Cagli: genesi di una città


di Paolo Rinolfi

Ai cultori della storia nel ricordo del Prof. Mario Luni.
Un grazie a Nando De Rosa per l’amicizia nel tempo, un augurio al neo Archeo club di Cagli ed un plauso a Ernesto Paleani editore e al sito Ver Sacrum per l’impegno nelle ricerche e nella  divulgazione della nostra storia.


Panorama di Cagli dal Monte Santa Maria (Foto Dromedari Giuseppe)



Premessa.
   L’indagine toponomastica della diocesi di Cagli offre un modesto contributo alla sua storia, perché la materia non è priva d’insidie anche se coopera con le fonti e stimola talvolta la ricerca archeologica. Particolare attenzione è stata riservata ai nomi di origine longobarda, molti dei quali si affermarono nei primi decenni del Regno. In tale periodo nella penisola si parlava prevalentemente il greco tantoché Gregorio Magno obbligò clero e la curia romana all’uso del latino abbandonato. Non stupisce quindi trovare toponimi di origine greca in un territorio dove le proprietà e l’influenza del clero ravennate erano grandi.    
   Omonima della città campana degli Aurunci (Calvi Risorta - CS), la nostra Cale arcaica va forse identificata con il villaggio dell’età del bronzo (Strada Provinciale 424 Cagli-Pergola, sotto la Torre dei Tocci), restituito da recenti scavi ai piedi del santuario-stipe di Coltona. Era posta sulla Rimini- Urbino- Sentinum- Camerino- Ascoli Piceno- Salaria, un raccordo pedemontano, da cui si dipartivano perpendicolari tutte le strade per la costa, in uso anche dopo la realizzazione della Flaminia adriatica Foligno-Fossombrone (I sec. a.C.). Sulla nuova consolare, tra Ponte Allio e Ponte Rosso (non distante dal precedente abitato), fu costruita la mutatio ad Cale vicus, un’area di servizio su un incrocio di grande interesse. Qui la Flaminia intersecava la precedente via umbra e quella che, per Pianello di Cagli, si connetteva all’Umbria settentrionale e alla Toscana. Le ricerche di Marco Reali hanno documentato nei pressi della mutatio l’insediamento romano a cavallo tra le diocesi di Luceoli e di Pitinum mergens, quest’ultima distrutta da mercenari longobardi di rientro dalla battaglia di Tagina (552). La popolazione pitinate si rifugiò sulla roccaforte naturale di monte S. Maria, sovrastante la mutatio, originando l’abitato di Civita[1]. Il nome ‘kale’ è antichissimo e non facile a spiegarsi (insoddisfacente ‘calle’= sentiero montano[2]) forse in relazione al santuario di Coltona, che caratterizzava l’intera valle[3]. Se, come dicono[4], era consacrato a Mars Cale, questo, al pari dell’etrusco Tinia Cale, rappresentava l’aspetto oscuro delle reincarnazioni, dove il tempo dalla nascita-alla morte (fase di luce) si alternava con quello dal decesso alla rinascita (fase dell’oscurità). Marte arcaico[5] le rappresentava entrambe, era infatti il dio della primavera, dei campi, degli animali da lavoro, cioè del risveglio della natura,  ma accanto associava l’aspetto opposto di guerra-devastazione-annientamento. Era quindi il dio dell’andamento stagionale complessivo, in cui l’anno si divide in due sequenze: i giorni della luce, dalla primavera (nascita) all’autunno (morte), e quelli della oscurità, dall’autunno alla primavera successiva (rinascita). Il ciclo della vita era rappresentato dal chicco di grano: muore nel buio della terra per germinare in una nuova pianta, che si perfezionerà alla luce nella primavera-estate (mito di Proserpina). La luce di Zeus-Diovis si completa nelle tenebre di Ade, da dove riemerge una nuova vita. Mars Cale, l’oscuro era quindi il tempo della morte-rinascita.
 

Cagli bizantina (VI sec.).

   Alla fine delle guerre gotiche Roma aveva solo trentamila abitanti e la popolazione italiana si era ridotta a cinque milioni circa. Le campagne erano state abbandonate, la carestia e la peste tormentavano i sopravvissuti. Per carenza d’uomini i Bizantini avevano arruolato anche i Goti sconfitti, mandati a proteggere i confini orientali d’Italia. I numeri fanno comprendere la facile affermazione longobarda in una penisola pressoché deserta. Questo popolo,  forse scandinavo, dopo l’approdo in Germania, aveva girovagato per l’Europa e si era stanziato in Pannonia. Qui, sotto minaccia, aveva barattato con gli Avari le loro terre in cambio di cento anni di aiuti militari, poi nel 568 era partito per l’Italia. Re Alboino guidava centocinquantamila migranti senza patria in cerca di prede e di un futuro.    Erano guerrieri, donne, vecchi e ragazzi di varie etnie: Longobardi, Sassoni, Gepidi, Bugari. Subito occuparono Cividale, Aquileia, Verona, Brescia, perché i Goti non opposero resistenza,  ‘fraternizzando’ con gli invasori, per la loro affinità razziale e per la comune fede ariana. L’anno successivo Alboino accerchiò Pavia e, durante il lungo assedio (569-572), inviò contingenti militari nell’Italia Centrale, per occupare i passi appenninici ed impedire libertà di manovra ai Bizantini tra Napoli e Ancona, unici scali militari idonei ai grandi navi imperiali. Così, preso l’Appennino centrale, tagliò in due l’Italia da nord a sud con una Blitzkrieg (guerra lampo) rapida senza opposizione bizantina, come ricorda Paolo Diacono (II, 26) [6]: "Alboin...invasit omnia usque ad Tusciam, praeter Romam et Ravennam vel aliqua castra quae erant in maris litore constituta." Agnello Ravennate[7] precisa meglio l’offensiva longobarda che dalla Toscana giunse alle porte di Roma e, sul versante adriatico, distrusse la fortezza del Furlo insieme alla vicina Fossombrone (Forum Sempronii), scambiata dalla fonte per Imola (Forum Cornelii) che invece restò vitale sino al 580. I Longobardi si attestarono a confine tra Umbria e Marche, isolando Città di Castello e Gubbio, rimaste bizantine, dai porti adriatici di medio cabotaggio tra Ancona e Ravenna (Senigallia, Fano, Pesaro). Ebbero così il controllo della Flaminia marchigiana e delle strade umbre (SS3-Flaminia e SS3-bis-Tiberina) con vantaggi strategici condizionanti l’intero conflitto. Senza la conquista dell’Italia centrale, l’invasione longobarda sarebbe rimasta confinata nella Pianura Padana, lasciando ai Bizantini la restante parte della Penisola, dove riorganizzarsi e contrattaccare. Tuttavia i contendenti non avevano uomini sufficienti per una occupazione strutturata, perciò ragionevolmente si ritiene la formazione di stanziamenti longobardi sui passi montani mentre i Bizantini, in questa fase difensiva, si fortificarono nelle città rimaste loro. Si venne a creare una insidiosa terra di nessuno. Dalla Toscana l’occupazione longobarda del 570 coinvolse da S. Angelo in Vado (Tifernum mataurense) e, in toto o in parte, gli attuali comuni di Peglio, Urbania, Fermignano, Acqualagna, Piobbico, Apecchio[8], Cagli, Cantiano, Pergola, Serra S. Abbondio, Frontone, occupando la Serra del Burano, il M. Petrano, Nerone, il Catria. I Longobardi si impadronirono dell’impervia gola delle Foci fino a Cagli, dove i Bizantini si attestarono per il controllo di vie alternative alla Flaminia.

