Tributo a Mons. Don Domenico Rinaldini - Parroco di Piobbico e appassionato ricercatore di fossili


di Paolo Faraoni, Marco Bani e Lino Paiardini

Don Domenico sul suo amato Monte Nerone, nell’ammirazione della sua Piobbico (29/1/1921 - 29/7/1997)


Introduzione
Don Domenico Rinaldini “Dondò”, è stato un grande appassionato di fossili, e per anni la sua canonica è stata la meta di tutti gli  studiosi italiani e del mondo che si occupavano di geologia e paleontologia  dell’Appennino Umbro/Marchigiano. Studiosi dell’università la Sapienza di Roma, dell’università Berkeley California (USA)  e di tanti altri atenei si incontravano al Piobbico, e da lì,  dietro la guida esperta  del Dondò si inerpicavano sui sentieri del Nerone alla ricerca soprattutto di ammoniti, con cui elaborare le ultime ricerche paleontologiche e stratigrafiche. Don Domenico con le sue collezioni ora donate al Museo Brancaleoni di Piobbico, ha illuminato le ricerche geologiche del Nerone, e trasmesso a un grande numero di persone un amore profondo, e un rispetto verso questa importante montagna che custodisce, dagli strati di roccia superficiali, alle profonde e affascinanti grotte, importanti segreti, molti dei quali, ancora da studiare e scoprire.
Quando qualche settimana fa mi venne l’idea di “ricordare” Don Domenico Rinaldini di Piobbico, non potei fare a meno di telefonare al suo amico e braccio destro Lino Paiardini, che per anni ha sempre gestito e sistemato tutte le “truppe” di studiosi e studenti che per anni si sono riversate al Piobbico, punto di ritrovo per le loro ricerche gelogiche e paleontologiche in tutto il territorio del Nerone.
Sicuramente senza la costante pazienza di Lino e le sue straordinarie capacità organizzative, ben poco si sarebbe potuto realizzare, ed è grazie a lui, l’indispensabile cinghia di trasmissione  tra il dondò e le esigenze logistiche dei suoi amici, e le varie anime delle amministrazioni comunali e delle attività produttive di Piobbico, sempre disponibili e generose,  che ora importanti collezioni tra cui quella di Don Domenico sono eccellentemente esposte e custodite al Museo Brancaleoni di Piobbico.
Lino ha subito accolto con entusiasmo la mia idea, e ci siamo attivati nel contattare l’amico Marco Bani (speleologo e naturalista) e il Prof. Federico Venturi (paleontologo) per aggiungere e  avere suggerimenti e contributi utili a rivelare notizie e aneddoti su Don Domenico.


