Non rubate le trote al Vescovo !

di G. Presciutti, M.Presciutti, G.Dromedari


Le acque del Certano nei pressi della risorgiva

E’ storia antica, i potenti, in ogni epoca, hanno sempre cercato di riservare a sé stessi le cose migliori: cibi, oggetti preziosi, opere d’arte, etc.  Le trote del Certano, un torrente che nasce nei pressi dell’arco di Fondarca, a Pieia (Pu), e finisce la sua corsa a Pianello di Cagli (Pu) tuffandosi nel Bosso, non hanno fatto eccezione.

Un esemplare di trota fario (1)

 Nelle mappe moderne il torrente viene chiamato Giordano, ma è una storpiatura, che non ha alcuna attinenza con il nome storico, Certano, che risulta essere ampiamente documentato in numerosi atti, alcuni dei quali risalenti al medioevo.

In rosso è evidenziato il percorso del Certano dalla sorgente fino a Pianello

 I fiumi come è noto, marcano in modo indelebile un territorio, segnano confini, uniscono le comunità che vivono lungo le sue sponde, sono l’origine di miti e leggende, insomma non si possono raccontare le vicende degli uomini senza conoscere la storia dei fiumi.

La zona dell'arco di Fondarca dalla quale nasce il Certano

Il Certano, pur con una portata così ridotta e lungo solo alcuni chilometri, non si sottrae a tale regola e possiamo dire senza timore di essere smentiti, che in passato ha inciso in modo permanente la vita e la memoria collettiva delle comunità di Pieia, Cerreto e Pianello. I loro abitanti ricorrevano alle sue acque per macinare, per fare il bucato, per irrigare gli orti, per lavare la lana delle pecore al tempo della tosatura, e, naturalmente, per trarne alimento pescando trote e capisciotti (in italiano Scazzone - Cottus gobio). Tanti i fatti e le piccole vicende quotidiane delle quali le sue acque sono state testimoni silenziose.  

Il tratto iniziale della valle del Certano

Negli anni ’60, poi, è arrivata la “modernità” e con essa anche i suoi guasti: il torrente è stato sconvolto e violentato dai lavori di captazione fatti per realizzare l’acquedotto, che, portando le sue acque a Urbino, ne ha ridotto in modo quasi letale la portata. Captazioni, tunnel, dighe e lavori vari, hanno irrimediabilmente modificato il letto del torrente.  Il fiume che non si intorbida mai e i suoi miti, sono stati umiliati, non ci resta che conservarne ostinatamente la memoria.   
Già il Bricchi, annalista cagliese del ‘600, parlava in questi termini del Certano: “in mezzo d’una (vena) sgorga sì abbondante l’acqua, che rompendo il Monte (Nerone) cade precipitosa a formare un giusto fiumicello detto Certano, genitore del pesce Trotta, sì delicato, che merita la sola mensa de’ Prencipi; e perciò con tormentose pene da dominanti è stato a sé serbato: restando la pesca di Bosso e Borano e d’altri luoghi in libertà di qualunque”.
I Duchi di Urbino prima e le autorità ecclesiastiche poi, i “Prencipi dominanti” così come li appellava il Bricchi, sotto la cui giurisdizione ricadeva il Certano, nel tempo emanarono numerosi editti con i quali cercarono di contrastare, con pene molto dure, la pesca di frodo della trota.  
Il primo bando a noi noto, ma è probabile che ve ne siano di precedenti, risale al 1522 e fu emesso dai Duchi di Urbino i quali, riferendosi esplicitamente al Certano, lo definiscono come il fiume “che mai non s’intorbida, e subito nato genera Trotte eccellentissime, uscendo da quella nobile e gran montagna detta volgarmente Monte Nerone”.  
Il divieto di pesca venne poi ribadito negli anni seguenti in numerose altre occasioni. Come insegnano le grida di manzoniana memoria, il reiterarsi dei bandi forse segnala le difficoltà incontrate dalle autorità nel farli rispettare, nonostante la durezza delle pene inflitte. Di seguito proponiamo la trascrizione del bando del 1651, emesso dal Vescovo di Cagli (Documento conservato presso l’Archivio di Stato di Pesaro).

