Il territorio tra Cagli e Cantiano (Marche). Geologia e paleontologia.

di Federico Venturi e Paolo Faraoni


Riassunto: Vengono riviste alcune successioni di Corniola di età parte inferiore del Carixiano (Pliensbachiano inf.) del territorio tra Cagli e Cantiano. Al fine di evidenziare l'importanza dei nuovi generi di ammoniti che si possono inquadrare in tre bioeventi: 
1) con Caleites calensis e Catriceras campiliense, 
2)con Farinaccites clavatus e Miltogeras gr.sellae, 
3) con Tethymorphites appenninicus.
Queste forme sono tipiche del dominio della Tetide occidentale, distinte da quelle del dominio europeo.

Fig.1 Federico Venturi al Bosso
Sui versanti dei monti, Nerone, Petrano e Catria e sulle vallate interposte affiorano rocce sedimentarie, calcaree di origine marina risalenti prevalentemente al Mesozoico medio (Giurassico) e superiore (Cretacico).
Fin dagli anni ’80 hanno stimolato studi stratigrafici da parte dei geologi dell’Università “La Sapienza” di Roma (Giovanni Pallini), del Servizio Geologico Nazionale ( Stefano Cresta, Fabrizio Cecca, e Massimo Santantonio), dell’Università di Perugia (Federico Venturi) e locali (Alberto Ferretti, Paolo Faraoni e Agostino Marini).
Le rocce stratificate sono disposte in modo da formare anticlinali e sinclinali e le successioni sono generalmente di due tipi: “normali” e “ridotte” di spessore e lacunose. Le unità stratigrafiche giurassiche, utilizzate dai geologi del territorio umbro-marchigiano,in ordine di tempo ( Calcare Massiccio, Corniola, Marne del Serrone,o unità calcareo-marnosa del Sentino, Rosso Ammonitico, Calcari a Posidonia, Calcari di asprigni, oppure diasprini, calcari ad Aptici) sono ben esposte all’interno delle vallate dei fiumi, Bosso, Burano e Sentino, laddove le successioni raggiungono il massimo spessore, mentre sulle aree cimali dei monti appaiono ridotte di spessore e condensate. Le rocce stratificate del Cretacico (Maiolica, Marne a Fucoidi, Scaglie, bianca, rosata e rossa) hanno aspetto simile e non presentano le variazioni laterali di quelle giurassiche ( Guida della Società Geologica Italiana, Appennino umbro-marchigiano 1994).
Gli studi stratigrafici dei fossili, eseguiti tramite campionamenti metodici e dettagliati, sono essenziali per studiare il tempo geologico e tra questi i migliori per il Giurassico (200-130 milioni di anni fa) sono gli ammoniti, che si possono trovare in grande quantità. Questi fossili di molluschi cefalopodi estinti sono considerati tipici fossili guida; si tratta di modelli conchigliari interni calcarei che mostrano una eccezionale diversificazione, dovuta a evoluzione rapidissima esplosiva, il cui studio è ben lungi dall’essere esaurito (Venturi e al. 2010).
Il Giurassico, per la cronologia, è suddiviso in tre parti; in ordine, inferiore (o Lias), medio e superiore.
L’inferiore consta di 4 piani: Hettangiano, Sinemuriano, Pliensbachiano e Toarciano, il medio di 3, Aaleniano, Bajociano e Batoniano; il superiore di 4: Calloviano, Oxfordiano, Kimmeridgiano e Titoniano. Le successioni del Giurassico inferiore hanno dato ottimi risultati, dove raggiungono notevole spessore, cioè nelle vallate dei fiumi Bosso e Burano; qui ci sono sinclinali generalmente asimmetriche e si può distinguere per ognuna, gamba occidentale e orientale; in quelle orientali gli strati calcarei hanno una disposizione leggermente inclinata vero Est; tra queste è degna di nota quella della “Corniola” della vallata del f. Bosso, rilevata e campionata, da Ferretti (1970), da Dommergues e al. 1994-96 e da Faraoni e al. 1994, 96. I piani ben rappresentati sono, Sinemuriano e Pliensbachiano, con una sequenza di strati di spessore superiore a 200 m. [segue uno schema del Giurassico con le suddivisioni e i piani].
