Monte Nerone. Esegesi di un orononimo.

di Francesco Vittorio Lombardi






Premessa *

Questa ricerca è stata iniziata autonomamente senza conoscere ancora un blog su Monte Nerone, cioè: Notizie storiche. Le ipotesi sull’origine del nome, a cura dei redattori di Ver Sacrum1. In esso, a impostazione già in fase avanzata del presente saggio, ci ha colpito questo invito «Speriamo, con queste sintetiche note, di aver chiarito qualche curiosità, ma soprattutto d’aver stimolato altre ricerche che ci spingano a conoscere meglio storia e natura di questo imponente massiccio montuoso del paesaggio appenninico fra Marche e Umbria». L’invito, quali che siano le risultanze, in fondo erat in votis.


Introduzione metodologica.

Come altre volte è stato messo in rilievo, nel campo della etimologia e più specificamente anche nel quadro della filologia toponomastica, ogni interpretazione ha valore fin quando non se ne propongano altre più documentate, attendibili, o comunque convincenti.

Con questa consapevolezza si tenterà comunque di addentrarsi nella problematica della denominazione di quel massiccio montuoso dell’Appennino centrale che, da quando se ne ha memoria documentata, porta il nome di Monte Nerone o analogo, come si vedrà.

Si tenga ben presente, già in partenza, che – a quanto risulta – il nome di Monte Nerone, così come è stato tramandato fino ad oggi, compare per la prima volta – al genitivo - solo in un documento del 1235 (testamento di Gentile Brancaleoni di Piobbico)2. Purtroppo né per l’epoca altomedioevale, né tanto meno per l’epoca romana e preromana, si hanno citazioni specifiche di tale nome. Questa constatazione di vuoto assoluto obbliga l’esegeta a procedere per induzioni e deduzioni collegabili con tutta una serie di correlazioni unicamente intuibili, per cercare di proporre almeno una ipotizzabile interpretazione,

In ogni modo, tuttavia, se si accetta per intuito che questo oronimo può essere di matrice latina o pre latina (al di là delle attribuzioni a notabili personaggi storici)3, bisogna tuttavia premettere che – linguisticamente argomentando4 – l’ideatore del termine (o dei termini in fase diacronica) è stato un solo soggetto e che poi - via via – da lui il vocabolo è passato di bocca in bocca e di mente in mente, e si è sedimentato nel comune pensiero e nel comune linguaggio per un uso mnemonico comunitario degli abitanti di tutto un vasto circondario.

Comunque, si tenga ben presente che il nome dei monti, certamente ancor più di quello dei toponimi, e perfino ancor più di quello dei fiumi (che hanno un corso più o meno lungo dalle sorgenti alla foce) hanno invece una fissità di posizione, con un’area propria. Ma proprio per questa natura, in genere il nome primitivo di un monte si ‘fossilizza’ negli idiomi locali (salvo variazioni occasionali o talora dotte5) e si tramanda più o meno immutato, anche se talora deformato, più a lungo nel tempo e con maggiore conservazione nelle società rurali.

In questo complesso contesto, a livello metodologico si cercherà prima di tutto di delineare una ricognizione geografica; in secondo luogo si proporrà una ricognizione storica delle prime notizie conosciute di questa caratteristica denominazione: inoltre la singolarità del nome richiede una possibile comparazione con oronimi similari e una sua possibile derivazione da essi, per un fenomeno di estensione linguistica accrescitiva

Infine si tenterà di dare una retrospettiva interpretazione antropologica, naturalistica e con metamorfosi semantiche pur nella perduranza dello stesso nome.

Sullo sfondo il versante nord di Monte Nerone visto dalla Carpegna

Introduzione geografica

Senza entrare nei complessi settori dell’orogenesi e della formazione geologica, nonché delle connotazioni geografiche, per i quali esistono anche ricerche, studi e pubblicazioni scientifiche6, si possono almeno delineare alcuni aspetti generali attinenti alle tematiche di questo saggio.