Cagli bizantina (VI secolo)
   La consolare aveva subito uno stato di abbandono generale, Cassiodoro (Variae, XII 18,2) la descrive sconvolta dai torrenti e invasa dalla boscaglia: “Quocirca iter Flamineae rivis sulcantibis exaratum, piante ripas latissimas pontium interectione coniugiungite, oppressas marginem platearum asperrimis silvis enundate…”.  Era stata seriamente danneggiata nel punto più critico dell’intera viabilità, cioè il Furlo, quando i Goti avevano trasformato la galleria di Vespasiano in una fortezza ed i Bizantini, per farli sloggiare, avevano fatto precipitare dal monte Alata enormi massi di pietra, costringendo gli assediati alla resa. La fortezza era stata distrutta definitivamente dai Longobardi. Compromessa e insicura, alla gola del Furlo fu favorita l’antica ‘Flamenga’, cioè il tratto Cagli- Urbino. Qui, come vedremo, una interessante agiografia ravennate propone questo tratto come parte indispensabile di quella complessa viabilità da Roma a Ravenna, che va sotto il nome di ‘Corridoio bizantino’.
Nel decennio corrispondente all’interregno longobardo, successivo alla morte di Clefi, i Bizantini sembrano riprendere posizione lungo la Flaminia. Infatti tra il 585-589 l'esarca Smaragdo incluse Cagli nella Pentapoli annonaria o montana, (insieme a Gubbio, Urbino, Fossombrone, Jesi e Osimo). Da questa data quindi (seconda metà del VI sec.) Cagli fu sicuramente civitas, erede di Pitinum mergens, in una realtà politica nuova, a capo, talvolta in modo precario, dell’alto Metauro, cioè della valle del Candigliano, in parte del Burano, fino al Cesano. L’esame della toponomastica mostra tuttavia la sua zona d’influenza limitata a sottili (ma evidenti) vie di comunicazione alternative alla Flaminia (Gubbio-Cagli-Urbino e Cagli-Fano, attraverso Pergola), caratterizzate da una agiografia ravennate pressoché continua, presente nei comuni di:
Cantiano (s. Maria di Burano, la Massa luceolana[9], s. Andrea di Cardo, s. Apollinare in Farneto, S. Agata[10], s. Apollinare di Moria, divisa a metà tra Cantiano e  Cagli);
Cagli (s. Vitale di Castiglione, s. Maria Assunta presso Civita, prima che fosse trasferita presso s. Geronzio, s. Severo di Pigno, S. Apollinare in Cupiolo, S. Maria Assunta[11] di Naro, S. Maria Assunta di Serravalle di Carda, S. Apollinare di Monlleone);
Acqualagna (S. Andrea in Frena, S. Severo della Pieve del Colle);
Urbania (S. Maria Assunta in Campolongo, S. Maria Assunta in Triaria, S. Maria Assunta in Profeo, S. Maria Assunta di Monte Forno, S. Andrea in Proverso, S. Andrea di Serra Val d’Ocre);
Piobbico (S. Stefano in Finocchieto, S. Andrea dei Molini);
Frontone (S. Maria Assunta del Castello);
Serra S. Abbondio[12] (S. Maria Assunta della Leccia[13] );
Pergola (S. Andrea di Serraspinosa, S. Andrea nella pieve di S. Angelo di Clandida, S. Maria Assunta di Pantano e di Montesecco).
Erano proprietà della chiesa di Ravenna e su questi territori i Bizantini esercitarono un controllo politico[14], garantito dalla pace del 595, che consolidò la toponomastica limitanea[15]. 
Elenchiamo a volo d’uccello altri punti di confine degni di ulteriore indagine:
*Ponte Staffolino. Il longobardo staffal, ‘basamento, palo di confine, cippo’ (sul torrente Bosso, tra Civita e l’attuale Cagli;  cfr. Staffolo, e presso la chiesa del cimitero di Fossato di Vico Stàffolo (dialettale: Staffolìno, l’antico Trivium Staffoli  degli Statuti medioevali di Fossato di Vico; *Fosso delle Focicchie[16]. Divide la pieve di s. Severo di Pigno da s. Giovanni[17] Offago (long. hoh= alto, da cui Offredo), anche qui sono state trovate tombe del VII sec. ‘longobardizzate’. L’adiacente *Fosso Valle Bolgarello testimonia un insediamento bulgaro di frontiera. Un altro probabile etnico, accanto Ponte Staffolino, è forse *Pian del Sasso (saxo= Sassoni, alleati dei Longobardi);  *Fosso di Teria. Dal greco τρέω= proteggere, sorvegliare. Fa da confine a S. Apollinare di Moria e il suo castello; *S. Andrea[18] in Frena e Santa Lucia[19] di Acqualagna. Sono opposte alla pieve di S. Angelo di Pietralata[20]; *Scheggia dal gr. σχίζω= dividere. Oltre al Comune di Scheggia (PG), anticamente ‘Schizza’, troviamo Scheggia a Peglio; Scheggino e Scheggia ad Urbania; *Grillo dall’alto tedesco *grillen = urlare indicano punti di guardia, sopravvissuto nel dialetto: ‘stare alla grella’ equivale al romano ‘stare in campana’. E’ presente a ad Urbania (Ripe de Grelli); a Cantiano (ponte dei Grelli e Le Grelle); a Cagli (Col del Grillo e Cai Grillo); *Carda dal long. Warda= sentinella[21]; *Smirra e *Smirre di Cagli dall’ alto ted. smieren= guardare con meraviglia; *Vaie dal lat. vigiliae= sentinella. Presente a Cantiano (Poggio le Vaie), Apecchio (Le Vaie di Serravalle; i Vai); a Cagli,  e Serra S.Abbondio (i Vai); *Battaglia dal long. *pataia= vessillo, lembo di stoffa sventolante. A Cantiano (C. Battaglia); Apecchio (Col di Battaglia); Urbania (Battaglia); Rilevanti inoltre le contrapposizioni agiografiche (S. Angelo/ S. Giovanni e S. Andrea/M. Assunta), in particolare segnano il confine S. Andrea di Col Matrano e S. Giovanni di Cantiano, [Canthiano, così fino al seicento, dal tardo latino canthia= cantone, cfr. il ted. Kante (bordo, spigolo) e Kent, il cui nome dal celtico "kent" (= bordo, confine) latinizzato da Cesare in "Cantium"]. Identico toponimo anche a Gubbio.
I punti di guardia, il marchio sul il territorio con le chiese di S. Andrea da un parte e S. Angelo dall’altra, la loro contrapposizioni, la toponomastica limitanea fanno supporre una attività di controllo, seppur ridotto, tra Gubbio-Cantiano-Urbino, lungo l’asse segnato dall’agiografia ravennate, presieduto dalla Cagli bizantina ma dov’era la città? 
La presenza di una nutrita toponomastica e agiografia longobarda (i santi: Angelo[22], Bartolomeo[23], Martino[24], Venanzio, Paterniano, Ilario, Quirico[25] , la Trinità, S. Salvatore[26]) propongono nella valle l’affermazione di due distinti insediamenti a partire dal VI secolo:
a) romano-bizantino attorno al Monte di S. Maria;
b) longobardo da Pian di Maiano a Ponte Staffolino, Ranco Burano (*burian =mi innalzo); Rio Pescare[27];  Secchiano ( Sich= vittoria, proprietà dei Siccardi); S. Martino in Neponzano (*niozzan=beneficio: cfr con il ted. *nutzen vantaggio); Ca Tozzo (cfr. ted. stolz =scorciato); Cafaggio (gahagi= bosco recintato)[28], Vadello[29], monte Peruzzo (Pero-Perone è nome proprio longobardo, così Drogo, Offredi, Magone, Thiego).
In questa area, intorno a S. Angelo (Maggiore)[30], chiesa centrale della moderna Cagli, gli scavi nell’atrio del Palazzo Comunale e nella piazza adiacente hanno riportato alla luce un sepolcreto del VII sec. di tombe ‘longobardizzate’[31]. Le prove archeologiche sono coerenti con la toponomastica e fanno supporre che Cagli bizantina sia da identificare con ‘Civita antiqua’ (Cagli, Archivio Comunale, pergamena 10 maggio 1312), come afferma F. Bricchi (p.155).
Compresa tra Monte Sercole, Ponte Staffolino, fosso Bannucci, Cagli divenne un importante avamposto bizantino dell’area montana, un cuneo tra i nemici, che da qui sino al Ponte dei Bottinelli[32] (Cantiano) ebbero in mano la Flaminia[33].

