Dedicata a te
che sei stato bagnato
dalla pioggia repentina,
lampeggiante sulla Fonticella,
che hai sfangato gelido
la candida neve
che hai gioito il fresco
lucore dei boschi
e le placide notti
serene all'ombra del Monte Sacro
Iniziamo questo articolo con una
vecchia dedica che è indirizzata a tutti gli attuali abitanti delle nostre
terre appenniniche, ma soprattutto a coloro che ci hanno preceduto nel tempo e
lasciato in eredità queste vallate serene e nello stesso tempo difficili. Gli
antichi Umbri avevano un grande rispetto della natura tanto da ritenere che un apposita divinità,
Vofiono Grabovio il dio incarnato nella montagna, era deputata a mantenere
l'ordine naturale.
Il tratto di territorio che ci
interessa in questo scritto è quello della Serra Appenninica che fa da cornice all'antica via umbra che
collegava la (TOTA) comunità dei Tifernates (odierna Città di
Castello), a quella degli Iguvini (che è l'attuale Gubbio); questo
territorio in particolare era abitato dalle
Decuvie (TEKVIE) dei Casilates di Apecchio, Pieienates
di Pieia e Pianello di Cagli fino ai Claverni di Chiaserna e Cantiano.
La toponomastica sacra si ritrova
ancora con molta frequenza in alcune colline denominate OKRE, che era il
luogo di osservazione del volo degli uccelli per trarre il presagio favorevole
legato al Picchio, o anche in toponimi che richiamano il LUCUS che era
il luogo sacro come Col Ruperto (Luperco) o le Bocche del Lupo, o Lucarara....
Antichi scrittori romani si
interrogavano sulla probabile origine degli umbri, il popolo che abitava le
zone appenniniche e che era presente ancora prima della fondazione di Roma.
Servio Mario, grammatico romano,
ritiene gli Umbri una popolazione discendente dai Galli "umbros gallorum
veterum propaginem esse Marcus Antonius refert" (Marco Antonio riferisce
che gli Umbri fossero una discendenza degli antichi Galli).
Anche Catone chiama i Galli
progenitori degli Umbri e Zenodoto di Trezene, citato da Dionigi di
Alicarnasso, dice che gli Umbri si stabilirono presso il Tevere, prendendo il
nome di Sabini e incontrando coloro che i Lacedemoni inviarono presso quei
territori ai tempi in cui Licurgo era governatore di Sparta, più di cento anni
prima della fondazione di Roma. (Le Storie di T. Livio pg 45-46).
Jean Baptiste Bullet (1699-1770)
in "memoires sur la langue celtique", che è un vero e proprio
vocabolario celtico-francese, riferisce di avere potuto ricavare moltissime
parole dei testi degli antichi autori greci e romani, che hanno conservato
invariate parole celtiche, del gaelico del Galles e dell'Inghilterra.
Altri autori ci dicono che gli
Etruschi, quando si insediarono in Italia, occuparono parte dei territori degli
Umbri ed è ormai opinione comune che popolazioni umbre abitassero l'Italia
Centrale a cavallo dell'Appennino fin dal periodo della cultura villanoviana,
prima dell'espansione romana.
Nelle romagne ritroviamo i Sarsinates,
poi scendendo verso sud Tifernates, Pitinates, Ikuvini, Camertes
e tutti gli altri popoli a loro affini come Piceni, Sabelli,....
Il picchio verde, uno degli uccelli il cui volo era osservato dagli àuguri umbri (fonte immagine: Di Sven Teschke, Büdingen - Opera propria, CC BY-SA 2.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=173915) |
Per comprendere non si può che
partire dalla conoscenza, che abbiamo di questa zona appenninica in epoca
preromana, dalle Tavole Iguvine che è un importante ritrovamento bronzeo che ci
illustra come avvenivano le cerimonie religiose e la vita sociale.
Il panteon umbro dell'antica
Gubbio è molto complesso e si presenta con divinità derivanti da cinque azioni
sociali, che sono utilizzate come aggettivazioni delle divinità: POPRS
la crescita, SAKE il patto, GRABO la quercia, CUBRA la
buona, HODO di valore sconosciuto.
Altri nomi derivano dalle azioni
tipiche che si svolgevano durante i sacrifici religiosi: DIKAMNO il
dichiarante, VOFIONO l'impegnatore, SPETOR l'osservatore, HATU
il responso, PORDOVIENT l'offerente, VESTIKO il libante.
