Viaggio da Apecchio a Cantiano: le vallate dei Casilates, Pieienates e Claverni, antiche tribù della Tota Ikuvina.

di Ferdinando De Rosa


Tratto di strada fra i boschi, residuo dell'antica viabilità

Fra le ipotesi degli studiosi di storia locale, alcuni hanno pensato alla possibile origine del nome APECCHIO derivandolo da APEX (apice o collina), altri invece ritengono che possa derivare da AGER PECORIS (campo di pecore), altri ancora legano l'origine al nome PICUS (il picchio dei Piceni), il totem della tribù che presumibilmente abitava le nostre vallate appenniniche.
Le verdi vallate appenniniche che vanno dall'attuale Apecchio fino a Cantiano, sia nel versante orientale che degrada poi verso il mare che in quello occidentale rivolto verso il cuore dell'attuale Umbria, erano abitate in epoca preromana da alcune tribù degli Umbri, che facevano capo alla comunità di Gubbio detta TOTA IKUVINA.
Gli antichi Umbri avevano colonizzato tutta l'Italia centrale ma poi si erano ritirati nelle zone montane a cavallo dell'Appennino, spinti dalla pressione degli Etruschi, che hanno avuto come centro di riferimento della loro cultura il triangolo compreso fra mare Tirreno ed i Fiumi Arno e Tevere.
Scendendo verso sud a partire dalle Romagne troviamo tutte le popolazioni appartenenti alla GENS umbra, come i Sarsinates (insediati nella zona di Sarsina appunto), poi i Tifernates  nella vallata dell'attuale Città di Castello (antica Tifernum), quindi la comunità degli Ikuvini (come punto di riferimento Gubbio, antica Ikuvium) ed ancora più a sud ritroviamo gli Umbri Camertes che abitavano la zona di Camerino.
Nel versante orientale verso l'adriatico erano stanziati i Pitinates Pisuertes (attuale Macerata Feltria) e Pitinates Mergentini (Pitinum Mergens, nella zona di Pole di Acqualagna).
Nel versante tirrenico gli Umbri confinavano con gli Etruschi e, ricordando che costoro chiamavano il loro popolo RASENA (RAS-NA cioé signori-dell'acqua!, mentre i popoli nemici preferivano tradurre come "pirati"!!!), può essere interessante annotare come alcuni toponimi ci ricordano questa presenza etrusca.
Infatti vicino a Sarsina c'è un paese di nome Rasenna il cui nome è evidentemente sopravvissuto nei secoli, lungo il fiume Tevere c'è un paese che si chiama Resina evente la medesima origine e la città di Todi era una città umbra situata al confine con gli Etruschi da cui erano divisi dal Fiume ed infatti in umbro confine si dice tuder, mentre in etrusco si diceva tular.
Le tribù erano sparse sui propri territori che gravitavano e facevano riferimento politico-religioso  alla comunità "TOTA" di Ikuvium, che risultava vicina e non distava più di una giornata di cammino, in modo da consentire la presenza durante le cerimonie congiunte che si tenevano periodicamente come appunto Chiaserna o Apecchio nei confronti di Gubbio
La comunità di Gubbio ci è nota ed è supportata da evidenze archeologiche molto importanti sotto forma di sette tavole di bronzo scritte su entrambi i lati e che presentano fori sulla parte superiore, a testimoninza del fatto che dovevano essere appese all'interno del tempio per potere essere lette dal popolo su entrambi i lati.
Le tavole sono state ritrovate nel 1444, quattro di queste ed una parte sono scritte in alfabeto umbro antico che risale al periodo 200-120 a.C. e le rimanenti sono scritte in alfabeto latino adattato e risalgono al 150-70 a. C.
Queste ultime trattano gli stessi argomenti di quelle più antiche e ciò significa che nel frattempo la comunità si era evoluta ed era passata dall'alfabeto umbro a quello latino mantenendo le medesime regole religiose e quindi il tempio aveva adeguato le proprie tavole alla lingua che il popolo  comprendeva di volta in volta.
Appartenevano alla TOTA IKUVINA inizialmente dieci TRIFU (tribù), che nel passare del tempo sono diventate dodici con l'aumento della popolazione e la conseguente espansione territoriale.
Riportiamo i nomi delle tribù e le relative ipotesi di localizzazione: Atiedia (presso Attiggio di Fabriano), Klavernia (Chiaserna di Cantiano), Kureiate (Coretio di Gubbio), Kasilate (Caselle di Apecchio), Perasnana (Piccione di Perugia), Talenate (Gualdo Tadino), Jovieskana (Cagli, tempio di Giove Grabovio), Satana (Sata presso Gubbio), Museiate (Montone di Umbertide), Pieienate (Pianello e Pieia di Cagli).
In seguito le tribù aumentano e si formano la Kureiate II e la Kasilate II, la prima nella zona di Gubbio e la seconda si espande dalla zona originaria di Val di Caselle verso Apecchio, San Martino, Piobbico e Urbania.
Qui infatti si ritrovano toponimi umbri interessanti a Piobbico come Monte del Picchio (divinità Piquier Martier), Caldare (Colle delle Are, ricordando che per gli Umbri gli altari dei sacrifici alle divinità erano sempre in numero di tre), e nella zona di Urbania come Treara e S. Andrea in Val d'Ocre, (ricordando che l'Ocre era la collina in cui venivano fatte le cerimonie religiose e l'osservazione del volo degli uccelli per trarne gli auspici).
Queste tavole, oltre all'importanza religiosa, dal momento che ci descrivono le abitudini e le divinità del panteon umbro, rivestono notevole interesse per conoscere lo sviluppo territoriale e l'ubicazione della popolazione.
La Tav. Ib scritta in alfabeto umbro, descrive la cerimonia espiatoria che era riservata solo agli appartenenti alla Tota, alla riga 16 recita: "akeruniamem, enumek eturstamu tuta tarinate, trifu tarinate, turskum, naharkum numem, iapuzkum numem.....svepis habe, purtatulu pue mers est, feitu uru pere mers est" che si traduce "giunti ed Acedonia, si bandiscano la comunità tadinate, la tribù tadinate, gli etruschi, i naharti (quelli di Terni), gli japurski (verso la zona di Urbino)....se si sorprende qualcuno di quei nomi si portino dove è legge e gli si faccia ciò che è legge".

