Secchianoceras e Petranoceras, due nuovi generi di ammoniti

di Paolo Faraoni



Nelle foto sopra da sinistra Secchianoceras secchianense Venturi n.sp. - Petranoceras
mariottii Venturi n.sp.


Riassunto: In questa nota vengono evidenziati due nuovi generi di ammoniti Secchianoceras e Petranoceras provenienti dai livelli marnosi dei “Lecceti” del Fiume Bosso. Per il genere Petranoceras è stata poi istituita la specie Petranoceras mariottii dedicata a Don Mariano Mariotti parroco di Secchiano dal 1868 al 1876. Fu il primo geologo della vallata del Fiume Bosso, insigne studioso che collaborò con i più famosi scienziati italiani e stranieri. Lasciò una importante collezione di fossili al Comune di Cagli, che non è ancora riuscito dopo 150 anni a trovarle una degna sistemazione.


Nei primi anni novanta per poter recuperare la legna del bosco di “Col del Sciubbio” alle pendici del Monte Petrano fu costruita una mulattiera con l'ausilio di una pala meccanica.
Questa mulattiera partiva dalla “Passarella” e sovrapponendosi al vecchio sentiero, costeggiava le “Lastre” per arrivare ai “Bregni” e al bosco della “Scortatora” di “Col del Sciubbio”. Naturalmente fu uno scavo abbastanza invasivo, anche se oggi è quasi nascosto dalla vegetazione, ma che a livello paleontologico fu interessante perché portò alla luce degli strati marnosi molto importanti e fino ad allora sconosciuti per la scienza al passaggio tra Corniola e Rosso ammonitico.
In questi strati marnosi si trovarono molte ammoniti, e per alcune fu necessario istituire dei nuovi generi Secchianoceras e Petranoceras,  perché mai classificate fino ad allora. In quegli anni, molti studenti dell'università di Roma vennero a studiare sulle “Lastre” e produssero numerose tesi di laurea, coadiuvati dai loro professori Giovanni Pallini e Federico Venturi. 

Nel 1994 venne poi pubblicato un lavoro scientifico a nome P.Faraoni, A.Marini, G,Pallini & F.Venturi – Nuove faune ad ammoniti delle zone E.mirabilis ed H.serpentinus nella Valle del F.Bosso (PS) e loro riflessi sulla biostratigrafia del limite Domeriano-Toarciano in Appennino. Studi Geologici Camerti volume speciale, 1994, “Biostratigrafia dell'Italia centrale”, 247-297.
In questo lavoro, vengono evidenziate molte specie di ammoniti del Domeriano sommitale e del Toarciano basale, e le nuove scoperte dettero poi la spinta ad altre ricerche in tutto il bacino mediterraneo.

Qui sopra due bei esemplari di Eodactylites tauromenensis (Fucini) dalle “Lastre”.
Esemplari di Paraliceratoides sp. Dalle “Lastre” con evidenziata la linea suturale tracciata con inchiostro che è quello che resta dell'inserzione dei setti del fragmocono sulla parete interna della conchiglia ed è molto importante per la distinzione di generi e specie.


Qui sopra da sinistra Protogrammoceras bassanii (Fucini), Lytoceras compressum (Pallini), Neoliceratoide capuanai (Fucini)

Oltre a queste importanti specie di ammoniti, sono stati rinvenuti i due generi nuovi Secchianoceras secchianense (Venturi) qui sotto alcuni esempari:



Ed esemplari del nuovo genere Petranoceras mariottii (Venturi):




Questa ammonite è stata dedicata a Don Mariano Mariotti per il suo impegno storico nello studio della Valle del Bosso e a 140 dalla scomparsa ne vogliamo tracciamo un breve ricordo.

Da un resoconto storico sui parroci della parrocchia di Secchiano.
Don Mariano Mariotti fu parroco di Secchiano dal 1868 alla data della morte avvenuta il 20 febbraio 1876. Assiduo ricercatore di fossili sulle montagne dell'Appenino, amico dello Zittel, dello Ioni, del Piccinini, del Meneghini avrebbe potuto lasciare più vasta orma nella storia, se alla sua tendenza agli studi geologici avesse unito le scienze affini. A lui si deve la scoperta della Avicula Ianus e delle Rhinchonella Mariotti.
Ricordatevi sempre, quel che vi dissi, gli scriveva il Piccinini, che in Cagli, stazione geologica interessantissima, un gabinetto di paleontologia per fare all'uopo i riscontri sarà immensamente proficuo al progresso delle scienze e non potrà non diventare una vera rarità, preziosa sotto tutti i rapporti”
Altri amici gli promettevano di fare di tutto, perché il suo gabinetto paleontologico potesse riuscire classico, raro, insigne, e unico. Don Mariano Mariotti moriva il 20 febbraio 1876, il suo corpo veniva tumulato in chiesa e la sua splendida collezione di fossili, arricchita con esemplari di altre località, passò in parte all'Università di Pisa in parte giace disprezzata in una sala del patrio Municipio.

