Il Fosso di Tério (o di Téria)

di Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti e Giuseppe Dromedari



Le cascate del Fosso di Terio (fotografia di Gabriel Luchetti)


   Il Fosso di Tério (o Téria), lungo la strada provinciale che collega Cagli alle frazioni di Secchiano e Pianello, è diventato negli ultimi anni una delle attrazioni turistiche più frequentate del Comune di Cagli. Il luogo è indubbiamente di una bellezza unica e questo giustifica l’enorme afflusso di turisti che, a causa della delicatezza e fragilità del particolare habitat naturale presente nel fosso stesso, sta creando una pressione antropica troppo elevata che, forse, andrebbe in qualche modo gestita e/o regolamentata.

   In questa nota, però, non vogliamo occuparci degli aspetti naturalistici della zona, sebbene molto belli e particolari, come è facilmente visibile dalle foto, ma cercheremo di inquadrare l’importanza storica del luogo e del toponimo nel quadro più ampio della storia locale.

   La morfologia dell’area, uno stretto canalone che mette in comunicazione la vallata del Bosso con la vallata di Cantiano, ha fatto sì che fin dall’antichità il luogo abbia rappresentato una zona di confine e, in quanto tale, sorvegliata in modo particolare, anche con strutture fortificate, dalle parti in causa.

Immagine satellitare nella quale si vede la zona del Fosso di Terio

   Il documento più antico a noi noto nel quale si parla del Fosso di Terio, è un atto del 29 luglio 1285, conservato presso l’archivio storico del Comune di Cagli. L’atto si riferisce ad un procedimento instaurato per determinare gli esatti confini del Comune di Cagli, al centro di una delle tante dispute determinatesi nel tempo per individuare gli esatti confini che dividevano i comitati e le diocesi di Cagli e di Gubbio[1].

   In questo atto si legge, a proposito dei confini tracciati nella zona della quale ci stiamo occupando: “Et in fine dicte fossati Thomaie incipit ascendere et intrat viam que vadit ad castellare(m) Morie iusta ipsum castellare(m) et volvit se per viam Montis Passie a latere de Cortinis et mergit per dossam Montis Passie et respicit caput Faucis Tirii ex parte superiori et intrat et respicit foveam Plani de Rave que est in pede Montis Petrani[2].

   Prescindendo, al momento, dagli altri toponimi citati in questo passo, pressoché tutti facilmente riconoscibili ed in larga parte ancora esistenti, quello che a noi interessa in modo particolare è la citazione delle “Faucis Tirii”, ovvero delle Foci di Terio. Nel lessico medievale il termine foce era utilizzato con riferimento ad un passo angusto fra ripide pareti, dove generalmente scorre un corso d’acqua, una gola sormontata da ripide rocce.

   Ebbene, ancora oggi, percorrendo il sentiero che risale il fosso, dopo aver superato il luogo diventato famoso per le cascate, ci troviamo improvvisamente di fronte ad una gola molto stretta, larga non più di tre o quattro metri, sormontata da entrambi i lati da rocce a picco e sul fondo di questa strettoia scorrono le acque del Fosso di Terio. Riteniamo che le “Faucis Tirii” siano da individuare, senza alcun dubbio, in questo punto preciso, documentato nella foto sotto.

Una immagine delle Faucis Tirii (Foci di Terio)
   In numerose altre testimonianze, raccolte e documentate nell’ambito del medesimo procedimento, i soggetti chiamati a testimoniare, sotto giuramento, nominano come punti focali del confine il “castellarem Morie” e le “faucis Tirii”[3].

   La lite sui confini tra Cagli e Cantiano è un motivo ricorrente di scontro nel corso dei secoli, al quale, in teoria, avrebbe posto fine nel 1634, Mons. Mattei, vice legato pontificio. Con sentenza promulgata presso il monastero di Fonte Avellana il 14 agosto 1634, con l’assistenza degli agrimensori delle parti in causa, furono definiti e collocati i termini confinari. L’indicazione dei termini inizia proprio dalla zona che stiamo esaminando e, esattamente:

-Primo termine, con sopra una croce di ferro, nella sommità del Monte di Moria (nel punto dove sorgeva il castellarem Morie – n.d.a.);

-Secondo termine. La Porta medesima di Teria, cioè quei due massi grandi, posti dalla natura, chiamati con detto nome, ai piedi del fosso detto della Rave (ovvero le faucis Tirii – nd.a.);

-Terzo termine. Nella pendice di Monte Petrano sopra il Serrone o dorso del medesimo, chiamato Serrate Vecchie, riguardante dalla parte di sotto la Porta di Teria e dalla parte di sopra la Rocchetta[4].

