Gli utensili presenti nel Palazzo Ubaldini di Apecchio prima del terremoto del 1781

di Stefano Lancioni


Ingresso di Palazzo Ubaldini (foto dell’autore)


   L’interessante articolo di Leonello Bei, pubblicato su questo blog l’11 novembre scorso, ipotizza che il quadro della Madonna del Carmelo, originariamente collocato nel Palazzo Ubaldini, sia stato spostato nella Pieve di Apecchio nel 1841, quando il comune ottenne il Palazzo come residenza municipale. Un’ipotesi alternativa, sempre espressa nell’articolo, è quella dell’asportazione di tale quadro da parte degli eredi del conte Federico II Ubaldini, poco dopo il 1754. Questa seconda ipotesi mi sembra decisamente da preferire.
   Dopo la Devoluzione seguita alla morte del conte Federico Ubaldini, il Palazzo, residenza dei Conti in Apecchio, fu considerato “feudale” (cioè connesso all’amministrazione del feudo), non “allodiale (cioè di proprietà privata): pertanto venne attribuito alla Reverenda Camera Apostolica, che lo utilizzò variamente  nei primi decenni successivi alla Devoluzione.
   Dal 1752 al 1754 ospitò i soldati del presidio pontificio, che occupavano una stanza al primo piano del Palazzo, contigua all’Appartamento Nobile. Sempre al primo piano fu alloggiato il podestà che, nominato dal Legato (o Delegato) di Urbino e Pesaro, era giudice in prima istanza e  supervisore dell’amministrazione locale e dell’ordine pubblico. Alcune stanze al pian terreno, le scuderie e le cantine furono invece affittate al ministro dell’eredità Ubaldini (poi De Vico).
   L’occupazione da parte della Reverenda Camera Apostolica riguardò però solo l’edificio e i documenti dell’Archivio (trasferiti a Pesaro e poi a Roma, dove tuttora si trovano): mobili, quadri e qualsiasi tipo di oggetto al loro interno furono considerati “allodiali”, accatastati in una stanza in attesa che gli eredi (che ancora non si erano accordati sul possesso di essi  né sul possesso degli altri beni di famiglia) giungessero ad un accordo; infine, dopo l’accordo intervenuto tra le parti, furono trasportati fuori Apecchio da uno dei coeredi nel giugno 1760 (per l’incuria del podestà furono asportati nell’occasione anche bracci di ferro, serrature e catenacci: non rimasero nel Palazzo, in definitiva, che le nude pareti[1]. E’ quindi improbabile che siano rimasti nel Palazzo oggetti, quadri, suppellettili di qualche valore dopo  tale data.
   Bisogna inoltre pensare che, il 3 giugno 1781, Apecchio fu colpito da un violentissimo terremoto del nono-decimo grado della scala Mercalli, che ebbe come epicentro il Monte Nerone e che provocò in Apecchio enormi danni e diverse vittime[2].
   Apecchio fu praticamente rasa al suolo ed anche il Palazzo fu gravemente danneggiato. Orazio Tranquillo Locchi ricorda, rifacendosi ad una “cronaca del tempo” (che non mi è stato possibile rintracciare), che era “per due terzi diruto e per un terzo minacciante ruina [3]. La descrizione dei danni sembra in effetti trovare riscontro in riferimenti sparsi presenti in documenti proposti da monsignor Berliocchi e nella corrispondenza del podestà in quelle convulse giornate.
   Monsignor Berliocchi, consultano i libri della parrocchia di Apecchio, ricorda anche tre uomini deceduti “sotto le ruine del Palazzo Apostolico”: don Marco Galleani, di 66 anni; Luca detto Broda (78 anni) e il cancelliere Luigi Mancini “il cui corpo non si poté ritrovare, nonostante le ricerche di vari giorni tra le rovine”[4].  Riuscirono invece a fuggire dal palazzo il podestà, dottor Ubaldo Gentili, e la moglie, che era in stato interessante.
   Nei mesi successivi il podestà trovò alloggio a casa dell’Arciprete[5], mentre il Palazzo fu lasciato a se stesso per qualche mese: furono solo fatti degli scavi per recuperare i cadaveri e le carte dell’archivio, e questi in mezzo ai pericoli, dato che, come ricorda il podestà stesso in una sua missiva del 9 giugno indirizzata a Sua Eminenza, le reliquie del Palazzo minacciavano continuamente ruina[6] e le scosse di assestamento provocavano continuamente nuovi crolli.
   Che siano rimasti quadri o oggetti di valore nel Palazzo (restaurato negli anni successivi per ordine della Reverenda Camera Apostolica) è quindi impossibile.
   A titolo di curiosità, a conclusione dell’articolo, inserisco una lista di oggetti che, invece, sicuramente erano presenti nel Palazzo al momento del terremoto. Si tratta di due elenchi di utensili, forniti dalla comunità di Apecchio (che era stata poi rimborsata dall’autorità centrale) al podestà e al cancelliere, e trasmessi da un funzionario all’altro. L’elenco è del 1806, ma fa esplicitamente riferimento al primo acquisto di tali utensili al momento del terremoto (Primacché cadesse rovinosa l’antica fabbrica per l’orribile terremoto del 1781 trovavasi la detta abitazione fornita degli utensili necessarj per li podestà, e cancellieri, come l’Eminenza Vostra Reverendissima potrà degnarsi di riconoscere dalle due distinte copie d’inventario).