NOTE:

[1] Civita la definizione di San Isidoro di Siviglia: “urbs ipsa moenia sunt, civitatem autem non saxa sed abitatores vocantur” (Isidori Hspèalensis Episcopi Etymologiarum Sive Originum Libri XX, a cura di W.M. Lindsay, Oxford 1911, I, 1) è usata per sottolineare la relazione tra la residenza vescovile e la qualifica di città: ”… Tanto è vero che il termine stesso di civitas se scompare in parecchi centri urbani, in seguito allo scadimento della vita cittadina, si mantiene sempre e solo per le città vescovili.” (E. Duprè Theseider, La città medioevale in Europa, Bologna 1978, pp.33 e 78; ibidem, Problemi della città nell’alto Medioevo, in La città nell’alto Medioevo, Spoleto 1959, p.35). *di Cagli I.G.M.I., foglio Cagli 116 IV SE, 9.7, 24.6 da identificata con Cale Vicus, non distante dalla mansio ad Cale Vicus presso Ponte M. Allio (P. Rinolfi, Settembre 1287, Bruciò Cagli per i suoi peccati…, Cagli 2003, pp.183-194; F. Bricchi Delli Annali della Città di Cagli, vol. I, Urbino 1641, ristampa anastatica, Roma 1981, p.155, cfr. A. Gucci, Memorie della città di Cagli e dei principi suoi dominanti, manoscritto Cagli, Biblioteca Comunale, vol. I, trascritto e pubblicato da E. Paleani, Cagli 199I, f.277; C. Arseni, Cale ubicazione, territorio e la via Flaminia, Cortona 1991, p.8).