Il Sinemuriano, durata 6-7 milioni di anni, è rappresentato da ammoniti, Analytoceratidae, Schlotheimiidae, Echioceratidae e Oxynoticeratidae, il Pliensbachiano da: Eoderoceratidae, Polymorphitidae, Tropidoceratidae, Coeloceratidae e Hildoceratidae, una grande varietà che permette di suddividere il tempo geologico in intervalli di tempo piccoli geologicamente, cioè zone biostratigrafiche; ognuna ha avuto una durata di 3-500.000 anni.
Faraoni e Marini nel 1994-95 eseguirono una rilevamento stratigrafico e un campionamento dettagliato dei fossili presenti nella “Corniola” del F. Bosso; così hanno fatto vedere che le faune italiane, tipicamente mediterranee (Tetide occidentale) sono molto differenti di quelle europee. Gli Aa. hanno così migliorato la datazione delle rocce e le loro possibilità di correlazione.
In realtà da oltre un secolo le datazioni standard sono effettuate sulle successioni nord-europee, per cui i piani geologici utilizzati in campo internazionale portano i nomi dell’area. Per il Giurassico inferiore, Hettangiano, da Hettange (Francia nord, bacino di Parigi); Sinemuriano da Semur-en Auxois, Cote d’Or, (Francia); Pliensbachiano da Pliensbach (Germania); Toarciano , da Thouars (Deux- Sévres, Francia centrooccidentale).
Da questo procedimento che permette la datazione con nomi e non con gli anni trascorsi, deriva un uso pratico della biostratigrafia assolutamente indispensabile nei nostri tempi, basata quasi completamente sugli ammoniti fossili guida europei.
Faraoni e Marini affiancati da Pallini, più dei loro precursori, lavorando autonomamente, hanno dovuto datare gli strati della vallata del f. Bosso con fossili ammoniti che per allora erano in gran parte sconosciuti e tuttavia di grande importanza; questi hanno potuto caratterizzare una bella successione del Pliensbachiano,
ad alto grado di risoluzione. I fossili trovati con referenza stratigrafica per allora sconosciuti hanno reso necessario proporre per l’istituzione nuovi generi e specie, che oggi non sono riconosciuti in campo internazionale con sottovalutazione del loro effettivo valore. In realtà Faraoni e Marini, campionando uno spessore di “Corniola”, per la parte inferiore del Pliensbachiano inferiore (o Carixiano), hanno messo in evidenza tre associazioni; la più bassa presenta come ammonite nuovo il Caleites calensis (originariamente denominato Polymorphites calensis), una media caratterizzata da Farinaccites clavatus e una superiore con Tethymorphites appenninicus (originariamente denominato Polymorphites appenninicus).
Queste forme sono state definite originariamente come generi e specie nuove, perché era assolutamente necessario marcare la documentazione della successione appenninica in modo peculiare e il fatto che i generi non siano riconosciuti in sede internazionale (Howarth 2013, nel Treatise on Invertebrate Paleontology rivisto) rappresenta un grave danno che si riflette negativamente su temi geologici generali, come quelli paleogeografici, che devono essere basati su correlazioni attendibili. Infatti in quell’epoca due domini, nordeuropeo e mediterraneo dovevano essere separati con una barriera poco penetrabile, che non viene considerata convenientemente nelle ipotesi e di cui si parla sempre in modo troppo astratto.
Il lettore viene qui informato circa le caratteristiche peculiari dei tre generi rappresentati da morfologie conchigliari figurate e pubblicate nel 1996. Nel momento in cui questi generi saranno riconosciuti costituiranno orologi geologici di pubblico dominio e molto importanti per il territorio italiano e anche tetideo.