Come nel mondo romano le tre
divinità più antiche sono Giove, Marte e Quirino, anche presso gli Umbri
troviamo tre capostipiti Giove, Marte e Vofiono i quali infatti come divinità
ancestrali ricevono in sacrificio tre bovini (trif buf caliersu, tres boues
callidos) con la fronte ed il muso bianchi, mentre gli dei minori a loro
connessi ricevono tre scrofe gravide, tre porcellini da latte e tre agnelli. (G.
Dumézil pag. 144)
Nella maggior parte dei casi le
divinità sono raggruppate in triadi e spesso ritroviamo ancora oggi il toponimo
Treara, che ci ricorda appunto la presenza di tre altari sacrificali, come
nella zona di Piobbico dove è sovrastato dal Monte del Picchio, che era il
luogo di osservazione del volo degli uccelli da parte dell'augure per ricavare
il presagio favorevole alla tribù.
La principale divinità
riconosciuta in tutto il mediterraneo derivava dal sanscito Diaus Pitar (dio
padre) dal quale era derivato lo Zeus (dieus) greco, che non a caso
nella voce genitiva suonava come dios, voce che ha la medesima origine
del termine dies che signiifca giorno, luce.
La cornacchia, un altro degli uccelli osservati (fonte immagine: Di ponafotkas - ravenUploaded by Snowmanradio, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10179993 |
Anche presso i latini abbiamo Jupiter
che è appunto (genitivo jovis) e quindi Giove, mentre
per gli etruschi l'equivalente era Tinia, dove la parola tin significa
appunto giorno e ci riporta al significato originario del dio ancestrale e come
questi era il lanciatore di fulmini!.
Da non dimenticare che anche
presso gli Egizi la principale divinità era chiamata Ra ed era il dio
rappresentato dal sole!
Dal sito Web IRDAV "Le
Tavole di Gubbio" possiamo riassumere le divinità che si riferiscono al
panteon dell'antica città di Gubbio, come vengono rappresentate nelle Tavole
Ikuvine:
–
Atto Giovio, che è l'azione sacrale (ahto), espressione
dell'ordine universale (giovio);
–
Atto Marzio, che è l'azione sacrale (ahto), espressione della
funzione virile (marti);
–
Dicamno Giovio, dedicazione sacrificale (dica), dell'ordine
universale (giovio);
–
Fisovio Sancio, le fedeltà (fisio) espressione del patto (sancio);
–
Giove Grabovio, l'ordine universale (giovio), incarnato dal monte
(grabo);
–
Jupater, giovepadre, l'ordine universale come figura paterna;
–
Holi, il dio del menir, residuo di culto umbro antichissimo;
–
Hondo Giovio, il vittorioso (hondo) come protettore dell'ordine
universale;
–
Hondo Cerfio, il vittorioso (hondo) come protettore del principio
della vita;
–
Marte Grabovio, la funzione virile (marti) incarnata dal monte;
–
Marte Hodo, la funzione virile (marti) come sbaragliatore (hodo);
–
Pomono Popdico, la fruttificazione (pomo) come espressione di
pienezza;
–
Pordovient, l'offerente;
–
Prestota Cerfia di Cerfo Marte, colei che sta davanti per
proteggere il principio di vita (cerfio) della funzione virile;
–
Sancio Giovepadre, il patto (sancio), espressione dell'ordine
universale paterno;
–
Cerfo Marte, il prinicio della vita (cerfo) nella funzione virile;
–
Tefro Giovio, il focolare (tefro) come espressione dell'ordine
universale;
–
Torsa Giovia, la spaventatrice (torsa) che protegge l'ordine
universale;
–
Torsa Cerfia di Cerfo Marte, la spaventatrice che protegge
il principio di vita;
–
Trebo Giovio, il dio dell'abitato (trebo) che protegge l'ordine universale;
–
Vesona di Pomono Popdico, la buona dea (vesona) che protegge i
frutti ed è l'equivalente della romana Bona Dea o Cupra in altre popolazioni
adriatiche;
–
Vestico Sancio, divinizzazione dell'impasto (vestico) come
espressione del patto;
–
Vofiono Grabovio, il dio dell'ordinamento (vofio) incarnato dal
monte.
In una precedente pubblicazione
"La via delle Rocche, il corridoio bizantino-Urbania 1988) avevo riferito
come negli anni 50, in occasione della costruzione della strada che si inerpica
sul Monte Nerone, nei pressi della vetta, era stata ritrovata una statuetta
bronzea all'interno di una nicchia di pietra.