[2] Per B. Pellegrini, Appunti di toponomastica marchigiana, in ISAM, pp.-300, p.268; Arseni, Immagine, p.5; M. Luni, La Flaminia nelle gole del Furlo e del Burano,Urbino 1993,p.21, dal lat. *callis= tratturo, sentiero per animali selvatici. Il G. Mochi (Storia di Cagli nell’età antica e nel medio evo con note, documenti e tavole illustrative, Cagli 1878,pp.20-22) in precedenza aveva contestato questa ipotesi: “da credere che i Romani, in un paese di monti e pascola…dove non una ma mille essere dovevano le stradette silvestri…notassero <>, una stradetta silvestre qualunque, battuta solo da animali e da pastori…”.

[3] Dal sacrario i famosi bronzi di Marte combattente e due teste, la più grande, detta Atena, probabilmente un atleta, e la più piccola, detta ‘Minerva’, sormontata da un cimiero a forma di oca. Nel secondo secolo a.C. il tempio fu sotterrato e la divinità trasferita nel pantheon romano ma il nome probabilmente rimase come riferimento della valle. L’etrusco ‘Tinia calusna’ (Tinia di Kale) è tradotto come ‘Tinia l’oscuro’, nome corrispondente alla ben nota Kalì (=la ‘nera’), divinità, significa il tempo che tutto distrugge perché tutto possa rinascere (il sanscrito kala è il tempo). La Minerva di Cagli ha un elmo a forma d’oca, elemento che si trova in una testa conservata a Parigi, classificata come dea celtica del III sec. a. C. L’oca era l’animale che trasportava le anime per incarnarsi, quindi in relazione con il tempo e la vita.

[4] Bricchi, p. 23; G.Buroni, La diocesi di Cagli,(Marche), Urbania 1943. pp.76-77; F.De Rosa, La via delle rocche(il corridoio bizantino), Urbania 1993, p.113,3.
[5] Le feste del dio erano a febbraio-marzo e ottobre.

[6]Pauli Diaconi, Historia Longobardorum, in Monumenta Germaniae Historica Scriptores, rerum Langobardicarum et Italicarum, saec. VI - IX, Hannoverae 1878, II, 26. G.P. Bognetti, S. Maria Foris Portam di Castelseprio e la Storia Religiosa dei Longobardi, in L’età Longobarda, II, Milano 1966, pp.13-673 (pubblicato in G.P. Bognetti - G. Chierici A. De Capitani d’Arzago, Santa Maria di Castelseprio, in Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, 1948, pp.11-511) pp.72-73; cfr. D. Pacini, Fermo e il fermano nell’alto medioevo, Vescovi, duchi, conti e marchesi, in Studia Picena, LXII 1997, Camerino (AN) 1998, pp.7-68 p.10; S. Gasparri, I duchi longobardi (Istituto italiano per il medioevo, «Studi storici» 109, Roma 1978, pp.7-44. Escludono una invasione dalla Valle padana C.G. Mor, Problematica cittadina precomunale nel Piceno, in La città medioevale nella Marca Problemi di storia e urbanistica. Atti del VII convegno di studi maceratesi (1971), Macerata 1973 (Studi maceratesi 7), p.4; L. Hartmann, Geschuchte Italiens im Mitterlander, Gotha 1900, II, pp. 44-54, interpretando il passo di Paolo Diacono negano il superamento degli Appennini al tempo di Alboino, anche se esplicitamente documentata.

[7] Agnelli (Agnelli et Andreas Liber Pontificalis ecclesiae Ravennatis, in Monumenta Germanie Historica Scriptores rerum Langobardarum et Italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878, XXXII, pp. 265-391) cap. 94: “Post (dopo l'anno 570) vero depraedata a Longobardis Tuscia, obsiderunt Ticinum”; cap. 95: [vita del vescovo Pietro Seniore (569 o 570-578)]: “Post haec vero exierunt Langobardi et transierunt Tusciam usque ad Romam et ponentes ignem Petram Pertusam incendio concremaverunt. Et destruerunt praedicti Langobardi Forum Cornelii et consummata est civitas ab eis.” Lo storico confuse Forum Sempronii con Forum Cornelii (Imola) quest’ultima invece vitale fino alla sua devastazione attorno al 580 [G. Fasoli, Per la storia di Imola e del territorio imolese dall’alto medio evo all’età comunale (secoli VII-IX), in Medioevo Imolese, Imola 1982, pp.9-15; cfr. A. Vernarecci, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri, Fossombrone, I 1903, p.127]. Fossombrone fu realmente distrutta ed è vicina al Furlo. Ciò propone per le Marche settentrionali un’invasione dalla Tuscia, diversamente dal resto delle Marche (B. Feliangeli, Longobardi e Bizantini lungo la via Flaminia nel sec. VI, Camerino 1908, p. 73; cfr. M. Cagiano De Azavedo, Fonti scritte e archeologiche per l'alto medioevo nelle Marche, in Istituto e società nell’alto medioevo marchigiano- atti e memorie della deputazione di storia patria per le Marche (Ancona-Osimo, 17-20 ottobre 1981, Ancona 1983, I, pp.147-157, p.157).