La Vita
Don Domenico Rinaldini era nato a Piobbico il 20-01-1921 da Rinaldini Filippo e Olinda Paioncini (11 figli) ed è morto a Piobbico a S.Maria  il 31-7- 1997 a 76 anni.
Consacrato sacerdote,  dal  03.08.1947 fù parroco di San Gregorio di Fermignano  fino al 1963;  e parroco a S.Maria  Val d’Abisso  dal 28.08-1963 al 31-7-1997.
Nel 1969 rinnova il Fonte Battesimale; a Santa Maria e a S.Pietro dona i nuovi banchi e confessionali, e elettrifica le campane.
 Le tante attività svolte come parroco Don Domenico sono state molteplici nella sua lunga carriera di parroco di S.Maria Val d’Abisso (34 anni), nonché di intimo amico e collaboratore del cardinale di Piobbico Pietro Palazzini.
Qui ricordiamo la sua attiva partecipazione alla nascita del circolo Acli di Piobbico.
Il Circolo ACLI a Piobbico prende avvio nel mese di maggio dell’anno 1984, quando a seguito della sollecitazione dei parroci don Franco Montanari e don Domenico Rinaldini si decide di far nascere a Piobbico un centro dove i giovani possano ritrovarsi in momenti di svago e di formazione. 
Uno dei maggiori fautori della nascita del Circolo fu Sua Eminenza Card. Pietro Palazzini sempre presente e attento alle esigenze del paese. Fu infatti per Suo interessamento che nel 1983, attraverso una scrittura privata datata 8 giugno, tra Mons. Domenico Rinaldini e Mons. Mario Carrus, amministratore unico della CISO (Centro Italiano Specializzazione Operai S.p.A) venne concesso in comodato gratuito per 30 anni, alla chiesa di S. Maria in Val d’Abisso parte dell’immobile sito nel Comune di Piobbico – Via Kennedy e precisamente il fabbricato denominato “Michelangelo Virgillito”.
Don Domenico Rinaldini, forte della scrittura privata, mise a disposizione di un gruppo di giovani e meno giovani la struttura e una trentina di milioni per affrontare i primi lavori.  Fu ottenuto da don Domenico Rinaldini anche l’utilizzo del terzo piano dove viene creata la “Casa per ferie S. Maria”. Al centro incominciano ad arrivare gruppi di giovani sia da Milano che da Verona. Con il gruppo di Verona viene iniziato un percorso di formazione che vede impegnati i giovani di Piobbico.
da “Le ACLI nella provincia di Pesaro e Urbino
(a cura di Antonio Di Stefano e Valerio Ietto, 2003, p. 222-224)

Dondò e i fossili
Oltre alla sua importante collezione di fossili donata al museo Brancaleoni di Piobbico,
Le tracce del Dondò spaziano nei rigraziamenti ed apprezzamenti che tanti studiosi gli resero nelle loro pubblicazioni scientifiche. Importante il riconoscimento e rigraziamento avuto da Walter Alvarez, figlio del Premio Nobel per la Fisica Luis Álvarez, professore all'Università di Berkeley e padre della teoria dell’estinzioni di massa, in particolare l'estinzione del limite Cretacico-Terziario, verificatasi circa 65 milioni di anni. Questi studi, svolti in collaborazione col padre, iniziarono con la segnalazione di un'anomalia positiva, nella concentrazione di iridio (un elemento raro sulla Terra ma molto comune nelle meteoriti), rilevato inizialmente in un livello stratigrafico nei pressi di Gubbio e confermato infine nel Cratere di Chicxulub, una struttura circolare nella penisola dello Yucatán, sede di impatto di un meteorite del diametro di almeno 10 km che si pensa abbia colpito la Terra alla velocità di 30 km/s con conseguenze estinzione di circa il 76% delle specie viventi, compresi i dinosauri.
Nel 1986 il comune di Piobbico  concesse a Walter Alvarez la cittadinanza onoraria.


Altra importante collaborazione di Don Domenico fu con il Prof. Giovanni Pallini, che per anni studiò insieme ai suoi colleghi dell’Università la Sapienza di Roma l’area del Monte Nerone.

Qui di seguito il ricordo tributato dal collega prof. Massino Santantonio allo scomparso Pallini deceduto a seguito dell’incidente automobilistico accaduto proprio al Nerone nel 2002.



