La chiesa delle scimmie. Un mistero risolto?

di Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti e Giuseppe Dromedari



Il flumen Scimie



Fino a cinquanta/sessanta anni fa, gli anziani che abitavano nei poderi a cavallo del confine fra Marche e Umbria, lungo la strada che congiunge Pianello di Cagli a Pietralunga, erano soliti avvertire i propri nipoti con questa frase: “State lontani da quel posto, è pericoloso. C’era la chiesa delle scimmie! Ci sono i fantasmi e accadono cose strane”. 

Non sappiamo se queste poche parole, pronunciate con convinzione, siano state sufficienti a bloccare le intemperanze dei giovani della zona, però, in un’epoca ancora libera dall’egemonia della televisione e di internet, un effetto sicuramente lo avranno avuto, tanto che questi racconti sono arrivati fino a noi e poi, come la “chiesa delle scimmie”, sono scomparsi nel nulla, cancellati dalle vorticose trasformazioni indotte dalla crescita economica prodottasi dagli anni sessanta in poi.

Quando, una decina di anni fa, stavamo lavorando sulla documentazione d’archivio cercando di ricostruire le origini storiche della vallata di Pianello e dell’abbazia di San Pietro di Massa, ci imbattemmo in un documento di ricognizione dei confini fra il comune di Cagli e il comitato e la diocesi di Gubbio, redatto il 29 luglio del 1285, nel quale il “flumen Scimmie” veniva indicato come il punto di riferimento iniziale dei confini del contado di Cagli, che “incipiunt super flumen Scimmie per Serram Vallis Teri e per Serram Maii …”.

Quindi l’antico nome di quello che oggi nelle moderne carte IGM viene indicato come fiume “Certano” era “flumen Scimmie”! La conferma la trovammo esaminando con attenzione un atto del 1339 che elencava le proprietà dell’abbazia di Massa, dove nel descrivere un appezzamento di terreno di dieci coppe ed i relativi confini è scritto testualmente: “terram laborativam in contrata Ranchi bianchi, collis sancti et flumingnoni in monte et pertinensiis migliarie iuxta acquam flumingnoni, fluvium Scimie et castellare montis migliarii …”.

Fu a quel punto che, parlando con Massimo Vantaggi di quello che avevamo scoperto sul vero nome del fiume Certano (notevole e disastrosa la confusione sui nomi dei fiumi attorno a Pianello fatta nelle carte IGM!), questi ci riferì dei racconti misteriosi che circolavano nella zona sulla “chiesa delle scimmie” e dei ruderi che lui stesso aveva visto personalmente su indicazione di un anziano del luogo. 

Il quadro si andava componendo, mancava soltanto la prova definitiva della presenza di questa fantomatica chiesa, conferma che trovammo andando a spulciare gli elenchi delle decime pagate nell’anno 1349 dalle chiese soggette alla Pieve di Aggiglioni: fra queste trovammo anche la “Ecclesia S. Christofori de Stimia”, quella che poi nei secoli successivi, ormai diruta e con un titolo ormai non più collegato al nome del fiume, nell’immaginario della gente del luogo è diventata la “chiesa delle scimmie”. 

San Cristoforo porta il Bambino di Mostaert Jan

Crediamo che questo sia un caso esemplare di come il racconto fantastico, il mito, a volte si fondano e si intreccino con la realtà e di come dipanando, con pazienza e fortuna, il gomitolo delle informazioni attinte dalle fonti storiche, a volte, si riesca a ricostruire il contesto storico nel quale certi racconti e certi toponimi sono nati.

Il luogo dove sorgeva l' Ecclesia S. Christofori de Stimia

Una volta chiarita l’origine del nome della chiesa, i “misteri” però non sono finiti, a cominciare dal nome del fiume stesso. In molti si sono ingegnati a cercare un’origine etimologica a partire da scima (gola dritta), scimpodium (lettuccio di riposo), scimia (gergo dei cacciatori che significa corso d’acqua attraversabile poggiando sempre i piedi a terra), ma riteniamo che il significato più probabile vada ricercato in una radice riconducibile al tedesco antico che significherebbe fangoso, come proposto alcuni anni fa dal dr. Paolo Rinolfi, anche se, per completezza, dobbiamo aggiungere che la stessa radice in tedesco antico riconduce anche al significato di splendente, luminoso. 

In realtà chi abita a Pianello di Cagli sa bene che quel torrente dopo ogni temporale si intorbida subito e diventa turbolento in breve tempo, mentre l’altro torrente che scende dal Nerone, il Giordano (anche questo nome utilizzato sulle carte IGM è sbagliato; il vero nome è Certano!) non si intorbida mai, quindi l’ipotesi proposta dal dr. Rinolfi appare come quella più logica.

Se questa è la corretta interpretazione, l’attribuzione di questo nome al fiume sarebbe riconducibile al periodo della dominazione longobarda, quando i nuovi arrivati individuarono questo carattere specifico del torrente e lo utilizzarono per distinguerlo dagli altri che confluiscono a valle.

Alcune parole vanno spese anche per il santo a cui la chiesa era intitolata: Cristoforo. E’ questo un santo molto noto e venerato nella sua iconografia tradizionale occidentale, frutto delle leggende agiografiche e delle narrazioni favolose compilate in età tardoantica e medievale, che lo vedono attraversare un corso d’acqua portando in spalla Gesù.