Alta circa trenta cm rappresentava
un guerriero nudo con la testa coperta da un elmo e in atteggiamento di
impugnare uno scudo con il braccio sinistro mentre il destro è piegato sopra la
spalla nella posizione di getto della lancia. All'epoca la statua fu
individuata come la rappresentazione di un guerriero o anche dello stesso
Marte.
La gazza. Il suo volo, insieme con quello del picchio e della cornacchia era oggetto di interpretazione e se ne ricavavano gli auspìci. (Fonte immagine: Di Benutzer123 di Wikipedia in tedesco(Testo originale: Benutzer123 @ de.wikipedia.org) - Trasferito da de.wikipedia su Commons.(Testo originale: selbst), Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1932976) |
Molti raccontavano che era stata
ritrovata nei pressi anche un'altra statuetta di dimensione simile ma in forma
di figura femminile, che aveva al proprio fianco una cerbiatta e che veniva
indentificata in Diana; entrambe le statuette furono vendute dall'operaio che
le aveva trovate al capocantiere e poi finite in qualche collezione privata o
anche in qualche museo dove ce ne sono molte delle quali non si conosce il
luogo di ritrovamento!.
Marte italico (fonte immagine http://www.romanoimpero.com/2009/12/il-culto-di-marte.html) |
Il nome stesso del Monte Nerone,
che è situato nella zona appenninica subito a ridosso delle Serre che conducono
a Gubbio, si può ritener derivante da Nerio Martier (ner =
virtus, eroico), infatti questa divinità era considerata la sposa di Marte
secondo le popolazioni sabine (Pl. Truc. 515) (Gellio 13,23,2).
Come molti altri sono convinto
che sia valida anche l'ipotesi che potesse trattarsi della coppia di divinità
umbre Cerfier Martier e Prestota Cerfia di Cerfier Martier.
A Coltona di Cagli è stata
ritrovata una statuetta di efebo dedicata a Marte, a Vallibona di Apecchio un
offerente floreale probabilmente in onore della dea Bona appunto, di cui è
rimasto il nome nella località o per la sua analoga e più antica divinità umbra
Vesona, poi latinizzata in Bona.
Tra tutte queste divinità del
panteon Ikuvino, che erano probabilmente diffuse in tutta la comunità (Tota)
pur se in modo diverso fra le differenti tribù, ritroviamo nei territori
appenninici situati fra i Comuni di Apecchio e Cantiano e dintorni
principalmente MARTIER (Marte), che viene richiamato nella cerimonia della
lustrazione ed in altre, ed è presente nelle due attribuzioni di Cerfier e
Piquier.
Nella aggettivazione CERFIER
sembra che fosse localizzato principalmente nei pressi di corsi d'acqua o
sorgenti, ed ancora oggi ritroviamo Madonna del Cerbone a Cantiano, Gorgo a
Cerbara a Piobbico, Campo del Cerbone a Sassorotto di Apecchio, Madonna del
Cerbino sul Monte Petrano, Campo di Cerbinloc a Pieia di Pianello di Cagli,
Cerbara e Cerboni a Città di Castello, Cerboni sul valico di Bocca Serriola,
ecc....
Innumerevoli sono inoltre le
località che richiamano il "lucus" il luogo sacro e/o l'ara
sacrificale, come sul Monte Catria Pian del Lucchio, Fonte Luca, Monte Luca,
Luceoli stessa, oppure in zona Monte Nerone Lucarara (lucus ara), Vecciaro
(vetus ara), Valdarecchia (vallis aricula), o sulle serre Le Bocche del Lupo
(lucus).
Nell'aggettivazione PIQUIER, nei
luoghi dedicati alle cerimonie augurali che erano chiamati OKRE (la collina
sacra), oggi ritroviamo Monte Picagnolo sul Catria, Monte Picchio, Monte
Picchione, Apecchio stesso, Fosso della Cornacchia in Comune di Apecchio, Col
di Cornacchia e Lanciacornacchia sul Catria.
Testualmente per le cerimonie
augurali recita la Tav. VIa (tutti i riferimenti alle tavole in questo scritto
sono tratti da G. Devoto "Le tavole di Gubbio, Sansoni editore nuova
S.p.A. - Firenze 1977): "sue anclar procanurent, eso tremnu serse
combifiatu, asferturo nomne carsitu:parfa desrua, curnaco desrua, peico mersto,
peica mersta, mersta aueif, mersta ancla eesona, tefe tote iiounine, esmei
stahmei stahmitei". <Se i messaggi aderiranno, così dal tabernacolo
l'osservatore lo annunci, chiamando il flamine per nome: il picchio verde da
occidente, la cornacchia da occidente, o il picchio da oriente, la gazza da
oriente, da oriente (altri) uccelli, da oriente (altri) messaggi sacrificali
per te, per la città ikuvina, in questo spazio disteso (ho visto)>.