Estratto dalla pubblicazione su Geologica Romana 37 (2003-2004) – Massimo Santantonio
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Sono anche gli anni della nascita del profondo rapporto di Jack (Pallini) con il paese di Piobbico, ed in particolare con il vivace prete-cercatore di ammoniti Don Domenico Rinaldini, anch’egli recentemente scomparso. Don Rinaldini prosegue una tradizione che nell’800 aveva portato diversi parroci di campagna umbri e marchigiani (ma anche insegnanti di scuola) a divenire, mossi dalla curiosità culturale di comprendere il significato delle loro scoperte, i principali collaboratori sul campo di accademici di diverse nazionalità, sempre pronti ad estrarre da qualche cassetto esemplari perfetti di specie rarissime ricercate inutilmente da questi ultimi per mesi. Il “Dondò”, come lo si chiamava, metterà per anni a disposizione di chiunque fosse associato al gruppo di Pallini un comodissimo e ospitale ostello annesso all’isolata chiesa di Rocca Leonella, permettendo così a tanti appassionati ma squattrinati paleontologi o aspiranti tali di limitare le spese. Non solo, ma anche aggregandosi spesso al gruppo, in canottiera e senza alcun formalismo verbale - per così dire - durante le giornate di scavo.
Quell’ostello diviene un’ importante base per le ricerche, permettendo di invitare ed ospitare anche colleghi di diverse specializzazioni e sedi universitarie, anche extra-italiane, come Carlo Sarti, Elisabetta Erba e Federico Oloriz, tra i tanti. In quegli anni Walter Alvarez sta lavorando a Monte Nerone, ed è anch’egli divenuto amico del Dondò. La comune conoscenza porterà a utili scambi scientifici, e la stratigrafia ad ammoniti permetterà ad Alvarez di datare alcuni dei campioni raccolti per gli studi paleomagnetici con William Lowrie.
……………….

Massimo Santantonio Giovanni Pallini 15 febbraio 1949 - 24 settembre 2003.

                                                                 §§§§§                                                        


Ricordando Don Domenico Rinaldini
Omaggio a un amico prete paleontologo che tanti fossili di Monte Nerone, provincia di Pesaro, ha lasciato alla nostra ammirazione e conoscenza

di Marco Bani

Non sono certamente il più adatto nel tracciare un ritratto di Don Domenico Rinaldini essendo il mio contatto con lui legato a un singolo aspetto della sua vita. Tuttavia tracciarne un ricordo legato al “nostro” Monte Nerone mi sembra doveroso, e, con la dolce malinconia che il tempo dona, cercherò nel bagaglio della memoria.

Don Domenico Rinaldini, il popolare Dondò, nell’informale aspetto di cercatore di fossili

Verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso la mia attività era rivolta soprattutto al mondo dello sport, ma per una mia innata curiosità e amore del sapere cominciai a salire a Monte Nerone per alimentare la mia nascente passione per la biologia e l’evoluzionismo. Cercavo assieme a Patrizia, mia compagna di vita, le testimonianze fossili che confermassero quello che David Attemborough raccontava nei documentari BBC trasmessi da Quark.  
Ma mentre osservavamo pettinidi e frammenti di corallo nel flysch miocenico delle colline attorno a Città di Castello, quasi niente trovavamo nella dorsale carbonatica umbro-marchigiana. Poco conoscevo allora della geologia.
 Incontrando sul Nerone due conoscenti tifernati afferenti al gruppo protostorico e noti come esperti di fossili chiesi informazione su dove poter trovare ammoniti. Ridacchiando mi indicarono una certa zona dove non trovai proprio niente.
Oggi so che mi mandarono sulla sterile Scaglia Rossa col chiaro intento di togliermi di torno e non incoraggiarmi in quella attività di ricerca. Lo dico con estrema comprensione. Mi conoscevano come calciatore e non ispiravo certo complicità naturalistiche. Ma quel giorno, vedendo passare il maggiolino bianco di “Dondò”, dai commenti dei due furboni arguii che quel prete al volante era un assiduo cercatore di fossili. 

Le ammoniti hanno costituito un linguaggio comune tra lo scrivente e Dondò. (Arieticeras algovianum)