Esempio di un lato di una tavola ikuvina
Questa tavola ci fa conoscere quali erano i popoli che confinavano con la comunità di Gubbio e cioè  tutti coloro che abitavano la zona di Gualdo Tadino, gli Etruschi di Perugia, i Nahartes di Terni e gli Japurski che abitavano oltre Urbania fino al mare Adriatico.
Un altro passo relativo alla Tav. Vb (riportiamo solo la traduzione) descrive i patti tra la confraternita e le dieci tribù (decuvie) e dà indicazione sui comportamenti che le tribù devono tenere quando vanno alle cerimonie tutti insieme a Gubbio, in occasione delle riunioni periodiche:
        "I Klaverni devono portare ai Fratelli Atiedii, secondo l'estensione, 4 pesi di farro del campo tlatio di Picchio Marte ed una cena ai due uomini che sono venuti a ritirare il farro, oppure 6 assi (è una unità di moneta).
        I Kasilati devono portare ai Fratelli Atiedii, secondo estensione, 6 pesi di farro del campo casilo di Picchio Marte ed una cena ai due uomini che sono venuti a ritirare il farro oppure 6 assi.".
Annotiamo subito come si dovesse trattare di tribù importanti e ricche e quindi in grado di  portare in dono alla comunità il farro sacro prodotto nei campi del tempio ed in particolare che i Casilates dovevano portare la quantità maggiore.
Ci interessa in modo particolare questa ultima frase sui Casilates e la citiamo direttamente in lingua umbra :"kasilos dirsa herti fratrus atiersir posti acnu farer opeter VI agre casile piquier martier et sesna homonus duir, puri far esculent, ote a. VI".
La frase agre casile piquier martier "del campo casilo di picchio marte" ci indica il nome della divinità di questa tribù, PICCHIO MARTE, e inoltre fornisce un'indicazione del campo in cui veniva coltivato il farro da portare alla festa di tutte le tribù, che era evidentemente prodotto in un campo del tempio, cioé sacro.
In località Caselle di Apecchio, proprio sottostante l'attuale cimitero c'è il campo che è anche oggi riconoscibile avendo mantenuto nei secoli la sua originale toponomastica, infatti è chiamato "camp' d' mars" cioé campo di marte.
A riprova che si tratti dello stesso campo c'è il fatto che vi siano state ritrovate monete antiche che vanno dal III al I secolo a. C.! E' un luogo sacro che è stato utilizzato per lungo tempo, presumibilmente fino a quando il cristianesimo non avrà spazzato via le ultime credenze pagane!
Nel territorio dell'odierna Città di Castello erano dislocate le tribù umbre dei Tifernates, che erano in collegamento con quelle di Gubbio sia attraverso i percorsi che seguivano il fiume Tevere sia attraverso le vallate appenniniche che vanno verso Apecchio e Cantiano fino a Chiaserna, attraversando le tribù Kasilates, Pieienates, Klaverni.
In particolare lungo questi tragitti e nei loro dintorni troviamo toponimi riconducibili al periodo umbro (OKRE ed altri) e addirittura resti dell'antica via umbra!