   In realtà sembra che questa sentenza non abbia messo definitivamente fine alle contestazioni se, osservando le mappe del catasto pontificio, risalenti all’incirca al 1815 e anni seguenti, per la zona in questione mostrano, in aggiunta alle ordinarie indicazioni topografiche, anche delle linee tratteggiate con l’indicazione “confini pretesi da Cantiano”, a dimostrazione del fatto che non tutte le rivendicazioni erano state tacitate.

Estratto da una mappa del catasto pontificio (anno 1815 circa), con l'indicazione del territorio conteso fra i comuni di Cagli e Cantiano

   Dal Libro dei Consigli del Comune di Cagli del 1601 e anni seguenti, apprendiamo inoltre che le “Selve di Teria” venivano concesse in affitto ai caprai per la foglia e per la ghianda. Ad esempio nel 1620 viene esaminata in consiglio la proposta di affittare la foglia delle selve di Teria per un anno un certo Antonio per il prezzo da lui offerto di 15 scudi[5]. Nel complesso intrico di confini fra diversi proprietari, bandite riservate al Comune di Cagli, alla Comunità di Cantiano, terreni di proprietà della Parrocchia di Colle Nudo in Via Strata alla quale erano stati trasferiti i beni dell’Eremo di San Nicolò di Bosso, non mancavano i furbetti che approfittavano della indeterminatezza confinaria di alcune zone per tagliare indebitamente il legname, provocando quindi un danno alle selve destinate ad essere affittate, creando quindi malumore e numerose controversie fra le parti in causa, come i libri consiliari di Cagli dimostrano ampiamente.

   Come abbiamo visto negli atti più antichi viene spesso citato il castellarem Morie, ovvero il castello di Moria. Questo castello non viene annoverato fra quelli appartenuti all’Abbazia di San Pietro di Massa. Gli storici che più si sono occupati delle vicende locali , a partire da Bricchi, Gucci, e poi, in tempi più recenti, Buroni, non parlano mai di questo castello, che, comunque, si trovava in un punto strategico del territorio soggetto alla giurisdizione dell’abate di Massa, poiché era un punto di confine fra i comitati e la Diocesi di Cagli e quella di Gubbio. Una ricognizione effettuata alcuni anni fa sul luogo dove il castello era edificato, ha confermato ciò che gli atti medievali affermano in modo controvertibile. La sommità del monte di Moria risulta infatti essere spianata, sul fronte della quale sono ancora visibili conci di pietra scaglia rossa, perfettamente squadrati e disposti a formare un muro, per una lunghezza di almeno 15/20 metri, appena nascosti dall’humus e dal terriccio che nel tempo si sono depositati. Con ogni probabilità si tratta del muro di recinzione esterna del Castellarem Morie, nel versante verso Pianello, mentre nel versante verso Secchiano sono ancora visibili i terrazzamenti che accoglievano le altre strutture della fortificazione. Dal castello si scendeva o verso Moria, oppure, dall’altro lato, in direzione delle Faucis Tirii, ovvero il Fosso di Terio, attraversando il Monte Passie, l’antico nome di quello che adesso viene chiamato il Monte di Moria. Nel Monte Passie sono ancora oggi visibili muri a secco che delimitano gli antichi campi coltivati, verosimilmente a servizio del castello[6].