Il massiccio del M. Nerone è una di quelle emergenze montagnose delle alte Marche che si eleva fino a 1526 m. s m. e si trova staccato dalla dorsale appenninica sul versante adriatico. Pur diverso sul piano geologico e gravitativo, geograficamente appare in una specie di successione mega -ondulata che da nord parte dal M. Carpegna (m. 1415) e a sud – est di esso prosegue con il M. Petrano (m. 1108), con il M. Catria (m. 1702), con il M. Strega 1276) e con il M. S. Vicino (m. 1479).

Il complesso della sua mole si articola in altezza in due principali prominenze: la vetta vera e propria e la frontale altura detta ‘Montagnola’ (m. 1488). Nel complesso, da lontano, la sua conformazione appare come una calotta quasi strapiombante da ogni parte: grosso modo, a nord sopra Piobbico (m. 386); a est sulla Cardella (m. 553); a sud su Pianello (m. 386) e su Secchiano; mentre la pendenza, pur elevata, è meno accentuata verso il valico di Serravalle di Carda (m. 697).

Il massiccio del M. Nerone, così circoscritto visivamente a volo d’uccello, è pressoché circondato da due solchi vallivi fluviali convergenti. Il corso d’acqua sud orientale è rappresentato dal torrente Bosso con il suo affluente di sinistra che scende da Serravalle di Carda, detto anticamente ‘Fosso Sergio’ e ora Fiumicello. Il Bosso poi confluisce sul torrente Burano a Cagli e il corso fluviale scende sino ad Acqualagna, dove si immette nel Candigliano. Il ramo nord occidentale è rappresentato a monte da un tratto del torrente Biscubio, dalla confluenza in esso del Rio Vitoschio. A Piobbico si immette nel fiume Candigliano, proseguendo fino ad Acqualagna, e dopo le gole del Furlo confluisce nel Metauro.

Il versante sud di Monte Nerone


Introduzione storica.

A quanto risulta, nei primi decenni del ‘600 (1613) Sebastiano Macci7 ebbe a divulgare per primo l’associazione del nome di Monte Nerone con il famoso console Claudio Nerone, vincitore di Asdrubale nella battaglia del Metauro (207 a. C.). Da lui deriva tutta l’erudizione sette ottocentesca et ultra, di tale connessione poco verosimile sul piano storico, almeno a tutt’oggi.

Il Tarducci (1897), fece un po’ il riassunto delle varie interpretazioni, senza peraltro proporne una propria. « … e dicono si chiamasse una volta Montetremendo (Bricchi, 157). Onde traesse il nuovo nome, che alcuni guastarono in Monte Negrone o Montelirone non uno è il parere …altri da Domizio Nerone che, a dir loro, qua se ne venne alcune volte a diporto nelle migliori stagioni dell’anno: altri, con maggiore probabilità, da Claudio Nerone che là intorno fece la massa delle sue legioni contro Asdrubale, del quale poco di là distante, riportò segnalata vittoria»8.

Nell’interessante blog, già citato, si ripercorre in gran parte questa storiografia erudita antica e si propongono altri accenni di ricerche moderne. In particolare va sottolineata la connessione con voci sabine, dove, come è ampiamente noto, il termine ‘nero’ aveva il significato di ‘forte’ ‘valoroso’, riferito ad antroponimi. Ma una estensione anche naturalistica (o viceversa), per mimesi concettuale e linguistica è del tutto comprensibile, e gli esempi sono innumerevoli.

Peraltro, è noto che i Sabini hanno colonizzato tutta la fascia dei due versanti appenninici, fino al fiume Crustumium (Conca), come risulta dai molteplici municipi romani ascritti alla tribù ‘Crustumina’, e, in particolare, quelli adiacenti alle falde del Nerone: come Tifernum Mataurense (Sant’Angelo in Vado)9 e Pitinum Mergens (Pole di Acqualagna)10.

Cavalli al pascolo a Monte Nerone con vista sui monti Petrano, Acuto e Catria


Interpretazione per connessioni diacroniche

Prima di ogni altra considerazione bisogna prendere atto che, almeno anche dall’uso orale e nella tradizione del volgare italiano perdurante fino ad ora, l’appellativo di ‘Monte Nerone’ porta ad escludere una derivazione genitivale, cioè ‘Monte di Nerone’. Il che già è un teorico indizio per escludere il nome alla appartenenza ad una persona. Per i ceppi linguistici precedenti, al momento non si hanno testimonianze di alcun genere.