Schede 

CALEITES 
specie tipo: Polymorphites calensis Faraoni, Marini, Pallini e Venturi, 1996

FIG.2 Figura del lato e del profilo degli esemplari di Faraoni, a destra ologenerotipo di specie.

Vedi anche scheda in Venturi e al. 2010
Diagnosi riassuntiva: conchiglia mediamente evoluta a sezione della spira ellittica; spira poco ricoprentesi; area ventrale arrotondata liscia o con coste appena accennate che non formano un angolo incurvato in avanti.
Coste poco rilevate strette, terminanti in spine piccole trasversali posizionate sui bordi ventrolaterali. Non ci sono coste secondarie. Suture settali con E circa lungo come L, in posizione asimmetrica rispetto alla mediana.
Posizione stratigrafica: parte medio inferiore della zona a Catriceras catriense (strati 45-56 del Bosso).
Origine del nome: il nome del genere deriva dall’originale latino del paese di Cagli.
Osservazioni: Howarth (20139 nel suo “Treatise….” Lo considera sinonimo di Polymorphites e figura un esemplare come riferimento: il tipo originale di Quenstedt 1884 proveniente da Hinhrweiler (Germania), definito lectotipo; designazione di Donovan e Forsey 1973.
In base alla figura dell’originale i Polymorphites hanno coste più rilevate proverse terminanti in spine oblique (non trasversali), area ventrale più appiattita attraversata da coste secondarie fini e fitte che formano un angolo evidente rivolto in avanti; la sezione della spira è subtrapezoide. Le suture settali hanno il lobo E largo alla base, carattere non presente in Caleites; inoltre la distribuzione stratigrafica crono, non concorda, poiché i Caleites sono più antichi. Per la nostra opinione i Polymorphites non erano presenti nell’area mediterranea. I Caleites sono stati trovati anche al Passo del Furlo (evento Fu1) associati a Catriceras campiliense (Venturi e al. 2005) 

FARINACCITES 
specie tipo Farinaccites clavatus Faraoni, Marini, Pallini e Venturi, 1996

FIG.3 Figure del lato e del profilo es. di Faraoni

Vedi anche scheda in Venturi e al. 2010
Diagnosi riassuntiva: conchiglia mediamente evoluta con nucleo più involuto; sezione della spira sub rettangolare molto alta; ricoprimento dei giri scarso. Coste fini e fitte, generalmente rectiradiate, terminanti in clavi proversi ventrolaterali lunghi; non attraversano l’area ventrale.
Suture settali poco conosciute, ma non molto frastagliate con lobi non arborescenti.
Posizione stratigrafica: parte inferiore della zona a Miltoceras sellae (strati 82-92 della sezione del f. Bosso)
Origine del nome: il nome viene dalla prof. Farinacci dell’Università di Roma, “La Sapienza” micropaleontologa, per debito di riconoscenza di Pallini suo allievo.
Osservazioni sulla validità: Meister e al. (2006) lo hanno considerato sinonimo di Metaderoceras; Howarth (2013) con concezione simile lo considera sinonimo di Dubariceras.
Nel “Treatise” rivisto il tipo di Dubariceras è rappresentato da un esemplare figurato da Dommergues, Mouterde e Rivas 1984 proveniente dalla Spagna (Caravaca, Mursia) con 5 giri conservati. Nell’esemplare in questione l’area ventrale è arrotondata elevata e le coste prorsiradiate finiscono in spine piccole ventrolaterali; hanno una disposizione obliqua come quelle di Metaderoceras. I Farinaccites sono molto differenti, per la sezione molto più alta che larga della spira e per la presenza di clavi (anziché di spine).
Inoltre la distribuzione stratigrafica crono non concorda (Farinaccites è presente nella zona a M. sellae, Dubariceras invece caratterizza la zona a M. gemmellaroi). Howarth fornisce un’idea della distribuzione zonale di Dubariceras volutamente ambigua: Pliensbachiano inferiore, specialmente zona a Ibex ( si ricorda che la zona aIbex europea corrisponde alla nostra zona a M. gemmellaroi). I Dubariceras, assenti in nord-Europa, confermiamo, provengono anche per i dati appenninici, dalla zona a M. gemmellaroi e non sono presenti nella zona a M. sellae (documentazione inedita della loc. Le Gorghe, M. Acuto).