[8] Dal Muzi (Memorie ecclesiastiche di Città di Castello, Città di Castello 1842, pp.196-197) sappiamo che il territorio della pieve di S. Martino e S.Giovanni di Apecchio era profondamente longobardizzato, infatti tali sono le sue chiese dipendenti: S. Paolo di Faville, S. Angelo di Cigno (Zinga di Castel Guelfo , S. Matteo di Papio, S. Martino del Piano, S. Giovanni di Somole, S: Bartolomeo di Casalbogna, S.Donato di Monte Ruperto, S. Angelo dei Vacigni, S. Quirico di Caselle, S.Giovanni o S. Bartilomeo di Nesciole, S. Giovanni di Vignolla, S.Giovanni di Nicone, S.Angelo o Florido di Sessolla, S. Donato di Tifio, S. Angelo di Quarantola, S. Paterniano di Monte Vicino. Sono contrapposte alle ravennate chiese di S.Vitale e S. Andrea di Pietragialla. Per quanto riguarda S. Egidio di Vergonzano, anticamente Ugunzano dobbiamo pensare che questo territorio sia stato ravennate e occupato dai Franchi di Carlo Magno, infatti questi s’inserirono sui solo possedimenti imperiali, lasciando intatti quelli longobardi. Così a Cantiano l’area del torrente Bovano (Bovo è un nome del periodo carolingio) ricadeva sotto l’influenza romana bizantina.

[9] La principessa gotica Ranilo donò al vescovo di Ravenna una massa luceolana e metà della <massa Firmidiana>> e cinquanta libbre d’argento Tjäder J. O., Die nichtliterarischen Lateinischen Papyri Italiens aus der Zeit 445-470, I, Lud. 1955, pp.300-308, n.46, p.13. Probabilmente la massa luceolana donata alla Chiesa di Ravenna è la stessa che il vescovo si Ravenna concesse a S. Pier Damiani, da questo destinata alla mensa del monastero di Camporeggiano (Gubbio).

[10] Agata (santa) martire sotto Diocleziano, protettrice di Catania e di San Marino, festa il 5 febbraio. Il 17 agosto si commemora il ritorno delle reliquie da Costantinopoli (1126), ivi trasferite il secolo precedente. Ricimero aveva eretto a Roma una basilica ariana, chiusa e riaperta da San Gregorio Magno al culto cattolico con le reliquie della santa e di San Sebastiano (Sant’Agata dei Goti). “La scelta di S. Agata individuata come la preferibile patrona per riattirare, per nuovo culto, quei fedeli che già venivano a quella chiesa per un culto riprovato, risponde ad una di quelle intuizioni e assieme ad una di quelle esperienze, che noi vedremo appunto, per chiari segni, presiedere a particolari accorgimenti dei missionari del Seprio.” (G.P. Bognetti, S. Maria Foris Portam di Castelseprio e la Storia Religiosa dei Longobardi, in L’età Longobarda, Milano 1966, p.534). “L’area di diffusione del culto di S. Agata…coincide con quelle zone nelle quali fu concentrato lo sforzo limitaneo bizantino...Le aree di culto di S. Felicita S. Agata…sono poi quelle delle resistenze bizantine.” (P.M. Conti, Ricerche sulle correnti missionarie nella Lunigiana e nella Tuscia nei sec. VII e VIII, in Archivio Storico Provinciale Parmense, IV serie, a. XVIII 1966, pp.83-84; Cfr. Bognetti, S. Maria, pp.335-337). *de Capitale (I.G.M.I., foglio Cantiano 116 III NE, 18.6, 3.7) (Sella, Umbria, n.2593; cfr. Luchetti, Notizie, p.19: S. Agata di Pian di Testa) Nel privilegio di papa Innocenzo II in favore dell’abbazia di S. Pietro in Massa (1140) S. Agata e S. Silvestro del comitato di Gubbio erano appartenenti all’abbazia, che si estendeva in questi confini: 1° Terra callensi, 2° Aqua Glaceata (Torrente Acqua Ghiacciata sul confine di Piobbico), 3° Vallis Major (Valdara), 4° Aqua quae vocatur Partita (Acquapartita); Serra Major (Tra Acquapartita e il Monte Cabaldini); 5° Terra Luceolana (Bricchi, Delli annali, p.46).

[11] Assunta dedicazione bizantina (F.V. Lombardi, Le primitive pievi della diocesi di Montefeltro e di Pesaro, in AA.VV., Pievi delle Marche, Fano 1978, pp.158-173, p.165) contrapposizione all’eresia del Monofitismo (sola natura divina di Gesù). Riconoscendo alla Madre terrena del Verbo la compartecipazione della Redenzione e delle Resurrezione finale, si ribadiva la doppia natura di Cristo. Per la cattedrale di Cagli; Bricchi (p.155); A. Gucci, Memorie della città di Cagli e dei principi suoi dominanti, manoscritto Cagli, Biblioteca Comunale, (il vol. I, trascritto e pubblicato da E. Paleani, Cagli 1999, f.3; ibidem, f.277; C. Arseni, Cale ubicazione, territorio e la via Flaminia, Cortona 1991, p.8)

[12] Abbondio Santo di area longobarda *(Serra S.) Comune I.G.I.M. Serra S. Abbondio Foglio 116 II N.O. 19.9, 18.0 documentato nel territorio di Luceoli sotto il monte. Nel 1128 Dovizo abate di S. Severo di Ravenna dona a Fonte Avellana sei mansi posti a Serra S. Abbondio e nello stesso giorno cede in enfiteusi perpetua: “…ecclesiam S. Abundi“, sita in territorio di Luceoli, insieme alla plebe di S. Angelo in Clandida (Pergola). Abbondio e Abbondanzio, martirizzati probabilmente nel 304 al XIV Km. della Via Flaminia, furono sepolti da Teodora presso Rignano Flaminio (B. De Gaiffeier, Le légendierers de Spoléte, in Analecta Bollandiana, LXXIV, 1956, pp.313-324; ibidem, Études critiques d’hagyogaphie et d’inocologie, Bruxelles 1967, pp.76-80). Altro Abbondio vescovo è patrono di Como (sconosciuto il luogo e la data di nascita che la data) il nome latino farebbe dubitare che fosse di Tessalonica ma, è certo l’ottima conoscenza del greco. Il 17 novembre del 440 consacrato vescovo di Como (successore di Amanzio), da Leone I Magno inviato come legato pontificio a Costantinopoli presso Teodosio III per risolvere i conflitti dottrinali creati dal vescovo Nestorio e da Eutiche, risolti nel Concilio di Calcedonia (451), dopodiché viene richiamato a Roma e torna nella diocesi lariana, impegnato nell’opera missionaria nella vicina Svizzera. Muore nel 468 o nel 469. Abbondio é campione dell’ortodossia di Calcedonia e promotore del culto aquileiese di Sant’Eufemia, emblema della resistenza degli scismatici tricapitolini nel confronti del cattolicesimo romano.