Qualche giorno dopo segui il maggiolino. Spiai i movimenti di quel prete che con meraviglia vidi scendere dall’auto con la “maglia della salute” e un paio di calzonacci. Lo seguii a distanza dentro una faggeta per inscenare un incontro casuale. Immaginandolo geloso e protettivo dei suoi segreti come i miei due concittadini fui molto prudente, evitando richieste di informazioni e altre forzature. Invece il colloquio fu subito molto cordiale e Don Domenico avvertì probabilmente la mia genuina passione e le mie buone intenzioni. Finì per indicarmi uno strato sedimentario dove avrei potuto trovare ammoniti. In effetti al termine della giornata recuperai tra gli strati una bellissima ammonite che ho usato per anni nei miei seminari naturalistici coi ragazzi.
Da quel giorno è nata una bella amicizia con Dondò, maturata e cresciuta nel tempo. Questo nonostante che io mi fossi rivelato a lui come ateo e critico nei riguardi una certa Chiesa. Mi piace pensare che lui abbia apprezzato la mia onestà intellettuale, scevra di ruffianeria verso chi all’epoca conosceva il “monte” e la paleontologia molto più di me.
Il 22 maggio del 1982 scoprii la Grotta dei 5 Laghi. Mesi dopo assemblai un audiovisivo che narrava della scoperta e della grotta. Il nostro gruppo fu invitato a Santa Maria in Val d’Abisso, nella parrocchia di Don Domenico, a mostrare le inedite immagini ad alcuni influenti personaggi Piobbichesi e soprattutto al Cardinale Pietro Palazzini. Conoscendo il mio affermato anticlericalismo una macchina fotografica attendeva l’attimo in cui avrei baciato l’anello al cardinale. Mi schierai in ultima posizione nella fila dei presentandi e vidi ginocchia sbattere pesantemente a terra e labbra sfiorare il dorso della mano cardinalizia, priva oltretutto dell’anello. Ma il beffardo amico fotografo rimase deluso e dovette rinunciare alle agognate future prese in giro. Io, unico tra i presenti, non mi abbassai e semplicemente strinsi la mano al Prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, cioè a colui che all’epoca decideva chi fare santo. Questo comportamento non mi pregiudicò la stima di Dondò, e addirittura anni dopo, non solo lui, ma il cardinale stesso mi venne amichevolmente in appoggio in seguito a una diatriba politica piobbichese in merito al Centro di Educazione Ambientale che avevo fondato e avviato con successo.
Una prova della stima e della amicizia con Don Domenico la ebbi nel 1986. Alcuni boscaioli gli avevano riferito di aver sbirciato oltre uno stretto ingresso di grotta e di aver visto, testualmente, delle “grandi teste di vaccine dai denti lunghi”. «Io e Paolo Castellani ci siamo recati nel posto e abbiamo portato a valle questo» mi disse Dondò mostrandomi un grande cranio ben conservato. «Te ne puoi occupare? ». La mia mente corse ad una illustrazione vista nel volume di Paleontologia del Pinna e vi riconobbi subito l’orso delle caverne (Ursus spelaeus). Accettai molto volentieri di lavorare allo studio del sito e al recupero dell’ossame da quella grotta che essendo nota ai boscaioli avrebbe corso il rischio di razzie da parte di cacciatori di trofei.
 Sulla spinta di quella scoperta, e con i buoni uffici di Lino Paiardini, che ne divenne curatore fu istituzionalizzato un museo a Piobbico dove poter depositare reperti.
Oggi si chiama Museo Civico Brancaleoni ed è ospitato nell’omonimo palazzo. La sezione geo-paleontologica è dedicata a Don Domenico che ha donato alla collettività la sua vasta collezione di ammoniti, assieme a Carlo Iotti, altro meritevole appassionato piobbichese.


Nel 2000, su un supporto mirabilmente realizzato dall’artigiano-artista Paolo Formica, ho ricostruito l’orso delle caverne in una sezione del museo dedicata alla speleologia. Una composizione parziale con ossame di orsi diversi vista la mancanza di scheletri completi.