TETHYMORPHITES 
specie tipo: Polymorphites appenninicus Faraoni, Marini, Pallini e Venturi 1996

FIG.4 Figura del lato e del profilo e della sutura settale; es. di Faraoni
Vedi scheda in Venturi e al. 2010
Diagnosi riassuntiva: conchiglia mediamente involuta con sezione dei giri subtriangolare alta. Area ventrale subacuta e coste leggermente flessuose proverse fini e fitte che giungono attenuate sull’area ventrale.
Mancano le spine ventrolaterali. Suture settali con lobi poco frastagliati; E largo,lungo circa come L, U2 U3 piccoli.
Posizione stratigrafica: parte alta della zona a M. sellae (Carixiano inferiore); trovato soltanto nella “Corniola” del f. Bosso.
Origine del nome: somiglianza superficiale con Polymorphites e appartenenza al dominio mediterraneo (Tetide occidentale)
Osservazioni: Howarth (2013) nel “Treatise” non ha preso in considerazione il genere, essendo stato proposto troppo recentemente, nel 2010, tre anni prima della edizione “Treatise” rivista. Per Meister e al. ( 2006), in “Episodes” la specie potrebbe appartenere ai Miltoceras.
Per la nostra opinione, differisce dai Polymorphites per l’avvolgimento maggiore, per l’area ventrale subacuta e non tabulatoarrotondata), per le coste fini e fitte con differente andamento. Ciò è confortato anche dall’aspetto delle suture settali. Differisce dai Miltoceras per la mancanza delle spine ventrolaterali, per l’area ventrale ( in Miltoceras arrotondato-elevata) e per le suture settali (in Tethymorphites originalmente conformate).
Per alcuni aspetti si consiglia di confrontare i nostri Tethymorphites ai Zamaiceras di Rakus e Guex (2002), specie tipo Z. mangoldi; che però ha giri interni a sezione cadicona e che presenta spine ventrolaterali. Le forme del ns genere presenta maggiore affinità con Zamaiceras carinatum Rakus e Guex, da cui differisce per le suture settali e per la presenza di un rilievo carenale; in base a questi motivi e anche per la differente posizione cronostratigrafica si pensa ad una somiglianza morfologica per convergenza.
Infine è difficile, per le vedute moderne, attribuire il genere ad una sottofamiglia conosciuta, ma è tuttavia un marcatore importante di un preciso intervallo cronologico.

Fig.5 Confronto tra le successioni Tetidee e Nord Europee e correlazioni presunte del limite tra Sinemuriano

CONCLUSIONI
I tre generi ancora non riconosciuti in sede internazionale, tipici delle rocce “Corniola” del f. Bosso, per la nostra opinione, sono validi, e devono essere utilizzati. Rappresentano tre momenti geologici successivi delle zone, a Catriceras catriense e Miltoceras sellae.
Non sono presenti nell’Europa settentrionale e vanno considerati caratteristici della Tetide occidentale.
Fin quando non saranno ritenuti validi non possono essere utilizzati per le correlazioni, con grave danno per i confronti tra i domini tetideo e nord-Europeo.
In realtà il discorso non investe solo il campo della cronologia ma anche quello della paleogeografia; infatti durante il Giurassico inferiore la distinzione fra i due domini sarebbe dovuta ad una barriera geografica (o ecologica), ancora non chiaramente individuata, che avrebbe ostacolato lo scambio faunistico. I generi appenninici (e tetidei) sarebbero una prova convincente in più dell’isolamento.

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