Al nome di Dio Amen
Fra Pacifico Trani (o Trasi)* Romano per la Dio grazia, e della Santa Sede Apostolica.
Vedendo con esperienza l’abuso e l’annoisservanza delli editti pubblici fatti dalli nostri antecessori sopra la bandita della pesca delle trotte nel fosso del Certano posto nelli beni di questo vescovado.
Perciò per cause a noi note e per l’occorrenze che possono nascere e per conformarci maggiormente con i giusti sentimenti dell’eminentissimo sig. Cardinale Legato, riferendo a detti editti delli nostri Antecessori e quelli rinnovando espressamente commandiamo, e prohibiamo, che nessuno per l’avvenire abbia ardire di pescare con reti, ami, né paste, o altra sorte d’instrumenti atti per la pescaggione nel fosso chiamato il Certano ove notano pesci detti le Trotte, posto nelli beni della nostra Abbazia di San Pietro di Massa perpetuamente unita alla Mensa Episcopale, incomminciando dal luogo ove scaturisce  l’acqua di detto fosso sino all’entrare nel fiume di Bosso, sotto pena di scudi cinquanta d’oro, d’applicarsi la metà ai luoghi Pij a nostro arbitrio, un quarto all’Accusatore, che sarà tenuto secreto, et un quarto dall’essecutore che ne farà reale essecutione, et anco dello carcere per due mesi, e d’altre pene a nostro arbitrio. Volendo e dichiarando incorrere nella stessa pena quelli, che attualmente non fossero catturati purchè colti a questa cura per il detto di un teste, che (dicano) andati a pescare, ancorchè no havessero preso pesce alcuno.

In fede. Dato in Cagli dal Palazzo episcopale lì 15 novembre 1650
(-) Felici Vicario Diocesano
[*] Grazie alle indicazioni e chiarimenti gentilmente suggeriti da Luchetti Edmondo precisiamo che l'editto fu emesso a nome del Vescovo dal Vicario Generale della Diocesi, Felici. La cronotassi dei Vescovi di Cagli riporta il cognome "Trani o Trasi" che, originario di Roma, fu Vescovo di Cagli dal 1642 al 1660. Il Vescovo in questione era un francescano ed è per questo motivo che viene utilizzata l'abbreviazione iniziale di F. che sta per Fra.



Il bando del 1650

 Dunque la pena per coloro che fossero stati colti in fallo era di ben cinquanta scudi d’oro, con la possibilità di applicare perfino il carcere per due mesi. Una sanzione durissima! Una supplica del 1667 conservata presso l’archivio della curia vescovile di Cagli, ci conferma che la carcerazione per i pescatori di frodo del Certano fu effettivamente applicata, poiché il supplicante, tale Valentino Sebastiano del Pianello, si ritrovava carcerato per “aver preso quattro trote contro i bandi e le proibizioni”. Da rimarcare il ruolo fondamentale assegnato ai delatori, il cui nome veniva mantenuto “secreto” ed ai quali andava un quarto della pena pecuniaria applicata ai colpevoli, “ancorchè no havessero preso pesce alcuno”. Diciamo che il senso civico dei cittadini veniva “adeguatamente stimolato”, ma l'astuzia e la fame della povera gente erano comunque difficili da combattere !

Speriamo che queste poche note contribuiscano a tenere viva la memoria di un torrente che, nonostante tutte le aggressioni subite, ha ancora tante storie da rivelarci. 

Un altro tratto del Certano nei pressi di Pianello

Un esemplare di capisciotto (Cottus gobio) (2)



Immagine (1): "Salmo trutta" di Eric Engbretson for U.S. Fish and Wildlife Service - Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons -
Immagine (2): "Cottus gobio (in situ)" di Hans Hillewaert - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 4.0 tramite Wikimedia Commons -

© 2014 by Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Giuseppe Dromedari - Tutti i diritti riservati
      

 






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