di Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti e Giuseppe Dromedari
Ricostruzione di una "stracceria" medievale. Le donne sono al lavoro per selezionare gli stracci. (*) |
Parafrasando
il titolo di un famoso film western del 1964 possiamo dire che intorno a un
pugno di stracci, dal ‘500 fino alla fine dell’800, sono girati interessi enormi.
Nella società contemporanea lo smaltimento dei rifiuti, compresi gli indumenti
usati e la biancheria, è un problema affidato alle discariche o nella migliore
delle ipotesi al riciclo, nessuno si sognerebbe mai di imporre dei dazi sul
commercio degli stracci, anzi semmai tutti quanti noi paghiamo imposte per
smaltire questo tipo di “rifiuto”.
Non era così nei secoli passati.
In
particolare ci occupiamo in questa nota di alcuni atti, che vanno dal 1599 al
1640, rinvenuti da Marcello Mensà nell’archivio comunale di Cagli, Libro delle
Querele, e dallo stesso trascritti. Tutti e quattro i documenti si occupano di
problematiche connesse al commercio degli stracci e, da prospettive diverse, fanno
luce su questo particolare tipo di mercato e sulla repressione che le autorità cercavano
di porre in essere per controllarlo, spesso senza riuscirci.
Nel
primo documento, datato 28 maggio 1599, Donino,
pubblico baiolo (funzionario), blocca
alla fiera di Frontone un certo Menco
che portava sulla spalla un sacco. Donino intima di mostrare il contenuto del
sacco e chiede dove stesse andando; Menco risponde che andava raccogliendo la
lana, ma di fronte alle insistenze del baiolo per vedere il contenuto del sacco,
leva il bastone che portava con sé per colpire Donino. Questi reagisce a sua
volta con un bastone, poi, Menco, vista la mala parata, decide di abbandonare
il sacco e di darsi alla fuga. Il sacco contiene stracci e non lana e la
raccolta degli stracci era un’attività permessa solo agli appaltatori, quindi
il baiolo chiede alle autorità
comunali che si proceda contro Menco.
Questo
la trascrizione integrale del documento:
Die
28 Maij 1599
Donino
publico baiolo Cencie / teste
Io Mercore prossimo passato ero alla
Villa si S. Lorenzo in Pantano et trovai a Menco alla fiera di Frontone che
portava questo sacco di cenci su la spalla che gli andava racogliendo lij per
quelle Casa, che si parti da una casa della Madalena de Luca de Pagliano, che
io gli dissi dove andava, lui mi rispose, che andava cogliendo la lana, et io
gli dissi ferma un poco, che voglio vedere quello che hai, et costui alzo il
bastone per darmi, et io ancora nel’alzai un altro, et mi disse poi Donino vedi
ciò che tu vuoi, et lasciaci andare, et io non volsi niente, che gli volsi
questo sacco con questi stracci, che la Gentile moglie di Silvestro mi viste
quando io andai oltre con lui, et lui si cacciò a fugire, et mi lasciò il
sacco, che bisogna sia stato anco per li cenci a quei di Marino d’Erculano, di
Battisto d’Erculano, e però ne dò querela e dimando che si proceda contro.
(Arch. Com.di Cagli - Libri delle
querele)
Le pile idrauliche delle cartiere fabrianesi dove gli stracci venivano ridotti in poltiglia. (*) |
"Stracceria" dell'inizio del '900 (*) |
Lo stato pontificio a più riprese affrontò la questione cercando di regolamentare questo particolare mercato, reso ancora più complicato dalla presenza sul medesimo di incettatori, mercanti e contrabbandieri pronti a muoversi, a seconda delle circostanze e delle leggi, al confine tra legalità e reato, sfruttando talvolta anche la complicità di importanti funzionari dello stato e/o delle cartiere.
Rappresentazione di Fermignano dove si può notare in primo piano la "cartiera". (*) |
Die 13 Giugno 1631
D. Michelangelo Maroni di Cagli /
queralante
Essendo
io appaltatore de stracci di questa Città e Contà sublocatomi dal Sigr
Marco Antonio Mazzannini d’Urbino in questa Città e Contà non può cogliere li
stracci altro che me, ho per inteso che una Donna chiamata la Sienira, che si
trova avanti Casa di Filippino attende a comprarli e farne incetti, et perche
non possono comprare altri conforme alla capitolazione ottenuta dal Padrone
faccio instanza che contro detta Donna si procedi conforme alla giustitia, at
che ci mandino li sbirri a cercarli la Casa, che li trovaranno li stracci, così
dico.