Marte è la divinità presente
anche in Grecia con il nome Ares, dove è principalmente il grande guerriero, il
dio della guerra, e il grande amante nientemeno che di Venere, il simbolo della
bellezza ed anche presso i Romani ha le medesime caratteristiche con il nome di
Mars.
Presso gli Umbri di Gubbio,
mentre Giove rappresenta l'ordine universale, Martier è l'espressione della
funzione virile in tutte le sue forme, che gli danno la caratteristica
aggettivazione; può presentarsi come Hodo Martier (il Marte di valore immenso,
lo sbaragliatore) oppure, come nelle zone oggetto di questa indagine, come
Cerfier Martier e Piquier Martier.
Cerfier è il principio della
vita, Martier è l'espressione della funzione virile quindi questa divinità è
invocata per assicurare la fertilità e la propria discendenza, come invece
Piquier Martier è il principio augurale dell'espressione virile e viene
invocato per assicurare un futuro fausto ed il benessere.
Nella tav. VIIb troviamo citato
un luogo che abbiamo identificato con l'attuale località di Caselle di Apecchio
dove c'è un campo ancora oggi chiamato , dove sono state
ritrovate antiche monete dei primi secoli a. Ch. a riprova della presenza del
tempio della decuvia Casilate e della sua appartenenza alla comunità di Gubbio.
"casilos dirsa herti
fratrus atiersir posti acnu farer opeter p. VI agre casile piquier martier et
sesna homonus duir, puri far eisculent, ote a. VI." <la decuvia
casilate occorre che dia ai Fratelli Atiedii in relazione all'estensione, VI
pesi del farro mietuto dal Campo Casilo di Picchio Marte, ed una cena ai due
uomini venuti a ritirare il farro, oppure VI assi>.
Ancora oggi nel dialetto locale
sopravvivono le parole stecca, stecchiare, tocchio... per indicare una parte
del tutto e appare molto stringente il rapporto che avevano le Tecchie locali
nei confronti della Tota di Gubbio, che a Cantiano prende forma e sostanza con
la località "Bosco di Tecchie".
L'origine del nome era
presumibilmente TEKVIA (decuvia in latino, cioè la decima parte della TOTA),
anche se successivamente due di queste popolazioni, fra cui la Casilate,
raddoppieranno diventando in tutto dodici tekvie, probabilmente perchè erano le
più grandi e ricche, come testimonia la stessa tav. VIb che richiede ai Casilati VI pesi di farro
rispetto ai IV pesi richiesti ai Claverni.
Alla divinità della lustrazione
Cerfio Marte si offrivano tre cinghiali rossi o neri cioé animali selvatici e
non di allevamento, quindi era una divinità tipica del mondo pastorale e
montano.
In tutto il mondo italico-romano
Marte non era soltanto il dio della guerra ed ancora in piena età imperiale gli
venivano dedicate le "suovetaurilia" cioè dei sacrifici in cui
venivano uccisi un suino, un montone ed un toro.
Gli agricoltori ed i pastori
dedicavano a Marte una preghiera: "Padre Marte, ti prego e ti chiedo di
essere benevolo e propizio verso di me, verso la nostra casa e la nostra
famiglia..... affinché tu fermi, respinga ed espella le malattie visibili ed
invisibili, la carestia e la desolazione, le calamità e le intemperie ed
affinché tu permetta ai prodotti, grano, viti, germogli di crescere e di
giungere a buon fine, affinché tu conservi sicuri i pastori ed il bestiame
....." (G. Dumézil pag. 211).
La triade di tutta la comunità di
Gubbio attribuita a Cerfio Marte era completata da Prestota Cerfia, divinità
che gli sta davanti e lo protegge, e da Torsa Cerfia che spaventa ed allontana
i profani.
Martier era il principio virile, Prestota era "l'impeditrice"
colei che assicura la protezione del principio della vita (Cerfier) nei
confronti della funzione virile (Martier)
e appunto gli sta davanti (pre-stota) in posizione avanzata per dargli la
sicurezza contro gli estranei, mentre Torsa "la spaventatrice" era
situata forse all'esterno delle grotte in cui si onorava Martier, per
spaventare i profani in modo da allontanare i pericoli per il principio della
vita (Cerfier) che promana dalla funzione virile (Cerfier).