Tuttavia, in mancanza di fonti documentarie antiche, tenuto conto che - come si è accennato – in via generale il nome dei monti hanno in loco una comprensibile perduranza nel tempo (certamente più dei toponimi e degli idronimi) quello di Monte Nerone potrebbe avere un’origine latina o addirittura pre latina: ma bisogna vedere in che senso e con quali variazioni semantiche in chiave diacronica.

Per tentare una simile ipotesi bisogna cercare di immedesimarsi nella mentalità concettuale degli antichi abitatori del circondario. In generale l’uomo arcaico aveva un bisogno pratico di designare e comunicare ad altri ogni aspetto del mondo naturale in cui essi vivevano, per un uso mnemonico comunitario. Nel caso particolare un nome non poteva mancare per un monte così imponente, come il monte Nerone.

A titolo comparativo, non è un caso che la frontale emergenza montuosa, conosciuta da secoli  fino ad oggi con il nome di Mondiego, nei primi documenti medievali era latinamente designata come Mons Equus, cioè Monte Cavallo, forse dalla sua forma vista da una certa angolazione11.

Come è noto e come è stato sottolineato anche da altri, l’onomastica gentilizia latina (e pre latina di matrice umbro sabina) aveva fra i suoi appellativi il nome di ‘Nero – Neronis’12. Questo antico termine di matrice sabina non era allora minimamente collegato con il posteriore significato di ‘colore assolutamente oscuro’, ma aveva il valore semantico di ‘valoroso, coraggioso, forte’. Per il colore ‘nero’ si usava il termine ‘niger / nigrum’ e simili.

Come si è accennato, tuttavia, per estensione comparativa - come in tanti altri casi – il termine può essersi trasmesso al massiccio montuoso, quasi a trasferire in una emergenza montuosa naturale la forza, la potenza e l’imponenza che in origine contraddistinguevano le qualità di un soggetto umano.

Una constatazione induttiva e deduttiva appare logica ed evidente. In epoca latina (e pre latina) un nome quel monte doveva pur averlo nel comune linguaggio, quanto meno delle popolazioni del circondario visuale.

Se si ammette, in via teorica generale, la perduranza nei secoli del nome dei monti, la denominazione antica più presumibile è appunto quella di monte ‘Nero’, secondo la concezione significante umbro sabina e latina.

In questo quadro, tuttavia, bisogna pensare ad una commutazione di significato, cioè ad una variazione concettuale di carattere antropologico. In pratica il termine ‘Nero’ poteva anche esistere in epoca latina (o pre latina) presso le popolazioni locali, con significato che si è detto: grande, imponente. Ma allora bisogna pensare che nella tarda latinità dialettale o nella concatenata fase di sovrapposizione della parlata del volgare italiano, il termine arcaico di ‘Nero’ sia stato contagiato dal nuovo significato cromatico di ‘nero’ che da ‘nigrum’ via via aveva assunto la significazione del più oscuro dei colori.

Un’altra ben più conosciuta montagna da qualche secolo si chiama ‘Monte Bianco’, ma non sappiamo se in lingua latina si chiamasse ‘Mons Albus’, prima delle varie denominazioni posteriori, come ‘Mons Maudit’, ‘Mont Malet’ con significato di ‘monte maledetto’. Similmente il ‘Monte Rosa’.

I prati sommitali del Nerone


Interpretazione per comparazioni recenziori.

A questo punto occorre aprire una parentesi. A prima vista il nome di Monte Nerone appare un unicum nella orografia italiana e generale a nostra conoscenza. Ma esso potrebbe essere una derivazione linguistica, con una base che connota tanti altri casi similari. Anche rimanendo solo in Italia per tutta la sua estensione naturale, vi sono decine di località che tuttora sono denominate ‘Monte Nero’ o ‘Montenero’ e simili. L’elencazione è superflua.