(Archivio
Comunale di Cagli, Libri delle querele)
In
questo atto Michelangelo Maroni rivendica di essere lui l’appaltatore della
raccolta degli stracci per la città e per il contado di Cagli, avendo ricevuto
il subappalto da Marco Antonio Mazzannini di Urbino. Il Maroni ribadisce che
solo lui ha diritto a raccogliere gli stracci e chiede che venga punita una
donna chiamata la Sienira presso la cui abitazione di sicuro gli sbirri
potranno trovare gli stracci dei quali la medesima fa incetta.
Un
altro episodio significativo è quello avvenuto il 29 settembre 1629 di seguito
riportato:
Raccoglitore di stracci in una xilografia del XVII secolo (*) |
Die 29 Settembre 1629
Compare personalmente Mellotius
Barigello di Cagli / reporta
Reporto
a V. S. che questa mattina ho trovato qui nella Città un giovanetto da Frontone
che gli ho domandato il nome mi ha detto che ha nome Piero Baldo da Frontone,
et che haveva una sachetta et la stadiera con li cenci, et io sò che non può
cogliere li cenci ne ordinai prigione, et con me ci è stato a fare detta
Cattura Guido Baldo di Fran° da Mte Maggiore, et del
tutto ne faccio relazione, et gli l’ho levato la sachetta, et la stadiera quale
presento à V. S. et quanto / e dico che lunedì lui ancora questo ragazzetto qui
in Cagli, et Seprico essecutore mio compagno, io anco Baldo fornaro de qui di
Cagli che vende il pane qui in piazza, che lo veddi li che gli là lasciate le
robbe sude con quella sachetta.
Die detto
Guido Ubaldo Francesco de Monte Mauri
/teste
Questa
mattina andando per la Città insieme con Meluzzo esecutore mio compagno, havemo
trovato un ragazzotto che deve essere di Frontone, che haveva una sacchetta
sula spalla, et disse detto mio compagno che cosa è testo, rispose che era una
sacchetta con certi stracci, et così l’ho menato prigione.
Sigsi
che si vedeva quella sacchetta e stadiera
Questa
è la sacchetta che vedo qui mostratami da V. S., è quella proprio che havemo
levata a quello di Frontone.
(Archivio Comunale di Cagli, Libri delle querele)
Nell'immagine una parte del documento del 1629 trascritto da Marcello Mensà (Archivio comunale di Cagli - Libri delle querele) |
L’ultimo episodio curioso del quale ci
occupiamo risale al 30 maggio 1640:
Die 30 Maggio 1640
Jo: Jacomo Julij Barigello di Cagli /
riporta
Hier
sera essendo tornato da Monte Ghirardo assiema con Fran° Piazzro, e Giovanni
mio sbirro per la strada di Cagli lontano da qui trovammo un Contadino che
haveva una somara con un sacco, al quale adimandando cosa fosse, mi disse che in quel sacco vi era
lo scuotano e replicando io se haveva pagato la Gabella mi rispose di si, e
volendo io vedere la bolletta, egli cominciò a venirmi adosso, e poi mi desse
io la bollette l’ho fatta ma lo persa, et in un subbito si pose a fuggire e non
lo poddi arrivare, gli tagliassimo quella somara e la conducessimo a Cagli, e
havemo trovato che in quel sacco pieno di stracci, non c’altrimenti scuotano come diceva lui, ma però io non l’ho
conosciuto chi sia detto Contadino, et perche questo sarà frode, non solo per
non haver la bolletta della Gabella, ma sarà quale che dicesse, che non haver
licenza di raccogliere i stracci lo dicesse passare forsi anco fursi della
Legazione, erò lo reporto a V. S. acciò si facci quanto compete alla giustitia,
havendo io il somaro messo in depositeria, et il sacco di stracci lo presento
qui a V. S. in Cancelleria / trovai anco il ferraiolo di lazzo, un Carniero con
i ferri con una sodellina di biada, nel qual Carniero ci era del pane, delle
noci, fichi secchi, che era sopra il somaro et il ferraiolo lo lasciò cadere
quando si mise a fuggire.
