del tetto della chiesa si dirige in direzione del mar Tirreno, mentre quella
che cade sulla falda ovest si incanala verso il mare Adriatico.
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Vista dell'interno della chiesa |
La
conformazione attuale della chiesa risale ai primi anni del 1600 per iniziativa
di Mons. Fabio Tempestivo, Vicario Apostolico di Città di Castello[2], che il 28 aprile 1596 visitò il luogo nel
quale sorgeva una “maestà o cappelluccia”,
dove era dipinto un affresco che rappresentava l’immagine di Maria Santissima
che tiene in seno Gesù Bambino con S. Michele Arcangelo alla destra e S.
Giovanni apostolo alla sinistra. L’immagine godeva di grande venerazione poiché
le cronache riferivano di molti miracoli verificatisi per intercessione della
Madonna, in seguito alle preghiere rivoltegli nella piccola cappella davanti
alla quale transitavano anche molti pellegrini diretti al Santuario della Santa
Casa di Loreto. Di conseguenza, parallelamente alla devozione, crebbero anche
le offerte e il Vicario Apostolico dispose che sul luogo fosse eretta una
chiesa per rendere omaggio in modo adeguato all’immagine sacra e miracolosa,
incaricando l’Arciprete di Aggiglioni Don Girolamo Martinelli, affinché si
desse inizio alla fabbrica utilizzando le elemosine dei fedeli.
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Vista del retro della chiesa |
Il Vicario
stabilì che la festa di S. Maria delle Grazie si celebrasse nel giorno della
Natività della Madonna, l’8 settembre, confermò la confraternita che nel
frattempo era sorta e sottomise la chiesa e la confraternita al Pievano
d’Aggiglioni e al rettore di Castelfranco. In seguito, grazie al crescere delle
rendite, la chiesa fu dotata di un cappellano. La chiesa subì poi fortune
alterne, con periodi di abbandono e decadenza, tanto che Mons. Muzi, nel 1826,
dovette sospendere ogni funzione, constatando il pessimo stato in cui versava,
necessitando di un profondo restauro, al quale si provvide dotando la struttura
di nuove stanze e di un porticato utilizzabile dai fedeli come riparo in caso
di maltempo[3]. L’intero complesso è
stato poi oggetto di un nuovo restauro, dal 1999 al 2005, che ha interessato il
consolidamento delle strutture murarie, la ripulitura della muratura faccia
vista interna e esterna e l’intonacatura delle pareti interne, nonché il
rifacimento della pavimentazione.
Gli
storici locali sostengono che le arcate laterali del fabbricato di Castelfranco
siano state costruite sui resti di un’antica stazione di cambio romana. Questo
è naturalmente possibile, vista l’importanza strategica rivestita dal luogo fin
dall’antichità, ma l’aspetto ed i materiali utilizzati nel porticato laterale
appaiono del tutto conformi a quelli del resto della chiesa, pertanto tutto
lascia supporre che questo sia coevo al resto dell’edificio.
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Vista laterale del complesso nella conformazione attuale |
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Nell'elaborazione fotografica una vista del portico come doveva apparire prima della tamponatura delle arcate |
Entrando
all'interno, l’attenzione viene subito catturata dalla pala d’altare,
l’immagine miracolosa sulla quale troneggia Maria che tiene in grembo Gesù
Bambino, con San Michele Arcangelo alla destra e San Giovanni Apostolo alla
sinistra. Purtroppo il dipinto, destinatario di una devozione secolare,
nonostante il restauro, appare piuttosto deteriorato, ma conserva ancora una
significativa forza di suggestione. In particolare colpisce l’iconografia
riservata a San Michele Arcangelo, che si differenzia da quelle più comunemente
utilizzate, ossia dell’angelo in procinto di trafiggere Lucifero con una spada.
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Particolare della pala d'altare raffigurante San Michele Arcangelo intento alla "pesatura delle anime" |
Qui San Michele è raffigurato con una bilancia in mano mentre sta svolgendo la
sua funzione di “psicopompo” (colui che accompagna le anime nel mondo
ultraterreno) e “pesatore di anime”;
il messaggio di questo dipinto era facilmente comprensibile anche dalle
menti più semplici che avevano modo di vederlo passandoci davanti. San Michele
regge con la mano sinistra una bilancia sulla quale sono poste due anime,
rappresentate da altrettante figurine nude, mentre con la mano destra e con lo
sguardo, tiene a bada il diavolo, dipinto nell’angolo inferiore della pala, in
mezzo alle fiamme, che, impaziente, attende il responso della pesatura, per
impadronirsi dell’anima che risulterà essere appesantita dai peccati commessi
in vita. Il piatto della bilancia che contiene l’anima più leggera si avvicina
alla Madonna e a Gesù Bambino con i quali incrocia lo sguardo, mentre l’anima
più pesante si sporge disperatamente dal piatto per scorgere sotto di sé un
mare di fiamme, l'inferno.
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Dettaglio della pesatura delle due anime. |
Pensiamo che molti di coloro che nel passato hanno
osservato con attenzione questa immagine, nelle lunghe notti invernali, magari
dopo aver ascoltato racconti di diavoli e peccatori dannati durante le veglie
serali, avranno rivisto nei loro incubi notturni la faccia mostruosa e affamata
di Satana in attesa di ricevere l’anima dopo la pesatura!
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Dettaglio di Satana che, impaziente, attende il verdetto della pesatura |
Per fortuna, però, la
Madonna, con le sue grazie, con i suoi miracoli, stava lì a dimostrare che il
rimedio alla sofferenza e al rischio della dannazione esisteva ed era da
ricercare nella preghiera e nella devozione alla Madonna stessa ed a Gesù.
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Dettaglio di Maria con Gesù Bambino in grembo |
Ci
piace pensare, infine, che l'allineamento della costruzione secondo la linea
dello spartiacque appenninico non sia assolutamente causale, ma in un certo
senso richiama e dà ulteriore enfasi al rituale della pesatura delle anime
condotto dall'Arcangelo Michele: non esiste una via di mezzo, o di qua o di là,
inferno o paradiso, Tirreno o Adriatico, per le anime come per le acque.
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Panorama dalla chiesa di Castelfranco del versante "tirrenico" |
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Panorama dalla chiesa di Castelfranco del versante "adriatico" |
© 2015 by Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Giuseppe Dromedari - Tutti i diritti riservati
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