Vetrine nel Museo Brancaleoni di Piobbico dove sono esposte le ammoniti donate prevalentemente da Don Domenico Rinaldini nella Sezione Paleontologica a lui dedicata
La grande grotta che costituiva il vero rifugio degli orsi spelei attende ancora di essere violata nel cuore di Monte Nerone. Io ancora cerco con assiduità l’ingresso giusto. Se ci riuscirò non mancherò di dedicare una sala a Dondò. 
Le conversazioni con Don Domenico mi aiutarono nella conoscenza di Monte Nerone e nella determinazione di toponimi noti alla gente del posto, ma mai riportati in carta. Nel 1987 pubblicai la carta dei sentieri, una delle prime dell’Italia peninsulare, con riferimenti e aggiornamenti dovuti anche alle conoscenze del mio caro amico prete.
E alcune “chicche” suggeritemi da Dondò sono andate anche nel libro “Monte Nerone” che pubblicai nel 1989 e che vinse il primo premio nazionale alla fiera “Quota 600” di Parma.
Nel libro figura anche l’Harpoceras domaticus (Pallini), ammonite del Toarciano dedicata a Don Domenico. Anche il mio libro “Monte Nerone segreto” del 2011 deve qualche nozione a Don Domenico.

Marco Bani con un cranio di Ursus spelaeus nella grotta indicatagli da Don Domenico Rinaldini

Nelle mie battute di ricerca su ogni versante di Monte Nerone mi è capitato spesso di sentire picchiettare un martello. Allora raggiungevo quel familiare suono e incontravo Dondò. Le conversazioni erano sempre piacevoli e interessanti. Talvolta si concludevano al ristorante “La Colombara” a Piobbico, con code alle considerazioni naturalistiche sviluppate in giornata e partecipate talvolta anche da qualche appassionato locale.
Negli ultimi tempi nell’avvicinarmi ai suoi siti di ricerca ero facilitato da nastrini di plastica legati agli arbusti. Penso che lo facesse per essere ritrovato nel caso avesse avuto un malore. Qualcuno mi ha detto che negli ultimi tempi lui avvertisse che qualcosa stesse minacciando la sua vita, ma che se lo tenesse per sé.

Sezione Speleologica del Museo Brancaleoni con la vita nelle grotte e l’orso delle caverne

Un giorno quel maligno trombo che gli rendeva affannoso il respiro si è mosso e lo ha fatto stramazzare a terra nella sua Santa Maria in Val d’Abisso.

Scheletro incompleto e "compilato" di Ursus spelaeus, ovvero ricostruito con parti di orsi diversi
Ancora mi capita di vedere dei nastrini, ormai scoloriti e sfilacciati, svolazzare dai fusti dei faggi. E seguendoli talvolta trovo dei sassi girati, delle scaglie di roccia e qualche traccia di ammonite. Il pensiero corre con malinconia e dolcezza a quella strana e complice amicizia dovuta alla comune passione per Monte Nerone.

                                                                     §§§§§

I FOSSILI DELLA COLLEZIONE DI DON DOMENICO RINALDINI



Il comune di Piobbico ha dedicato a Don Domenico la sezione Geo-Paleontologica del Museo Civico Brancaleoni che è sorto nel 1983, quando  “Dondò” cedette  al comune a titolo gratuito, parte della sua ricca collezione di fossili. I pezzi più pregiati vennero subito collocati in vetrine provvisorie e sistemati nella sala consiliare in attesa di essere esposti nelle stanze del Palazzo Brancaleoni. 
A metà degli anni 90 venne inaugurata la  sede definitiva giustamente dedicata a Mons. Don Domenico Rinaldini. Questa sezione si articola in 10 ambienti espositivi per un totale di circa 800 mq., con oltre 10.000 reperti fossili i più antichi dei quali hanno più di 200 milioni di anni. 
E’ stata allestita in modo da evidenziare il rapporto tra i fossili e le rocce che li contengono, e soprattutto i fossili e la datazione delle rocce. Infatti le ammoniti sono i più importanti fossili guida, e studiando l’evoluzione dei generi e delle specie è possibile ottenere importanti correlazioni temporali con le varie sezioni affioranti nel mondo. Le collezioni esposte nel museo raccolte da amatori locali  (Rinaldini e Iotti)  o da ricercatori e professori universitari  (Cecca, Cresta, Pallini) sono quindi molto importanti per tutti gli appassioni paleontologi e per i geologi che  percorrono i sentieri del Nerone per studio o svago. 
Molto interessante l’ammonite trovata dal “Dondò” e a lui dedicata dal Prof. Giovanni Pallini e che porta il suo nome “Harpoceras” domaticus, e l’ ammonite proveniente dalla Valle del Fiume Bosso Petranoceras rinaldinii a lui dedicata dal Prof. Federico Venturi.
                         