Inventario delle robbe somministrate in utensilj alli signori podestà di Apecchio dalla Reverenda Camera Apostolica[7]

·          Un caldaro
·          Una stagnata
·          Una padella grande ed una piccola
·          Un para coprifuochi
·          Una cattena
·          Una schiumarola, ed una mescola di ferro, con forchettone
·          Un scaldaletto di rame
·          Due spiedi uno grande, ed uno piccolo
·          La paletta, palettino, mogliette di ferro, graticola e tripiedi
·          Un radimattesa di ferro
·          Un tavolone con tre cassettini di noce
·          Due mezze tavole di noce
·          Un tavolino quadro di noce
·          Un tavolino ovato di noce, con suo cassettino d’albero
·          Un ceppo con quattro piedi ad uso di tagliar carne
·          Un coltello grande con manico di legno per uso come sopra
·          Una tavoletta per fare il battuto
·          Una mattera con il lasagnolo, spianatoja e due staccie
·          Una mastella
·          Due letti con pagliacci, tavole e trespoli
·          Dieci sedie di sgarza usate, e sei nuove
·          Una salarola
·          Un lanternone
·          Eppiù barcacani n. 4 con due tavoloni
·          Eppiù due fornelli
·          Ferratura in uno di essi
·          Credenza
·          Un guardaceneri di ferro
·          Una carega di noce coperta di pelle

Interno di Palazzo Ubaldini (Foto dell’autore)
   Meno numerosi gli utensili forniti al segretario (Inventario delle robbe somministrate in utensili alli signori cancellieri di Apecchio dalla Reverenda Camera Apostolica)[8]
·          N. 4 sedie di sgarza
·          Una credenza
·          Due tavolini
·          Un para tripiedi
·          Una cattena
·          Due chiavi alla porta dell’ìngresso con sue serrature
Un pajo di trespoli con sue tavole per un letto.

© 2016 by Stefano Lancioni - Tutti i diritti riservati




[1]Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi ASP), Legazione di Urbino e Pesaro (d’ora in poi Leg.), Lettere delle comunità: Apecchio, b. 3, 1760-1765, lettera del podestà Francesco Maria Ubaldini, 24 luglio 1762
[2]S. LANCIONI, Il terremoto del 3 giugno 1781. Documenti riguardanti Cagli ed Apecchio, in  “Sguardi – Quaderno del Liceo Torelli”, 2009, pp. 18-29
[3]O.T. LOCCHI, La provincia di Pesaro e Urbino, Roma, 1934, pp. 571-572
[4]L’annotazione deve riferirsi ai giorni successivi al terremoto (come anche specificato nelle lettere del podestà sotto riportate). Una lettera di Sua Eminenza dell’ottobre 1781 comunque attesta che, a quella data, il corpo del povero Mancini era stato (forse da qualche tempo) già ritrovato e che alle povere spoglie era stata data cristiana sepoltura: ASP, Leg., Copialettere, 7183 (1781-82), p. 29r, Al podestà di Apecchio, 5 ottobre 1781 (il podestà deve attivarsi presso i consiglieri di Apecchio affinché a don Domenico Mancini, fratello del defunto segretario, siano rimborsate le spese sostenute).
[5]La convivenza suscitò però  un certo sconcerto ad Apecchio dove, qualche anno dopo, si ricordavano ancora le palpabili parzialità del podestà per l’Arciprete in occasione de riparti alli danneggiati del terremoto (ASP, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, b. 6, 1780-1789, lettera del podestà Luigi Rossi, Apecchio, 2 aprile 1786., attestato dei consiglieri, Apecchio, 29 marzo 1786.): i successori (Alessandro Orlandini e Ottaviano Leonardi) preferirono pertanto lasciare tale abitazione ed andare ad abitare in una casa privata, quella dei coniugi Collesi, mentre i lavori di sistemazione del palazzo incominciavano.
[6]ASP, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, b. 6 (1780-1789, lettera di Ubaldo Gentili, podestà di Apecchio, Mercatello, 9 giugno 1781.
[7]ASP, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, b. 9 (1805-1806), lettera del podestà Diodato Rosa, Apecchio, 25 giugno 1806.
[8]ASP, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, b. 9 (1805-1806), lettera del podestà Diodato Rosa, Apecchio, 25 giugno 1806

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...