Altro contributo importante nel ricordare Don Mariano Mariotti è dato dal prof. Ferretti Alberto di cui riportiamo una sintesi. (La valle del Metauro – Mariano Mariotti).
Don Mariano Mariotti è stato il primo geologo della valle del F. Bosso.
Aveva cominciato a raccogliere fossili dall'autunno del 1862. Quasi certamente fu il prof. don Raffaele Piccinini, monaco avellanita, che aveva fondato a Pergola la stazione botanico-geologica del Catria, a guidare don Mariano nelle prime raccolte e nelle prime determinazioni degli esemplari.
Tramite il Piccinini, don Mariano conobbe il prof. Giuseppe Meneghini dell'Università di Pisa, con cui scambiò numerose lettere.
Cominciò così un'amicizia tra il professore ed il dilettante di paleontologia che doveva durare fino alla morte di don Mariano.
Una parte dei fossili inviati a Pisa furono descritti e figurati dal Meneghini; altri esemplari furono successivamente descritti e figurati da Alberto Fucini. Il 22 aprile 1868, il prof. Meneghini scrisse a don Mariano che il prof. Karl Alfred Zittel dell'Università di Monaco di Baviera desiderava venire in Italia per studiare la geologia dell'Appennino Centrale.
L'incontro fra don Mariano e lo Zittel fu vantaggioso per entrambi e don Mariano imparò moltissime cose sui fossili.
L'attività scientifica e la collezione dei fossili di don Mariano furono così note a più studiosi che si rivolsero a lui per informazioni o per cambi.
Scriveva il Mici nel 1873: "A Secchiano, villaggetto a tre miglia da Cagli, quel parroco pievano don Mariano Mariotti da sé ha ricercato infaticabile quei monti e con zelo assiduo formato una raccolta di numerosi fossili e ben determinati e ritrovato importanti documenti paleontologici per la determinazione già prima incerta di alcune rocce secondarie."
Dopo la morte di don Mariano, avvenuta il 20 febbraio 1876, la collezione fu affidata a don Gregorio Mei, come ricorda Guido Bonarelli.
I libri di geologia e di paleontologia furono invece depositati nella biblioteca comunale di Cagli.
Da allora, ogni tanto, qualcuno si ricorda della collezione di fossili di don Mariano. In un numero della rivista "Il Catria" (anno 2, n. 5, 1899) si ricordava che: "Lunghi anni di premurose ricerche tra le rocce dei nostri monti gli fruttarono una splendida collezione di fossili ch'egli arricchì con esemplari di altre località. Questa collezione è in proprietà del patrio municipio e trovasi precariamente in una sala del teatro.”
Nel 1909, mons. Tarducci aggiunse: "È cosa veramente desiderabile che i reggitori del Comune vengano a qualche determinazione per la custodia di questi ed altri oggetti che giovano non meno all'incremento degli studi storici che al decoro della propria città” Nel 1943, il Buroni ricordò che "la splendida collezione di fossili giace disprezzata in una sala del patrio municipio".
Qualche anno dopo, Osvaldo Pedriali, cronista cagliese, rammentò che "la collezione si trovava sistemata molto precariamente in una soffitta del teatro."
Il 19 maggio 1972 io e Franco Aguzzi ritrovammo la collezione di fossili in un'altra soffitta di un istituto scolastico cittadino.
Depredata, in parte distrutta, in parte emigrata verso altre città, la collezione dei fossili di don Mariano attende ancora una degna sistemazione.
Prof. Alberto Ferretti.


Bibliografia:
dal sito (La valle del Metauro – Mariano Mariotti) del Prof.Alberto Ferretti.
P.Faraoni, A.Marini, G,Pallini & F.Venturi – Nuove faune ad ammoniti delle zone E.mirabilis ed H.serpentinus nella Valle del F.Bosso (PS) e loro riflessi sulla biostratigrafia del limite Domeriano- Toarciano in Appennino. Studi Geologici camerti volume speciale, 1994, “Biostratigrafia dell'Italia centrale”, 247-297.


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