L'antica Via Umbra dei Monti - L'ipotetico tragitto dal territorio dei Tifernates, verso i Casilates, Pieienates e Claverni
Apecchio quindi con molta probabilità è il nome che deriva da ad piquier, derivando la sua origine dalla divinità protettrice della tribù abitante nella zona, come i toponimi di Caselle e Val di Caselle testimoniano della presenza della tribù Casilates, anzi ci viene dato il luogo esatto del tempio che era nel campo in cui si coltivava il farro (camp d' Mars).
Ancora Valdarecchia, il cui nome deriva presumibilmente da Vallis Aricula, cioé valle della piccola ara, e Vecciaro, presumibile nome indicante vetus ara, la vecchia ara, ci indicano luoghi sacri così come anche Spina, che era il nome della colonna su cui si facevano i sacrifici.
Il nome della collina sacra è ricordato nelle zone umbre dai toponimi Coacri, Ocricoli, Val d'Ocre.

Un tratto dell'antica via umbra che univa Tifernum con la tribù dei Claverni passando per il territorio dei Casilates e dei Pieienates
E' interessante la zona abitata dai Pieienates, (Pieia) in cui i toponimi sono stati poco modificati dal tempo a causa della scarsa urbanizzazione avvenuta nei secoli, nella quale ritroviamo il Torrente Certano, che esiste anche in Toscana, e la cui origine è attribuita a KERRIA, la divinità protettrice delle messi.
In una radura del bosco è localizzato il (Cerbini Locus, il luogo di Cerbio o Cerfio) e vi ricordo che Marte poteva avere l'attributo di Picchio, ma anche quello di  Cervo (cerfio o cerbio). Il toponimo dedicato a Cerbio si ritrova spesso nelle nostre località ed è a qualche importante sorgente o gorga presente nei corsi d'acqua: Cerboni, Cerbara, Campo di Cerbino....
Ancora notevole è il fatto che Fondarca, una grotta parzialmente crollata in cui sono state scavate anche tracce di abitato preistorico, è un nome che spesso si ritiene derivante dall'arco in pietra che è sopravvissuto al crollo della grotta, ma in realtà nei documenti medioevali è nominata Fons Arculi e  questo ci fa capire che il nome possa ragionevolmente derivare dalla "Fonte di Ercole".
Questa è indice di una enorme sorgente, poiché Ercole è sinonimo di grande, ed infatti pochi metri sotto la grotta c'è una grande emergenza d'acqua che nel periodo di piena è un vero fiume!
A testimonianza della presenza a Pieia delle tre divinità tipiche degli Umbri, c'è un campo denominato  CAMPO DI TROMANDA che nelle antiche carte svela più facilmente la sua origine essendo riportato come tri mantis cioé il campo dei tre indovini (mantis era colui che faceva le divinazioni osservando il volo degli uccelli o le interiora degli animali offerti alla divinità).
Tra Pieia e Serravalle di Carda, nel dirupo soprastante il Fosso della Cornacchia (era l'animale infausto che era contrapposto presso gli Umbri a quello fausto che era appunto il picchio!) ritroviamo proprio il punto di osservazione COL DI SPINICCHIO, che è il collis speculi cioé il .



