Le grotte e l'uomo. Frasassi e Monte Nerone.

di Gaia Pignocchi



Il complesso naturale di Fondarca, con l'arco di roccia in primo piano, visto da Pieia


Nelle Marche la maggiore concentrazione di grotte archeologiche si ha nella Gola di Frasassi (o del Sentino) e in numero minore, limitatamente al Paleolitico superiore, nella vicina Gola della Rossa, ma una preziosissima testimonianza si ha anche sul Monte Nerone, nella Grotta delle Nottole di Fondarca, a testimoniare l‘interesse per le cavità mostrato dall’uomo nelle diverse epoche.
Grotte che sono state utilizzate non solo a scopo abitativo, ma che hanno rivestito un fondamentale ruolo come luoghi di culto, soprattutto durante l‘età del Bronzo e presumibilmente già durante il Paleolitico superiore.

Frasassi e le sue grotte
La Gola di Frasassi, nel comune di Genga, lunga complessivamente 3 km, è una profonda e stretta valle attraversata dal Fiume Sentino, incassata tra i massicci calcarei del Monte di Frasassi a nord (708 m) e del Monte Valmontagnana a sud (930 m), lungo la quale si sviluppa uno dei sistemi carsici più estesi dell’Appennino centrale umbro-marchigiano.
Delle oltre cento cavità naturali conosciute nella zona, solamente alcune risultano frequentate dall’uomo con scopi non soltanto abitativi, ma anche cultuali e funerari.
Di queste solo tre (i complessi della Grotta del Fiume-Grotta Grande del Vento, della Grotta del Mezzogiorno-Grotta della Beata Vergine e il Buco Cattivo) raggiungono sviluppi considerevoli essendo grotte speleologiche a tutti gli effetti e di queste solo la Grotta della Beata Vergine è percorribile abbastanza agevolmente senza attrezzature speleologiche presentando uno sviluppo suborizzontale di oltre 300 m.
Le altre grotte del comprensorio sono cavità poco profonde, distribuite tra 700 e 200 m slm.
Le testimonianze archeologiche nelle grotte di Frasassi, frutto di scavi regolari o di rinvenimenti occasionali, coprono un lungo arco di tempo, dal Paleolitico superiore all’Alto Medioevo, e sono localizzate in prossimità dell’ingresso delle cavità, tranne nel caso della Beata Vergine nella quale l‘uomo, anche in epoche antiche, si è spinto molto più all’interno.

Storia delle ricerche archeologiche a Frasassi.
Le ricerche archeologiche nelle grotte della Gola della Rossa e Frasassi, condotte da alcuni dei più illustri archeologi degli ultimi secoli, sono iniziate nella Grotta della Beata Vergine, con Luigi Pigorini nel 1872 e Giuseppe Scarabelli nel 1879, per poi continuare nei primi anni del 1900 con Ugo Rellini e Innocenzo Dal’Osso. Le ricerche sono proseguite in maniera più scientifica e sistematica, anche se sporadica, in altre cavità (Caverna dei Baffoni, Grotta del Mezzogiorno, Grotta Leonardo, Caverna del Carbone, il Grottone) indagate in contemporanea da Anton Mario Radmilli e Salvatore Maria Puglisi dal 1952 al 1954 con la partecipazione della giovane Delia Lollini, che fu a capo della Soprintendenza Archeologica delle Marche dal 1983 al 1989.
Dal 1964 al 1979, a seguito della collaborazione tra Soprintendenza Archeologica delle Marche e Istituto di Geologia dell’Università di Ferrara (G. Bartolomei, A. Broglio, A. Guerreschi), furono avviate campagne di ricerca e di studio dei giacimenti epigravettiani di Grotta del Prete, Grotta della Ferrovia e Cava Romita, che ancora rappresentano siti chiave per la comprensione della periodizzazione del Paleolitico superiore nelle Marche.
Negli ultimi decenni si sono avute segnalazioni di rinvenimenti occasionali non meno importanti che hanno consentito di ampliare le conoscenze sulla frequentazione delle cavità naturali del comprensorio.