(Archivio Comunale di Cagli, Libri
delle querele)
Anche in questo caso il querelante è
il bargello di Cagli, il quale,
tornando in città da Monte Gherardo insieme con un suo sbirro, trova un
contadino che ha una somara con un sacco. Il bargello chiede al contadino quale sia il contenuto del sacco e
questi risponde che nel sacco ci sono foglie di scotano. Anche il traporto e il
commercio dello scotano, come vedremo in un altro articolo, era ritenuto molto
importante per l’economia del tempo e come tale era severamente regolamentato,
quindi il bargello chiede al contadino di mostrare la “bolletta” che dimostrava il pagamento dei relativi dazi. Il
contadino, però, la bolletta non ce l’ha e quindi prima cerca di trovare delle
scuse, poi si avventa sugli sbirri e, infine tenta la fuga.
L’uomo riesce a
fuggire, ma è costretto ad abbandonare la somara, il sacco e tutti i suoi
bagagli, compreso un ferraiolo, cioè
un mantello, che gli cade quando si dà alla fuga nei campi. A questo punto il bargello apre il sacco per verificarne
il contenuto, ma, con grande sorpresa, scopre che il sacco non contiene scotano
bensì stracci! E’ chiaro che il contadino, vistosi ormai scoperto, aveva
cercato di cavarsela con il male minore, sperando in un minimo di indulgenza da
parte degli sbirri, dichiarando la presenza dello scotano, perché il commercio
abusivo degli stracci era un reato più grave e come tale veniva trattato dalle
autorità. Non per nulla il bargello
nella sua querela sottolinea la doppia frode; la prima per non aver pagato la
gabella, la seconda per non avere la licenza per raccogliere gli stracci.
In realtà, nonostante i continui
interventi legislativi da parte delle autorità pontificie, il commercio abusivo
degli stracci e il loro contrabbando, nei secoli che vanno dal Cinquecento fino
alla prima metà dell’Ottocento, non si sono mai interrotti, anche perché per i
soggetti posti al livello più basso della fitta rete che gestiva i traffici,
quei pochi denari guadagnati in quel modo potevano fare la differenza fra la
possibilità di dar da mangiare alla propria famiglia o meno. E’ altrettanto
vero che le autorità dello Stato Pontificio non hanno mai smesso di perseguire
questi trasgressori, mostrando nel tempo severità e perseveranza.
Nei territori
dell’entroterra pesarese, molto vicini ai confini con il Granducato di Toscana
e cerniera lungo le vie di comunicazione tra Tirreno e Adriatico, le guardie
hanno sempre avuto un bel da fare, poiché questi erano i territori ideali nei
quali si muovevano i contrabbandieri, sfruttando i sentieri di montagna nonché
le coperture e le connivenze offerte dalle popolazioni del luogo. In effetti in
una lettera del delegato apostolico di Pesaro a quello di Ancona del 20 aprile
1825, conservata all’Archivio di Stato di Ancona, questi definisce l’intero
Montefeltro come “un’unica grande zona di
contrabbando”.
Contrabbandieri con il loro prezioso carico. Nel '600, frequentando gli impervi sentieri dell'Appennino avremmo potuto probabilmente vedere scene come questa! (*) |
I territori di frontiera sono sempre stati problematici
nella storia!
(*) Tutte le immagini sono state tratte dalla presentazione del Prof. Augusto Ciuffetti "Carta e stracci" disponibile al seguente link:
http://www.comieco.org/allegati/2016/5/carta-e-stracci_155819.pdf
© G.Presciutti, M.Presciutti, G.Dromedari - giugno 2019
[1] Augusto
Ciuffetti – Il commercio degli stracci da
carta nello Stato pontificio nei secoli XVIII e XIX tra politiche economiche e
pratiche mercantili – Mélanges de l’Ecole francaise de Rome [URL:
http://mefrim.revues.org/2161]
Nessun commento:
Posta un commento