Ma ai fini di questa ricerca quelli più rappresentativi sono i nomi di altri monti che hanno la stessa radice e analoga scansione: Monte Nero in Sicilia (CT) è una propaggine dell’Etna; Monte Nero in Calabria (CS) m. 1281, è vicino S. Giovanni in Fiore; Monte Nero in Puglia (FG) m. 1054, è vicino S. Marco in Lamis; Monte Nero in Emilia (PC –PR) m.1752, è non lontano da Bedonia; Monte Nero sull’Isonzo (ora in Slovenia) m. 2245, è famoso per la Ia Guerra Mondiale. L’elencazione è solo paradigmatica.

Si può supporre che il nostro massiccio gibboso, visto dalla parte nord di Piobbico dove non batte quasi mai il sole, abbia rimarcato ancor di più il nome dalla colorazione cupa, rispetto alla angolazione solare, accentuata da una scura vegetazione cedua di faggi e piante d’altitudine13. Si venne così, almeno in parte, a suscitare e a confermare nell’immaginario collettivo l’idea di un ‘monte nero’

Infine, si può ipotizzare una specie di traslazione nel linguaggio locale e circondariale: cioè l’originario ‘Monte Nero’ agli occhi e alla fantasia degli abitanti di una certa epoca storica (presumibilmente post latina), appariva come il più massiccio per conformazione rispetto a quelli viciniori, come il Carpegna, Mondiego, Petrano, Strega, S. Vicino e perfino Catria che, nonostante la maggiore altezza, non presentava da ogni parte la imponente mole che presentava invece il supposto ‘Monte Nero’. Così la sua gigantesca calotta appariva da chi lo vedeva da vicino, ma anche da lontano, dalla Carpegna, da Urbino, dalla dorsale fra Metauro e Candigliano14, dalla zona di Acquapartita di Apecchio, dalla cima del Petrano.

La spia indiziaria che nel 1235 il monte venisse ancora chiamato ‘Nero’ ci viene dal testamento dettato dal Brancaleoni. In esso si dichiara ‘ … a summitate montis Neronis et montis Equi intus.’. Si sottolinea che solo ‘Nero’ fa al genitivo ‘Neronis’, mentre un ‘Mons Neronus’ avrebbe fatto ‘Mons Neroni’ e non ‘Neronis’ e ‘Mons Neronius’ avrebbe fatto ‘Mons Neronii’. Anche ‘montis Equi’ è un genitivo che dipende da ‘a summitate’.

Mucche al pascolo


Una esegesi a ritroso.

A tutt’oggi, ma almeno dal tardo medioevo, si tramanda popolarmente (e, salvo errori di trascrizione, anche dottamente) la denominazione di ‘Monte Nerone’, con interpretazioni etimologiche varie, più o meno credibili, ma, a nostro parere, soprattutto di carattere morfologico – naturalistico, in senso diacronico.

In effetti, tenendo conto delle comparazioni con i su citati casi di radicali analoghi, forse già nel dialetto tardo latino, ma ancora sicuramente agli albori del concatenato volgare italiano, il monte stesso probabilmente era denominato ‘Nero’, dopo la trasformazione cromatica da ‘nigrum’ in ‘nero’.

Ma questo stesso monte trovava, a ritroso nel tempo, uno stesso termine ‘Nero’ sia pure con significato del tutto diverso, cioè quello di ‘forte, imponente’, mutuato dall’onomastica latina e pre latina. Così, nel corso dei secoli, quello che mutò fu il significato, ma restò inalterato il vocabolo: salvo, come si disse, la aggiunta della desinenza accrescitiva da ‘Nero’ a ‘Nerone’.

In fondo la chiave di lettura di questo fenomeno di metamorfosi resta il documento del 1235, redatto in latino da un notaio medievale su dettatura del testatore. Questo significa che ancora a quei tempi nel linguaggio parlato la denominazione del monte era ‘Nero’. In effetti, solo ‘Nero’ si declina al genitivo come ‘Neronis’, come appunto lì è riportato.