Questa triade di divinità era
certamente invocata come protezione nei confronti degli estranei, infatti testualmente leggiamo nella
tav. VII che si fa riferimento al confine "Dopo che saranno andati in
giro, arrivati al cippo di confine, presso il cippo con i delegati così
preghino in silenzio: Cerfio Martio, Prestota Cerfia di Cerfo Martio, Torsa
Cerfia di Cerfo Martio....".
Un testo davvero molto interessante e stimolante. Grazie Nando e Floriana per questo notevole contributo alla conoscenza del nostro lontano passato.
RispondiEliminaQui in Lunigiana esistono due toponimi che possono forse ricollegarsi alla divinità osco-umbra Torsa: Torsana nell'alto territorio appenninico di Comano (MS) e Torza, comune di Maissana (SP) nell'alta valle del Vara.. Qui abbiamo anche Nombria di sopra e Nombria di Sotto nel Comune di Filattiera (MS), il Monte Sumbra (LU) nelle Apuane, il torrente Osca affluente di dx della Magra, inoltre nella regione dell'Appennino Parmense confinante e storicamente legata alla Lunigiana abbiamo il castellaro d'Ombria e Valle Umbriana. Nell'Appennino Modenese, nella valle di Ospitale, i Liguri Friniates scrivono di se stessi "noi siamo O(U)mbri", la loro divinità era Ombros, inciso nella parete della Sega e della Tana a Ospitale, lo stesso avviene al Sacro Ponte d'Ercole tra i comuni di Lama Mocogno, Polinago e Pavullo. Cosa ne pensate? grazie S.M.
RispondiEliminaTutti i toponimi indicati sono senz'altro molto interessanti, anche se è molto difficle associarli con certezza alla presenza sul territorio degli antichi Umbri. La toponomastica è materia molto ostica e pericolosa! D'altra parte, però, scrive il prof. Augusto Ancillotti (A.Ancillotti e R.Cerri -L'antica civiltà degli Umbri rivelata dalle Tavole di Gubbio): "...nel secondo millennio a.C. in Italia si parlavano lingue riferibili ad uno stesso tipo "indoeuropeo", come mostrano i più di cinquecento idronimi (nomi di corsi d'acqua), che dalla Lombardia alla Calabria offrono le stesse "corrispondenze costanti" al sistema europeo: è ciò che qui chiamiamo paleoumbro, più che umbro semplicemente, con lo scopo di tenere distinte le culture e le lingue dell'età del bronzo e dell'età del ferro, frutto di sovrapposizioni diverse, nonostante la continuità del nome". Quindi se, come ormai gli studiosi affermano in modo piuttosto concorde, esisteva questo sostrato culturale e linguistico comune, non dobbiamo meravigliarci di trovare delle "corrispondenze toponomastiche", a volte anche molto suggestive come quelle da Lei evidenziate, in luoghi distanti che, apparentemente, dovrebbero avere poco in comune. Purtroppo gli studi finora effettuati secondo quest'ottica sono ancora pochi, speriamo che anche questi piccoli contributi siano di stimolo per ricercatori ed appassionati.
EliminaNon mi è chiaro una cosa, a cui forse potete aiutarmi a vedere le cose con maggiore luce, se ho capito bene il monte Nerone era dedicato a Marte ma nei pressi delle grotte di Nottole a Fondarca si praticavano riti dediti a Cerere...!?? E' cosi , ho capito bene?
RispondiEliminaInteressante lettura, grazie! Quando leggo sulla triade con marte in mezzo e prestota davanti e torsa dietro non posso che fare l'analogia con la corsa dei ceri odierna a Gubbio, è possibile secondo voi che alle orgini si trattava semplicemente di una processione dedicata a marte e, in subordine al principio della vita/virilità cerfier? La figura di marte e quella di san giorgio presentano molte analogie e ancora oggi san giorgio è piazzato in mezzo frai suoi "bodyguards" o guardiani protettori. Peccato che si è perso questo filo con il passato... è il cero in mezzo quello importante da proteggere e non il primo come si pensa oggi....
RispondiEliminaVofiono è accostabile a Saturno (Saturno italico, divinità tutelare dei campi e degli agricoltori) o no?
RispondiEliminaTutto molto interessante, complimenti.
RispondiEliminaSto facendo delle ricerche sul paese di Monterchi (AR). Il fiume che lo attraversa si chiama CERFONE, penso che il nome derivi dal dio Hondo Cerfio (protettore della vita). Potete confermarmi questa ipotesi?
Avrei piacere, se possibile, ad un contatto diretto (e-mail) con voi per meglio descrivere i risultati del mio studio.