Disegno della sezione del’androne della Grotta della Beata Vergine
eseguito da Giuseppe Scarabelli nel 1879

Le grotte nel Paleolitico: non solo ripari
Materiali sporadici del Paleolitico inferiore/medio sono stati rinvenuti all’aperto o presso alcune grotte, ma è nel Paleolitico superiore che si attesta la frequentazione di grotte e ripari sia lungo la Gola della Rossa sia nella Gola di Frasassi.
La Grotta della Ferrovia è stata frequentata a partire dal II Pleniglaciale wurmiano e nella successiva fase temperata Bølling-Allerød datata a 13.500 cal BP (Before Present: da oggi).
A Cava Romita i livelli antropici sono stati datati a circa 12.000 anni BP, correlati alla presenza di esemplari di Capra ibex, di Cervus elaphus, Capreolus capreolus, Rupicapra rupicaprae, indicando un momento temperato freddo del Tardoglaciale (fine Dryas recente).
Di poco più recente la frequentazione della Grotta del Prete, la cui occupazione nel Paleolitico superiore si colloca tra la fase finale del Tardoglaciale e l‘inizio dell’Olocene antico che segna l‘inizio del periodo climatico attuale (11.500 cal BP).
Nei tre siti sono stati raccolti manufatti litici ma anche oggetti di ornamento: canini atrofici di cervo con fori per la sospensione, un ciottolo di selce forato e conchiglie marine (bivalvi e gasteropodi).
Nella Grotta della Ferrovia sono stati rinvenuti alcuni ciottoli con decorazione incisa a filo spinato o a tacche di valenza simbolica.

Il ciottolo inciso con motivo a filo spinato della Grotta della Ferrovia

La Sala del Fuoco nella Grotta del Fiume
Per il Paleolitico superiore un altro straordinario rinvenimento è quello segnalato in una delle sale dei livelli superiori della Grotta del Fiume, ora accessibile solamente con la difficile risalita di tre pozzi, ma che nel Pleistocene superiore comunicava direttamente con l‘esterno attraverso un ingresso che si apriva sul versante del monte, poi ostruito da una grande frana.
Qui, nella sala ora denominata Sala del Fuoco nel 1986 è stato scoperto ad opera del Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona e di Fabriano un cranio di stambecco che sembra intenzionalmente deposto su una bassa stalagmite.
A breve distanza sono state raccolte quattro lame in selce, tra cui una punta, mentre alla base di una sorte di totem-stalagmitico è stato acceso un focolare, la cui datazione al C14 ha fornito un’età calibrata di circa 16.000 anni da oggi. Si tratta dunque della più antica datazione assoluta per la Gola di Frasassi e della Rossa e di uno dei pochi siti a livello nazionale riferibili alla fase antica del Tardoglaciale (fase iniziale del’Epigravettiano recente).
Ricerche condotte grazie alla preziosa collaborazione tecnica e scientifica dei geologi Alessandro Montanari, direttore del’Osservatorio Geologico di Coldigioco, e Maurizio Mainiero, della Federazione Speleologica Marchigiana, hanno permesso di effettuare ricerche con georadar e il prelievo di campioni (carboniosi, ossei e spelotemici) per ulteriori datazioni.
Per il momento possiamo ipotizzare una frequentazione della Sala del Fuoco all’inizio del Tardoglaciale, 16.000 anni fa, da parte di pochissimi individui e per uno o pochi momenti di breve durata con scopo diverso da quello abitativo, probabilmente per qualche pratica di culto legata forse proprio allo stambecco, uno degli animali allora maggiormente cacciati dall’uomo.


Il rinvenimento di un cranio di stambecco nella Sala del Fuoco

La Venere di Frasassi
Un reperto di grande interesse è inoltre la piccola statuetta della Venere paleolitica, rinvenuta casualmente nel 2008 in un non ben precisato punto della Grotta della Beata Vergine.
Alta 8,7 cm, realizzata su un frammento di stalattite, rientra nella produzione delle cosiddette Veneri paleolitiche, a rappresentazione della donna come misteriosa fonte di vita.
Poteva essere un idolo o un amuleto utilizzato durante cerimonie, riti, offerte per favorire o proteggere la fertilità, la gravidanza o il parto.
Un’altra ipotesi che vorrei suggerire per la Venere di Frasassi è legata alla grotte cosiddette galattofore, portatrici di latte, considerate magiche e terapeutiche in quanto si credeva che l‘acqua gocciolante, se bevuta dalle madri durante l'allattamento, avesse il potere magico di favorire la secrezione del latte. Appunto la materia prima (un frammento di stalattite) e la posizione delle braccia protese in avanti, forse non tanto in segno di offerta quanto piuttosto per raccogliere qualcosa nelle mani, potrebbero indicare il collegamento materico e gestuale con l‘acqua percolante dalla grotta.