Ancora due tratti della sopravvissuta Via Umbra dei monti
Questo viaggio nelle vallate che vanno da Apecchio a Cantiano ha fissato l'attenzione sui nomi dei luoghi, un poco modificati dai secoli ma ancora comprensibili e pieni di significati importanti, che ci hanno permesso un viaggio nella storia dei nostri progenitori e ci ha dato la possibilità di risalire agli antichi abitanti.
Dunque forse anche le abitudini e le tradizioni potrebbero essere sopravvissute come i toponimi? Attualmente in Apecchio, ma anche Urbania ed un poco in tutte le zone appenniniche circostanti, è diffusa l'usanza di preparare nel periodo primaverile (Pasqua) un dolce denominato “Bostrengo” o “Bustrengo” che si prepara sfruttando ingredienti facilmente conservabili (noci, fichi secchi, uva secca, mela, dolcificanti) con altri di produzione giornaliera (latte, uova) al fine di riutilizzare e non sprecare il pane secco.
Una tipica ricetta prevede:
500 grammi di riso; 250 grammi di nocciole e noci; 300 grammi di pane secco;1 litro di latte; 400 grammi di zucchero/miele; 150 grammi di fichi secchi; 200 grammi di uvetta; 100 grammi di cacao amaro; 3 uova; 400 grammi di zucchero; 1 mela; 1 bicchierino di liquore dolce; buccia grattugiata di 1 arancia biologica; zucchero a velo a piacere.
A parte il riso e l'aroma che viene fornito dalla scorza grattugiata di arancia, sono tutti ingredienti noti fin dall'antichità ed in particolare quando si assaggia questa torta si nota che il gusto prevalente che si percepisce è quello dei fichi e questo mi ha portato ad ipotizzarne l'origine in epoca molto antica, addirittura preromana.
Anche la conoscenza tradizionale di questo dolce che è diffuso nel territorio anticamente occupato dagli Umbri (Apecchio, Piobbico, Urbania, Cantiano, Montefeltro) sembra avvalorare l'ipotesi dell'origine.
Le Tavole Ikuvine, in cui leggiamo della tribù Kasilate che occupava inizialmente il territorio di Apecchio, dal quale si era poi allargata fino a Piobbico e Urbania, in molte delle cerimonie religiose descritte nelle tavole stesse fanno riferimento all'uso di torte sacrificali. Ad esempio nella tav. VIa e VIb testualmente si legge: “tases persnimu seuom. surur purdouitu, proseseto naratu, prosesetir mefa spefa, ficla arsueitu, aruio fetu, este esono heri uinu, heri poni fetu, uatuo ferine fetu” ….”prosesetir strusla, ficla arsueitu”.
“In silenzio si preghi la formula sevo. Quindi si sacrifichi, i visceri si dichiarino (non difettosi), ai visceri si aggiunga la torta mefa e la ficla. Si offrano i grani. Questo sacrificio si compia sia con il vino sia con la bevanda. Le vittime si offrano sul tavolato” ….” ai visceri si aggiunga la torta strucla e ficla”.
Sono tanti gli altri passi delle tavole che descrivono le varie cerimonie:  per l'espiazione, in onore della bevanda, in onore del cane rosso, per la lustrazione/benedizione, per i responsi/ vaticini; in tutte le cerimonie compaiono, oltre al vino ed alla bevanda, altre torte denominate farsia (torta di farro dedicata a Marte), tensedio, petenata, arclataf
Naturalmente oggi è difficile immaginare di quali torte si possa trattare, se non con uno sforzo di fantasia e di immaginazione e soprattutto con il paragone rispetto alle torte tradizionali ancora gustate nelle nostre zone.
La torta farsia sicuramente era una semplice torta di farro, come la mefa poteva essere di miele e farro e la strucla o strusla poteva presentare l'aggiunta di grasso animale (strutto) come ancora oggi si è soliti fare nel preparare la sottile piada o anche la torta cotta sulla piastra di pietra che nelle campagne apecchiesi è denominata “ i crostli”.
Non abbiamo idea del tensedio, forse si trattava di una pasta sfoglia probabilmente fritta, e possiamo ipotizzare che petenata e arclataf si possano riferire alle modalità di cottura dato che probabilmente si preparavano sul posto, cioè graffiata/pettinata con la forchetta in modo che vi risultino impresse delle righe parallele o arcuata a causa della cottura sulla brace che provoca la deformazione.
La torta ficla era probabilmente fatta impastando i fichi ed altri frutti secchi con uova, latte e pane secco recuperato et voilà il bostrengo degli antichi umbri!
La TORTA  era chiamata SPEFA .
SPEFA FARSIA (dedicata a Marte era fatta con Farro);
SPEFA MEFA (torta con miele),
SPEFA STRUCLA (con l'aggiunta di strutto),
SPEFA TENSEDIO (probabilmente in forma di sfoglia fritta).
SPEFA PETENATA (cotta al momento in graticola e graffiata con la forchetta),
SPEFA ARCLATAF (deformata dalla cottura in forma arquata).
Di seguito si riporta un frammento di testo di una delle Tavole Ikuvine con relativa traduzione.

                          TAVOLE IKUVINE
                    
PATTI TRA CONFRATERNITA E DECUVIE
                                                     
V b   8-18   In lingua umbra
Traduzione di Ferdinando De Rosa

© 2016 by Ferdinando De Rosa - Tutti i diritti riservati




1 commento:

  1. Jovieskana (Cagli, tempio di Giove Grabovio , mi risulta che il tempio di Giove Grabovio sia collocato a Pontericcioli nella vecchia strada romana prima del valico che porta alle salite della Scheggia. Questa ricostruzione dei luoghi di insediamento delle tribu non tiene dimentica il territorio tra cagli eFrontone dove sono stati trovati insediamenti o villaggi del periodo Villanoviano riconducibili al periodo Umbro

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