In effetti Cristoforo godeva di una speciale venerazione presso i pellegrini e proprio per questo sorsero in suo onore istituzioni e congregazioni aventi lo scopo di aiutare i viaggiatori che dovevano superare difficoltà naturali di vario genere (non dimentichiamo che la Ecclesia S. Christofori de Stimia” sorgeva in prossimità del guado di un fiume e quindi era del tutto logico richiamarsi alla protezione di questo santo). 

Meno noto è il fatto che nell’iconografia tradizionale ortodossa e copta Cristoforo viene rappresentato in abiti vescovili e con la testa di cane, tanto che il particolare della cinocefalia ha indotto qualche studioso a vedere nella leggenda l'influsso di elementi della religione egiziana, presi specialmente dal mito del dio Anubis, o anche di Ermete ed Eracle. 

In realtà anche nell’iconografia occidentale si possono cogliere influenze precristiane perché Cristoforo è rappresentato come un gigante che porta il Cristo su una spalla: ebbene, nel mondo ellenistico era diffusissima l’immagine di Eracle che portava Eros. E’ altrettanto facile individuare similitudini con lo stesso Anubis, il Dio “psicopompo” dalla testa di sciacallo, il traghettatore di anime nel mondo dei morti, dell’antico Egitto. Dunque sarebbero molte le considerazioni da fare a proposito della intitolazione a San Cristoforo della “chiesa delle scimmie”. 

Rappresentazione di San Cristoforo secondo l'iconografia orientale
Aggiungiamo un’altra ipotesi di riflessione: nella chiesa era forse custodita una rappresentazione di San Cristoforo “all’orientale”, ovvero con la testa di cane? Se si, possiamo immaginare quale impatto potesse avere quella figura sulla fantasia della gente del luogo e di coloro che vi passavano per esigenze di viaggio. 

Le poche pietre che restano della chiesetta di San Cristoforo de Stimia
Oggi della chiesa, che sorgeva ai margini di una radura, restano soltanto un paio di filari di pietre di arenaria conciata dai quali, con qualche difficoltà, si riesce a definire l’antico perimetro, veramente minuscolo, della costruzione. Questa era stata realizzata, forse, nel luogo dove venivano celebrati antichi culti pre-cristiani, come molto spesso è accaduto durante il processo di cristianizzazione delle vallate appenniniche più remote. 

Vista frontale del manufatto realizzato nei pressi della chiesa di San Cristoforo
Poco distante dai pochi resti della chiesetta si può ancora oggi osservare un manufatto veramente particolare in quanto composto, nella sua struttura fondamentale, da tre enormi monoliti di arenaria, di cui uno appoggiato agli altri due. La struttura è poi completata su un lato da un paramento murario realizzato a secco con piccoli blocchi di arenaria conciata. Il monolite sovrapposto agli altri due forma una nicchia, ora forse tana di qualche animale, poi una specie di canale si apre verso l’esterno della struttura.

Vista dall'alto
Impossibile capire la funzione di questo complesso di elementi, non causali ma opera dell’uomo, come è facile comprendere per via della cortina muraria presente sul fronte. 

Vista laterale con la cortina muraria in primo piano.
Interno della struttura
Di certo colpiscono le dimensioni dei monoliti utilizzati: il monolite (A), evidenziato in giallo, ha una lunghezza di 3,70 mt, è alto più di un metro ed ha una larghezza di circa 90 cm, mentre il monolite (B), evidenziato in rosso, è lungo 3,40 mt., è alto circa mezzo metro e largo circa 1,10 mt. Sulla base di queste misurazioni abbiamo calcolato che il monolite (A) abbia un peso di circa 90 quintali, mentre il monolite (B) pesa circa 50 quintali, mentre di dimensioni un po’ più ridotte è il monolite (C), evidenziato in blu nell’elaborazione fotografica. 

Elaborazione fotografica che mette in evidenza le varie componenti della struttura.
Smuovere, sollevare da terra e posizionare monoliti che pesato 90 o 50 quintali non è impresa da poco, specie se fatta in un’epoca dove non si disponeva dei macchinari attuali. Chi e in quale epoca ha deciso di realizzare questo strano manufatto? Per quali finalità o utilizzi è stato realizzato? Sono domande alle quali non abbiamo risposte, ma la nostra curiosità è molto stimolata. 

La nicchia presente all'interno della struttura, ora, forse, tana di qualche animale.
Da questa immagine è facile rendersi conto delle proporzioni della struttura.
Premesso che la zona è ricchissima di filoni di arenaria che affiorano dal terreno e quindi è lecito pensare che in passato siano stati utilizzati dagli abitanti della zona per ricavarne materiale da costruzione (anche se in realtà non si notano cumuli di residui da sbozzature come invece in questi casi normalmente si vede), tuttavia nella zona si trovano affioramenti di monoliti di arenaria che non sembrano del tutto casuali, come ad esempio quello raffigurato nella foto, nel quale spicca un menhir accuratamente incastrato fra due pietre, mentre altri giacciono a terra, secondo un’approssimativa forma circolare.

Il menhir che affiora dal terreno



Tutto ciò è frutto del caso? Probabile, però, come tutta la vicenda della “chiesa delle scimmie” insegna, quando esistono molti elementi di curiosità che convergono sullo stesso luogo, forse è il caso di porsi qualche domanda in più.



© 2018 by Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Giuseppe Dromedari - Tutti i diritti riservati

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