[13] S. Sebastianelli, Pergola p.107. Leccia, anticamente ‘Lizza’= recinto, fu confine del Ducato di Spoleto, diocesi di Norcia.

[14] Poiché Cagli e Fossombrone sono lungo la consolare Flaminia, questo sembra dare una continuità territoriale tra Ravenna e Roma. Per l’Anonimo ravennate l’Annonaria Pentapolensis è la "provincia Castellorum", cioè la regione montana ma il nome corrisponde all'antico Picenum Annonarium. Che con il nome di Pentapoli fosse designata la Flaminia unita all'Esarcato è una ipotesi frutto di incerte interpretazioni di documenti e confusioni di antichi testi.(cfr: Berretti, De Italia medii aevi, in Rerum Ital. Script., X, coll. CLXVII-CLXX; L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, II, Rimini 1856, pp.153-155; Ch. Diehl, Études sur l'administration byzantine dans l'exarchat de Ravenne, Parigi 1888, pp. 25-26, 59-63; A. Gaudenzi, Lo studio di Bologna ecc., in Annuario della R. Univ. di Bologna, anno 1900-1901, Bologna 1901, pp. 73 n., 79 n., 82 e passim). La Pentapoli Annonaria indica i punti di resistenza bizantini ma solo da Cagli a Gubbio è possibile supporre un collegamento alternativo alla Flaminia attraverso il passo di Moria ma almeno in questo periodo ciò è insufficiente l’ipotesi di un Corridoio da Roma a Ravenna.

[15] F. De Rosa ha risolto il confine Pianello- Serravalle-Carda, tra Cagli ed Apecchio, facendo da apripista per una più corretta spiegazione dei nomi in questo territorio montano. La lettura (consigliata) del testo andrebbe integrata con nuove indagini verso Gubbio sulla Serra del Burano largamente longobardizzata. Qui un varco (tra Col del Fico- Metotelle- Valia- S. Maria Assunta di Burano, contrapposte alle longobarde monte Perone-Buotano- S. Bartolomeo- Grellino) si prolunga verso Cagli attraverso S. Agata di Vilano- Ca Fossatone- S.Apollinare di Moria (la contrapposizione longobarda è evidenziata da S. Silvestro di Tecchie- Cai Grillo). Era forse l’unico tratto a presentare una continuità territoriale con Perugia perché le altre vie d’accesso appaiono interrotte dai Longobardi (così la Flaminia tra Pontericcioli e Scheggia e la Strada della Contessa).

[16] Foce dal lat. fauces (confine).
1. Foci (Le) (I.G.M.I., foglio Cagli 116 IV SE, 9.5, 22);
2. *Foce di Capitale (Frontone);
3. *Foce I.G.M.I., foglio Frontone 116 I SO, 16.3, 19.8;
4. *Focicchie [Fosso delle] (I.G.M.I., foglio Cagli 116 IV SE, 13.5, 27.5); *I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 3.6, 21.9);
5. *Fosso la Foce o di S. Maria o Fiumetto I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E. 10.5, 10.3 (Comune di Scheggia PG);
6. *Fucicchie (Gola delle) I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E. 8.6, 12.2 (Comune di Cantiano).

[17] Giovanni il Battista e l’ Evangelista (A. Vasina, Aspetti, p.36, 57), patroni longobardi, il primo particolarmente caro a Teodolinda (Paolo, IV, 21 e V, 6).

[18] Andrea apostolo, fratello di Pietro, discepolo del Battista, da cui l’epiteto προτóκλητος (primo chiamato). Crocefisso a Patrasso, secondo la tradizione le reliquie furono trasferite a Costantinopoli nel 356. Si veneravano le sue reliquie anche a Milano, Ravenna, Nola, Brescia, Aquileia, Roma. I Bizantini gli attribuiscono la fondazione della Chiesa di Costantinopoli, attraverso Stachiys, da lui ordinato vescovo. Festa il 30 novembre. L’angiotoponimo indica un territorio o un confine bizantino.

[19] Lucia vergine di Siracusa (283-303) martire sotto Diocleziano. Festa il 13 dicembre. E’ protettrice degli avamposti bizantini di maggior pericolo (Cfr. S. Prete, I santi martiri Alessandro e Filippo nella Chiesa Fermana- Contributo alla storia delle origini, Città del Vaticano 1941, p.32).

[20] Il toponimo viene interpretato come corruzione di ‘frana’. Il greco φρήν (phrḗn) = diaframma (ciò che divide, ostacolo barriera) può esserne l’origine; cfr. Castello di Val Frenaia a Cantiano; Frena - Frena - VI - II S.E. - 4135. Frena - Frena - 11 - I N.E. - 3836. Frena - Frena - VI - II S.E. - 4432. Frena - Frena - 11 - I N.E. - 3931. Frenademetz - Frenademèz (it.) - II - I N.E. - 3633. Frenademez - Fenademetz - v. s. Freudenberg; Frena - Castello (a N), Firenzuola (FI), a metà costa del monte Frena o Frenaio.