 In poco tempo a questa  prima sezione, se ne sono aggiunte altre sei: Speleologica, Ornitologica, Archeologica, Numismatica, Arti e Mestieri del territorio, Abiti e gioielli di una nobile Casata.


Una bella ammonite del genere Furloceras proveniente dal Rosso Ammonitico di Gorgo a Cerbara.


Una grande quantità di ammoniti Hammatoceratinae provenienti dal Nerone (Toarciano)


Stephanoceratinae del Monte Nerone (Bajociano)

               Belemniti, Actractites, e Brachiopodi (Monte Nerone)
  
                                Ammoniti Bajociane  e Titoniche.

 Conclusioni
 Con questa nota, speriamo di avere ricordato in maniera abbastanza esauriente, il grande impegno di Don Domenico nel trasmettere a tutti, la passione e l’amore verso il Monte Nerone. Quando lo contattai la prima volta al telefono chiedendogli un incontro per potere vedere la sua collezione di fossili ed eventualmente poter fare un giretto con lui al Nerone, mi chiese chi ero e da dove telefonavo. Io ero ancora giovane, gli dissi che mi piacevano le ammoniti, che ero Faraoni Paolo, nipote di Mons. Vincenzo Faraoni…..Appena pronunciai il nome di mio zio, che per anni aveva insegnato teologia al seminario di Fano, a centinaia di preti marchigiani (e anche a lui) diventò subito più disponibile e mi invitò subito a S.Maria. Nella sua canonica le ammoniti erano ovunque, accatastate sulle scale, e sparse per le varie stanze in un ordine un po' enigmatico, ma solo per chi non conosceva ancora i vari luoghi di provenienza. Le più belle tutte conservate in piccole scatoline  (i contenitori di due formaggini rotondi) e rigorosamente catalogate in base alla provenienza, le più grandi esposte in modo da fare crepare di invidia….a tutti quei pochi che il Dondò invitava a casa sua.  Chiesi (solo per prova) se me ne poteva regalare alcune, quelle delle scatoline, mi guardò e dalla sguardo capii subito che avevo fatto una richiesta…..improponibile, tanto era l’amore che Don Domenico riponeva verso i suoi fossili!!!! Mi disse e no….non si può proprio…..le devono studiare….sono rare…se vuoi ti posso dare un po' di cristalli di incenso… Lo tranquillizzai subito, dicendogli che scherzavo, e da quel giorno, abbiamo fatto diverse escursioni al Nerone insieme a Pallini con cui ho collaborato intensamente dal 1990 al 2002 data della sua scomparsa. Tutti i gruppi di paleontologi delle varie università conoscevano e stimavano Don Domenico, che era sempre disponibile con tutti quelli che si impegnavano a studiare i segreti del Nerone. La sua passione per la montagna era a 360 gradi, come ci ha poi raccontato l’amico Marco  Bani, e se poteva dispensava consigli e segreti a tutti gli studiosi che venivano a visitarlo.
Ora di lui resta la sua grande collezione ottimamente esposta e curata dal suo amico Lino, e il ricordo incancellabile che ha lasciato a tutti gli abitanti di Piobbico, e si invitano tutti  a visitare l’interessante museo Civico del Castello Brancaleoni dove le molteplici collezioni esposte, illustrano le bellezze e i tesori provenienti dal nostro esclusivo e incomparabile territorio.


 ©  Marco Bani, Paolo Faraoni, Lino Paiardini, marzo 2019.



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