La statuetta della Venere di Frasassi

Le grotte di Frasassi nel’età del Bronzo
A partire dal Neolitico e poi soprattutto durante l’età  del Bronzo fino ad epoca storica (romana e alto medievale) sono state frequentate altre grotte nella Gola di Frasassi (Grotta della Beata Vergine di Frasassi, Grotta del Mezzogiorno, Grotta dei Baffoni e Caverna del Carbone).
Poco consistenti i materiali riferibili al Bronzo antico mentre con il passaggio al Bronzo medio, circa 1.650 anni a.C., queste cavità risultano essere diventate importanti luoghi di culto.
Nel caso della Grotta della Beata Vergine è particolarmente significativo il ritrovamento di alcuni reperti esclusivi e di pregio nella parte più interna della cavità. Il rinvenimento più eclatante è quello avvenuto il 25 giugno 1909 “in un recondito nascondiglio vicino alla discesa dei pipistrelli”.
Si tratta di un pugnaletto di bronzo e di un bottone in pasta vitrea con perforazione a V, non associati ad alcun resto umano, che risalgono alle fasi iniziali del Bronzo medio (1650-1450 a.C.).
La provenienza di bottoni di tipologia simile da grotte cultuali e funerarie del Lazio (Grotta dello Sventatoio-RM e Grotta Vittorio Vecchi-LT) è un elemento che accomuna nelle fasi iniziali del Bronzo medio alcune comunità dell’Italia centrale nella produzione di oggetti di prestigio appartenuti in vita ad un personaggio eminente, in questo caso un guerriero, offerti alle divinità sotterranee o deposti in grotte forse anche in relazione al culto degli antenati.
Provengono dal “Salone” interno della Grotta della Beata Vergine alcuni recipienti (olle, tazze, scodelle) datati dal Bronzo medio al Bronzo finale utilizzati per offerte o per rituali che si svolgevano in una sala della grotta lontana dall’ingresso e che attestano come questa cavità abbia rivestito un ruolo importante come centro di culto in fasi diverse dell’età del Bronzo.

Bottone in pasta vitrea e pugnaletto di bronzo dalla Grotta della Beata Vergine

Non è certo se anche altre grotte di Frasassi abbiano avuto funzione cultuale nell’età del Bronzo.
Indizi di una probabile frequentazione a scopo cultuale nel Bronzo recente provengono dalla Grotta del Prete. Si tratta di un boccale e di una tazza con sopraelevazione cornuta rinvenuti integri al di sopra dei livelli del Paleolitico. Si tratta di due recipienti per contenere e per versare acqua o liquidi utilizzati probabilmente per offerte o rituali.
Nella Grotta dei Baffoni invece il rinvenimento di un pugnale a codolo ogivale del Bronzo recente accompagnato da attrezzi da metallurgo potrebbe rivelare l’utilizzo della cavità per attività di tipo metallurgico anche con una particolare connotazione magico-sacrale (con riferimento alla figura mitologica greco-romana di Efesto-Vulcano, il fabbro che forgiava le armi per gli dei e gli eroi).
Nella Grotta del Mezzogiorno la limitata profondità della cavità e il ritrovamento di manufatti ceramici frammisti ad abbondanti resti di fauna fanno propendere per un utilizzo insediativo, senza escludere anche in questo caso una frequentazione a scopi cultuali.
Nel caso della Grotta dei Baffoni, profonda circa 50 m e delimitata sul fondo da un colonnato stalagmitico molto suggestivo, il ritrovamento di materiali a 14 m dall’ingresso nel saggio B praticato da Radmilli potrebbe indicare un utilizzo della grotta a carattere misto, sia abitativo, forse stagionale e saltuario legato alle pratiche pastorali, ma anche come luogo di culto e funerario occasionale data la presenza di resti umani nel livello tra Bronzo antico e Bronzo medio 1-2.


L‘androne della Grotta della Beata Vergine con il tempietto ottocentesco
Le grotte tra età romana e Alto Medioevo
La frequentazione di alcune grotte nella Gola di Frasassi continua anche in età romana e nell’Alto Medioevo.
In particolare nella Grotta della Beata Vergine il rinvenimento negli strati superficiali dei resti scheletrici appartenuti a numerose sepolture fa pensare a un uso funerario della grotta.
Gli scheletri si rinvennero in occasione dello sbancamento per la costruzione del tempietto commissionato dal papa Leone XII nel 1819, quando fu asportata una grande quantità di sedimenti geologici e archeologici, ma anche in occasione degli scavi condotti tra 1800 e 1900 nella prima galleria.
A queste sepolture della fase tardoantica e altomedievale sono da associare alcuni probabili oggetti di corredo, tra i quali, particolarmente interessanti, i pettini in materia dura animale e un ago crinale in bronzo, comuni nelle necropoli longobarde, e una fibbia con motivo a croce patente a occhi di dado, un elemento di connotazione cristiana, anch’essa in corno, databili tra la fine del VI e il VII secolo d.C., riferiti al periodo della conquista longobarda del territorio.
Materiali di età tardoromana e altomedievale provengono anche dagli strati più superficiali di altre grotte della Gola di Frasassi (la Grotta dei Baffoni e la Grotta del Mezzogiorno). In questo caso la mancanza di resti di sepolture farebbe ipotizzare l’uso delle grotte come ricoveri in un periodo travagliato di crisi.