[21] Carda da *warda germ. o long. «posto di guardia» è reso come "gardo, gardeti ecc." [Gamillscheg, II, pp.68 e 178; Baldetti, p.805; A. Polloni, Toponomastica romagnola (Biblioteca dell’«Archivium Romanicum» fondata da G. Bertoni, Serie II, vol.83), Firenze 1966, (n.573) fa derivare questi nomi dal francone *gard terra racchiusa e coltivata, inapplicabile ai nostri toponimi, che sono situati in vetta lungo il confine. G.Buroni, diocesi, p.571: “Ritenne anche la denominazione di Carda forse secondo l’usanza longobardica del luogo da essi dominato –i Longobardi signoreggiarono sul territorio da Città di Castello ad Apecchio- o da cardo, pianta erbacea…”];
1. *C. Col di Cardo I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E. 6.9,13.8 (Comune di Cantiano) nei pressi di Valdonica e a Madonna dei Saletti, Comune di Cantiano;
2. *Carda I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 95.5, 26.5 (Comune di Apecchio);
3. *S. Cristoforo della Carda I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 96.6, 26.7 (Comune di Apecchio);
4. *S. Lorenzo della Carda) I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 96.2, 27.9 (Comune di Apecchio); *di Castel Focognano (AR);
5. *Carda magna I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 96.4, 27.3 (Comune di Apecchio);
6. *Carda (Torrente) affluente dell’Arno Alto Casentino;
7. *Cardaccia I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 96.5, 27.6 (Comune di Apecchio);
8. *Cardagnano in provincia di Macerata (diversamente Pellegrini, p.250: “da *Cardanius che manca allo SCHULZE il quale attesta Cardanus…”); *Cardano (Monte) vicino a Narni;
9. *Cardella I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO, 3.1, 26.9 (Comune di Piobbico);
10. *Cardellina (La) (Urbino 53.9,32.4);
11. *Cardesco (Cal) I.G.M.I, foglio Piobbico 116 IV NO, 0.2, 34.1 (Comune di Urbania);
12. *Cardeto (ecclesia de) nella pieve di Burgi, diocesi di Città di Castello (SELLA, Umbria, n.113);
13. *Cardeto presso Montone e Madonna dei Confini;
14. *Cardi [C. Col dei] (27.6, 14.8);
15. *Cardito (Monte) presso Campotosto;
16. *Cardito (Monte) presso il Monte Terminillo;
17. *Cardosa (Monte);
18. *Caresto [gardesco< cardesco
19. *Cartoceto [gardo + suff. eto =gardoetogeto
piedi così gardogeto
20. *Cordognolo (Fonte);
21. *Garda presso Amandola; *Gardella (40.8, 42.9);
22. *Guardate [Le] (I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO. 96.4, 23.5); *Fonte Cardica (Frontone).
[22] Angelo (Arcangelo –Michele) Protettore principale dei Longobardi, il culto fu iniziato da Grimoaldo (ariano), dopo la vittoria sui Bizantini al Gargano, favorita dall’apparizione dell’angelo (Paolo, V, 1; G.P. Bognetti, I «Loca Santorum» e la storia della Chiesa nel regno dei Longobardi, in L’età longobarda, III, Milano 1967, pp.303-345 (pubblicato in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, VI, n.2, 1952, pp.165-204), pp.334-335); E. Baldetti, Per una nuova ipotesi sulla conformazione spaziale della Pentapoli, in ISAM, pp.780-867. La dedicazioni sono a: *maggiore (Cagli); *Fosto (plurale di pfosten= palo, stipite, sostegno); *Sortecchio (Paravento); *iuxta flumen; *de traversa (presso s.Maria di Donico[xxii]); *Magliano; *de Tarugo;*s.Michele Cerreto. Inoltre i limitrofi: *de monte Insicco o dei Sicci; *de Clandida (pieve di Pergola); *de Pietralata (pieve di Acqualagna); *de Ripalta (tra Frontone e Pergola); * di Chiaserna di Cantiano (eremo posto tra il Petria e il Monte Chiaserna)

[23] Bartolo o Bartolomeo (san) in aramaico bar Thomay (figlio di Tholmay), apostolo in Asia Minore, martire per crocifissione o per scorticamento. Ottone III nel 983 portò le reliquie a Roma. Santo protettore della longobarda Benevento, dove vi furono trasportate le reliquie, nella credenza popolare invocato contro la paura. Festa greca 1 giugno, latina il 24 agosto. *Bartolomeo I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E. 4.7, 11.4 (Comune di Gubbio PG); *Bartolomeo del Mercatale vedi S. Maria del Mercatale. *Beni di S. Bartolo (Comune di Frontone) confine rivendicato di Cantiano (D.Luchetti, Notizie, p.31), *Fossa e Valle di S. Bartolo I.G.I.M. Cagli foglio n.116 IV S.E. 8.7, 21.8 (Comune di Cagli) confine rivendicato di Cantiano (Luchetti, Notizie, p.31, antico eremo al Petrano, il fosso scende presso il predio Le Foci per confluire nel Burano.

[24] San Martino. ‘Malleus’ degli ariani, il suo culto fu diffuso in Italia prima dell’arrivo dei Franchi, di cui era santo protettore (Gregorio di Tours, De virtute S. Martini, I, 16, [Gregorii episcopi Turonensis Libri historiarum X, (Historia Francorum), ed. B. Krusch- W. levinson, Hannoverae 1951, I, 2,598, in Monumenta Germaniae historica. Scriptores rerum Merovingiarum, ed. W. Arndt- B. Krusch- W. Levinson, Hannoverae 1885-1951; Bognetti, Loca santorum, p.307).

[25] Quirico (Chirico) martire, venerato dai Longobardi (G. Imbrighi, I santi nella toponomastica italiana, Roma 1957, p.110). il culto è stato introdotto in età longobarda dai missionari orientali * di Massa, pieve (I.G.M.I., foglio Pianello 116 IV SO. 0.5, 20.4; Sella, Marchia, nn.2743 e 2796; Palazzini, Pievi, pp.165, 169-171).