Estratto da una mappa IGM del 1895 relativa alla zona del Fosso di Terio. La riga tratteggiata indica il confine fra i comuni di Cagli e Cantiano
   Ma cosa significa il termine Terio o Teria? La toponomastica è una materia affascinante, ma infida, nella quale è facile prendere abbagli, quindi bisogna mantenere sempre un atteggiamento cauto, esponendo le varie ipotesi e relative argomentazioni. I toponimi della zona (Moria, Polea, Teria, Cortine), sembra abbiano tutti quanti una matrice di origine greca e questa considerazione, nell’ambito di uno studio condotto sulla formazione del cosiddetto “corridoio bizantino”[7], ha portato a formulare l’ipotesi che nella zona fosse localizzato uno dei presidi fortificati bizantini destinato a controllare la zona prospiciente del massiccio di Monte Nerone che, al contrario, sembra fosse in mano longobarda. Il termine greco τηρέω (teria) ha il significato di “custodire, sorvegliare, stare a guardia di”[8]. Al passato il significato è quello di “essere custodito costantemente” ed altri significati sono di “prestare attenzione a, osservare attentamente, spiare, osservare, stare attento o essere vigilante”, ha, infine, anche il significato di “luogo di custodia, carcere”. Questi significati ci portano alla conclusione che il toponimo sia sorto durante il periodo bizantino, durante il quale la necessità di controllare questa zona era di vitale importanza, per prevenire eventuali attacchi alle spalle da parte dei longobardi.

   Proponiamo anche un’altra interpretazione, sempre derivante dalla parola greca ϑηρίον, che ha il significato di “animale selvatico”, “bestia o belva”. In tale accezione, quindi, il fosso di Terio, potrebbe essere letto come il fosso delle bestie selvatiche, che vista la conformazione del luogo, potrebbe essere del tutto appropriato.

   Molti altri sono i toponimi della zona ricchi di interesse, ma in questa nota ci limitiamo all’analisi sopra riportata, concentrata sul Fosso di Terio o Teria. Per concludere, infine, diamo conto di un’ultima particolarità storico-naturalistica di questa zona. Imboccando il sentiero lungo il fosso di Terio, partendo dalla strada provinciale Cagli-Pianello e alzando lo sguardo in alto, a destra, si vede una rientranza nella roccia, che appare tagliata, in modo non naturale. In effetti si tratta di una vecchia cava di “pietra molare”, che, come in altri punti della vallata, veniva estratta e utilizzata, per le sue peculiari caratteristiche, per ottenerne delle macine da molino, molto resistenti nel tempo ed efficaci.

   Questa breve escursione storica lungo il Fosso di Terio, ci è servita per meglio comprendere come questo luogo così bello e selvaggio, da sempre, nella storia, sia stato oggetto di un interesse particolare, per motivi di vario tipo, il cui riflesso è rimasto stratificato nei toponimi e nei documenti antichi.   

   

© Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Giuseppe Dromedari - Ottobre 2023

[1] Ettore Baldetti, LA CITTA’ ANTICA (1115 – 1287), Urbania 2006, Atto 454, pag.234

[2] E al termine di detto fossato Thomaie (il confine) comincia a salire e si immette nella strada che va al castello di Moria, presso il castello gira per la strada del monte Passie, dalla parte delle Cortine e affonda per la cresta del monte Passie e si affaccia dalla parte alta verso la testata delle Foci di Terio ed entra e si affaccia sulla fossa di Pian della Rave, che è ai piedi del monte Petrano.

[3] Ettore Baldetti, op. cit, cfr.atti n.455,457,458

[4] Dante Bianchi, CANTIANO. VITA DI UNA COMUNITA’, Urbania 1986, pag.19

[5] Comune di Cagli, LIBRO DEI CONSIGLI, 12 agosto 1620

[6] Presciutti Gabriele, Presciutti Maurizio, Dromedari Giuseppe, PIANELLO DI CAGLI. VIAGGIO NELLA STORIA DI UNA VALLATA, Urbino 2010, pag.216 e seguenti

[7] Presciutti Gabriele, Presciutti Maurizio, Dromedari Giuseppe, IL CORRIDOIO BIZANTINO AL CONFINE TRA MARCHE E UMBRIA, Tricase 2014, pag.73

[8] Paolo Rinolfi, DA GIOVE APPENNINO DI IKUVIO AL KASTRON DI LUCEOLI, Cagli 2006, pag.137

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