Fibbia altomedievale in corno di cervo con croce patente

La Grotta delle Nottole sul Monte Nerone
Ancora più a nord si ha la Grotta delle Nottole di Fondarca, sul versante meridionale del Monte Nerone, in posizione centrale rispetto ai due “gruppi” di grotte, quello emiliano-romagnolo e quello marchigiano di Frasassi e collegata anche alle grotte del versante tirrenico.
Le campagne di scavo, condotte dall’Università degli Studi della Tuscia, avviate nel 2001 sono ancora in corso con la direzione di Mirella Cipolloni prima e Gian Maria Di Nocera ora.
La grotta ha conosciuto una frequentazione periodica dall’età del Rame al Bronzo recente, con funzione presumibilmente cultuale legata allo stillicidio delle acque e ad altri rituali (offerte di cibo e di oggetti).
I materiali trovano confronto con quelli delle grotte della vicina Gola di Frasassi-Sentino e dell’Italia centrale adriatica e tirrenica.
Alcuni oggetti di pregio (una fibula in bronzo, un bottone d’ambra) possono essere stati lasciati come offerte con particolare valore simbolico e ideologico.

Dunque una serie di grotte che da una semplice funzione come luoghi di riparo e ricovero, già nel Paleolitico superiore e poi soprattutto nell’età del Bronzo hanno avuto funzione simbolica, rientrando tra i cosiddetti luoghi cultuali, luoghi naturali, decentrati rispetto agli insediamenti, dove venivano effettuate semplici deposizioni di oggetti oppure dove si svolgevano rituali di culto più o meno complessi.

La ceramica del Bronzo medio iniziale dalla Grotta della Beata Vergine,
Grotta dei Baffoni e Grotta delle Nottole di Fondarca

Sopra un momento della visita guidata dal Prof. G. Di Nocera agli scavi della Grotta delle Nottole a Fondarca (12 ottobre 2019). 
Nel filmato sotto (realizzato da Giuseppe Dromedari ed espandibile a schermo intero per una migliore visione) alcuni momenti del pomeriggio trascorso a Fondarca, evento organizzato dall'Archeoclub di Cagli, guidato dal presidente Marco Reali.



Bibliografia:

DI NOCERA G. M. 2016, The Fondarca cave and cavities used as a cult place during the Bronze Age in Central Italy, in Origini XXXIX, pp. 119-168.

PIGNOCCHI G. 2015, La frequentazione delle grotte della Gola di Frasassi e della Rossa in età pre-protostorica tra ricerca archeologica e speleologica, in Condividere i dati, Atti XXII Congresso Nazionale di Speleologia (Euro Speleo Forum 2015 30 maggio - 2 giugno 2015, Pertosa – Auletta, SA), a cura di L. De Nitto, F. Maurano, M. Parise, Bologna 2015, pp. 535-540.

PIGNOCCHI G., MONTANARI A. 2016, La Grotta della Beata Vergine di Frasassi (Genga – AN): vecchi e nuovi dati geo-archeologici, Rivista di Scienze Preistoriche LXVI, pp. 143-180.

PIGNOCCHI G., PANZINI A., SERPENTINI F. 2016, From Frasassi Gorge to The Via Flaminia. Real and Virtual Dimensions of The Local Area and Its Museums, Atti del Convegno “Landscape & Archaeology”, Fano, Fossombrone, Cagli - 23-24-25 giugno 2016, UNISCAPE En-Route - a. I - n. 4, pp. 360-366.

PIGNOCCHI G. 2018, La frequentazione archeologica delle grotte nelle Marche, in P. Boccuccia, R. Gabusi, C. Guarnieri, M. Miari, eds - "...nel sotterraneo Mondo”. La frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia. Atti del Convegno, Brisighella (RA), 6-7 ottobre 2017. Bologna 2018, pp. 135-148.

PIGNOCCHI G.,MONTANARI A.,MAINIERO M.,MARIANI S.,MCGEE D., CURATOLO A. 2018, Archeometria e studio ambientale di un probabile sito di culto del Paleolitico superiore nella Grotta del Fiume a Frasassi (Marche, Italia), IV Incontro Annuale di Preistoria e Protostoria, Ferrara, pp.7-8.

1 commento:

  1. Grazie "VER SACRUM" per le interessanti pubblicazioni che rendi disponibili in rete!

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