In questo modo, per suggestioni popolari, può intuirsi anche la fase della successiva trasformazione in senso accrescitivo e maggiorativo da Monte ‘Nero’ a Monte ‘Nerone’.

 

*L’autore di questo articolo ha già pubblicato un opuscolo su ‘Origine e significato del nome di Catria’. Urbania 2003; ed ha già redatto una ricerca sul Monte Titano dal titolo ‘Cui vocabulum est Titas. Saggio di filologia toponomastica sammarinese e riminese’ (in attesa di pubblicazione).

Note:

1. Montenerone VER SACRUM, Spunti di ricerche di storia locale.

2. Originale, Urbino, Arch. di Storia dell’Università, b. 15, n. 5(1235, sett. 8). Ed. L. MORANTI, Carte del secolo XIII nell’Archivio Storico Urbinate, in Studi in onore di Riccardo Filangieri, I, Napoli 1969, n. 3, p. 210. C. CURRADI, Pergamene sull’origine dei Brancaleoni di Piobbico. (Atti I Conv. di storia locale, Piobbico 1983), Urbania 1985, n. 4, p. 124.

 3. Cfr. A. TARDUCCI, Piobbico e i Brancaleoni. Memorie storiche, Cagli 1897, pp. 243 – 244.

4. Linguisticamente, l’inventio di una parola è sempre ideazione di un singolo, la diffusione è poi convenzionale. Per un excursus, V. PISANI, L’etimologia – storia- questioni – metodi, Torino 1947, cap. I, pp. 7 – 48.

5. Uno dei casi paradigmatici è proprio questo di M. Nerone, trascritto per errore come Monte Lirone (e ripetuto come M. Lerone). Cfr. la Corografia del Ducato di Urbino di IGNAZIO DANTI, dipinta nella Galleria delle Carte dei Musei Vaticani su suoi cartoni (1583).

6. In particolare si cita il classico lavoro di R. SELLI, Il bacino del Metauro. Descrizione geologica, risorse minerarie, idrologia, Bologna1954, passim. Per i toponimi e soprattutto per gli idronimi locali minori dell’area sud del M. Nerone, si veda l’approfondito articolo, I nomi dei luoghi e le origini di Pianello nei documenti, in Pianello di Cagli Viaggio nella storia di una vallata di Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Giuseppe Dromedari (2010). Tra gli altri torrenti che da Serravalle, Pieia e Cerreto scendono verso Pianello, quello che scandisce maggiormente le pendici del Nerone è appunto l’attuale Fiumicello (in antiquo ‘Fosso Sergio’).

7. SEBASTIANI MACCI DURANTINI de bello Hasdrubalico libri quattuor, Venetiis 1613, L. IV, p. 60.

8. TARDUCCI, Piobbico, cit., pp. 243 – 244..

9. Tifernum Mataurense. I, Un municipio romano verso il terzo millennio (Atti del Conv. di studi, Sant’Angelo in Vado, 12 ottobre 1997).

10. F. V. LOMBARDI, Pitinum Mergens (regio VI). Una filologia per una archeologia (in fase di pubblicazione su «Picus».

11. Cfr. atto del 1235 citato a nota 2 prec. ‘… a summitate montis Neronis et montis Equi intus.’.

12. A. GELLIUS, 13, 23, 4 e 7. G. DEVOTO, Le Tavole di Gubbio, Firenze 1967, p. 9. E. PERUZZI, I Romani di Pesaro e i Sabini di Roma, Firenze 1990, pp. 254 – 255. Cognomina nn. 227, 233, 253, 254, 256. W. SCHULZE, Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen, Berlin 1933, p. 67.

13. Per una vegetazione cedua ottocentesca, v. D. MATTEUCCI, Il Montenerone e la sua flora, Città di Castello, 1893.

14. Per il popolamento d’epoca romana di questa zona preminentemente prospiciente il lato nord del M. Nerone, si vedano i reperti in W. MONACCHI, La zona occidentale, in La media vallata del Metauro nell’antichità, (a c. di M. LUNI), Urbino 1992, pp. 55 e ss. Per le restanti angolazioni si veda l’apparato delle immagini da riportare in allegato.

 


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