[26] Salvatore. *de faucibus (Sella, Marchia, nn.2719, 2876: S. Salvatore); Palazzini, Pievi, p.4; Buroni, diocesi, pp.114-125: ”…sorgeva sui dirupi di Campo Ventoso, sopra la Flaminia, chiamati Foci di Cagli che ci ricordano l’espressione del Damiani “in faucibus Callensium montium”. In altri documenti è detto Ecclesia s. Salvatoris de Fauce, de Faucibus, intra Fauces…a. 1093- In una pergamena dell’Archivio Capitolare sotto l’anno 1093 si ha il primo ricordo dell’eremo nell’indicazione di alcuni confini: res a tenimento, que tenuit Sancto Salvatore… a.1200- Nel 1200 i monaci fecero acquisto per la loro chiesa di alcuni beni posti nella corte di Colmatrano [una delle due rocche di Cantiano n.d.a.], in un luogo chiamato Fenetria [Tenetra n.d.a.] In detto luogo e corte D. Matteo, monaco e rettore nel 1219 comprò una vigna e altre terre nella pieve di s. Anastasio [s. Anastàsia di Chieserna n.d.a.].” Ebbe particolare culto longobardo (Vasina, Aspetti, p.36, 56).

[27] Pescare dal long. *bakiz corso d’acqua abbiamo:
1. Serra S. Abbondio C.F.A. II, p.29: “Iuxta castellum Leseam in loco qui dicitur Piscaria”;
2. *Fonte Peschiera I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E. 8.9, 16.8 (Comune di Cantiano);
3. *Pascelupo di Scheggia è la Fonte del Lupo;
4. *Pescara I.G.I.M. Frontone Foglio 116 I S.O. 14.5, 19.7 (Comune di Frontone);
5. *Pescare (Rio) I.G.I.M. Cagli foglio n.116 IV S.E. 7.1, 25.8 (Comune di Cagli);
6. *Peschiera (C.) I.G.I.M. Frontone Foglio 116 I S.O. 21.4, 24.6 (Comune di Pergola).

[28] Long. Gahagi indica un alto fusto recintato – riserva di caccia.

[29] Long. Wald = bosco. Alla forma Wald

[30] I confini si consolidarono (invariati fino a Liutprando) con la tregua del 593 e la successiva pace del 595 tra Aginulfo e papa Gregorio Magno, da cui si auto esclusero i Bizantini che mantennero uno sterile stato di guerra con i Longobardi. Il tentativo di riconquista di Romano, esarca di Ravenna, sul piano militare si fermò alla riconquista di Narni, occupata dal duca di Spoleto pochi mesi prima. Il resto fu un accordo con Maurizione duca di Perugia, che si ribellò a Pavia e per questo decapitato da Aginulfo nel 593 prima di assediare Roma.

[31] La poligamia ammessa dai Longobardi (fino a quattro mogli più schiave e concubine) contribuì al loro più rapido sviluppo nelle terre occupate, anche con il grosso tributo delle prigioniere locali.

[32] Il toponimo deriva dall’alto ted. *butē =divisione (dà origine al franc. *butin e all’ital. *bottino preda- bottino) Botano- Avevo accolto (Rinolfi, Luceoli, p.63) il suggerimento di Pellegrini (Appunti, p.195) per una forma prediale da BUTT- BUTTANU (W. Schulze, Zur Geschichte laternischer Eigennamen, Berlin 1904, n.215), dubbia in verità anche per l’Autore:
1. *Botaneto (Comune di Fossombrone);
2. *Botano (fiume, ricordato dal SARTI, p.143: “…Buranus luceolano amnis, Tenetriae, Botano, aliorum fluviorum nobilitatus acquis…);
3. *Botano (il) I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E .9.6, 15.8 (Comune di Cantiano)
4. *Botano I.G.M.I, foglio Piobbico 116 IV NO 2.8, 32.8 (Comune di Acqualagna, sul confine con Urbania);
5. *Botano I.G.M.I. foglio Cantiano 116 III NE, 9.6, 15.9 Comune di Cantiano;
6. *Botano (torrente) Comune di Serra S.Abbondio sul confine del gastaldato di Venatura;
7. *Botina [C.] presso S. Angelo d’Assino contrapposto a *Metato, *Vaglie, S. Faustino, Madonna dei Confini;
8. *Botina I.G.I.M. foglio Lama, I 115 SO, 24.4, 83.7 tra Apecchio e Città di Castello;
9. *Botogno (Apecchio);
10. *Bottina presso Pieve dei Saddi;
11. *Bottinelli (Ponte) (dial. Butinelli) I.G.I.M. Cantiano foglio n.116 IV N.E.7.9,18.4 Comune di Cantiano,
12. *Budino tra Foligno e Bevagna.
13. *Buotano I.G.I.M. foglio Castiglione, III 125 NO, 99.9, 5.7 Comune di Gubbio;
14. *Buotano I.G.M.I. foglio Cantiano 116 III NE, 9.4, 11.4 Comune di Scheggia;
15. *Buotano I.G.M.I., foglio Caibelli III 116 NO, 0.6, 11.8 Comune di Gubbio;
16. *Buta [C.] tra Citerna e il Monte S. Maria, presso Lippiano, si contrappone a *Metotelle;
17. *Butano presso Ancona (G. Amodio, Toponomastica Marchigiana, voll. 5, Ascoli Piceno, 1952-1979, V, n.1295);
18. *Butino (Monteleone di Spoleto) contrapposto al Monte Metola.

[33] Rimane il dubbio se questi confini furono dettati da azioni belliche o furono in parte disegnati dall’accordo politico del 593-595 tra Aginulfo e papa Gregorio Magno, dove il re si impegnava di proteggere i beni della Chiesa di Ravenna. Probabilmente la pacificazione favorì accordi locali per la viabilità: a Frescina, tra Piobbico ed Acqualagna Frescina (frei shine cancello libero, un libero passaggio), mentre Ca Ain Zara (Urbania nei pressi di S. Maria in Campolongo) è ain zara= gabella, il passaggio a pagamento.

© by Paolo Rinolfi 2019

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